L’amore è voler amare

L’amore consiste non nel sentire che si ama, ma nel voler amare; quando si vuol amare, si ama; quando si vuol amare sopra ogni cosa, si ama sopra ogni cosa. Se accade che si soccomba a una tentazione, è perché l’amore è troppo debole, non perché esso non c’è: bisogna piangere, come san Pietro, pentirsi, come san Pietro, umiliarsi, come lui, ma sempre come lui dire tre volte: «Io ti amo, io ti amo, tu sai che malgrado le mie debolezze e i miei peccati io ti amo».

(Charles de Foucauld)

Cristiani terrestri

Ci sono cristiani scalatori di paradiso e ci sono cristiani “terrestri”. Questi aspettano che il paradiso discenda in loro e li scavi secondo misura.

La misura del paradiso in noi è il compimento preciso e generoso del nostro dovere quotidiano.

Questo dovere che è il contrario di ciò che si potrebbe chiamare spirito di avventura, spirito di ricerca.

Esso libera alla visita di Dio la piccola particella di umanità che noi siamo e ci stabilisce in una legge di amore.

Compiere il proprio dovere quotidiano è accettare di rimanere dove si è, perché il regno di Dio giunga fino a noi e si estenda su questa terra che noi siamo.

E’ accettare con un’obbedienza magnanima la materia di cui siamo fatti, la famiglia di cui siamo membri, la professione in cui lavoriamo, il popolo che è il nostro, il continente che ci circonda, il mondo che ci serra, il tempo in cui viviamo.

Perché il dovere di stato non è quell’obbligo meschino di cui si parla talvolta. E’ il debito del nostro stato di essere carnali, di figli o di padri, di funzionari, di padroni, di operai, di commercianti; di francesi, di europei, di “cittadini del mondo”, di uomini d’oggi.

E il saldo di questo debito, versato integralmente, soldo a soldo, ogni minuto, farebbe di noi dei giusti.

Sarebbe un lungo viaggio fare il giro del dovere così considerato.

Noi ci contenteremo di percorrerne, con lo sguardo, alcune tappe.

(M. Delbrel)

Otto cose che Dio non vi chiederà quel giorno

1. Dio non chiederà che genere di automobile hai guidato. 
Chiederà quante persone hai guidato e che non avevano guida. 

2. Dio non chiederà di quanti metri quadri era la vostra casa. 
Chiederà quante persone avete accolto favorevolmente nella vostra casa. 

3. Dio non chiederà notizie sui vestiti che avete avuto nel vostro armadio 
Chiederà quante persone avete contribuito a vestire. 

4. Dio non chiederà quanto alto era il vostro stipendio. 
Chiederà se siete scesi a compromessi per ottenerlo. 

5. Dio non chiederà quale era il vostro titolo di studio. 
Chiederà se avete fatto il vostro lavoro al meglio delle vostre capacità. 

6. Dio non chiederà quanti amici avete avuto. 
Chiederà per quante persone siete stato un amico. 

7.Dio non chiederà con quale vicinato avete vissuto. 
Lui chiederà quale cura avete avuto per i vostri vicini. 

8. Dio non chiederà quale era il colore della vostra pelle 
Chiederà notizie sui vostri sentimenti e del vostro carattere. 

Dio vi porterà amorevolmente alla vostra casa in Paradiso e non alle porte dell’inferno.

(Anonimo)

Non credo

Non credo 
al diritto dei più forti, 
al linguaggio delle armi, 
alla potenza dei potenti. 

Voglio credere 
ai diritti dell’uomo, 
alla mano aperta, 
alla potenza dei non-violenti. 

Non credo alla razza o alla ricchezza, 
ai privilegi, all’ordine della forza e dell’ingiustizia: 
è un disordine. 
Non credo di potermi disinteressare 
a ciò che accade lontano da qui. 

Voglio credere che il mondo intero 
è la mia casa e il campo nel quale semino, 
e che tutti mietono ciò che tutti hanno seminato. 

Non credo 
di poter combattere altrove l’oppressione, 
se tollero l’ingiustizia qui. 

Voglio credere che il diritto è uno, 
tanto qui che altrove, 
che non sono libero finché un solo uomo è schiavo. 

Non credo che la guerra e la fame siano inevitabili 
e la pace irraggiungibile. 

Voglio credere all’azione semplice, 
all’amore a mani nude, 
alla pace sulla terra. 

Non credo che ogni sofferenza sia vana. 
Non credo che il sogno degli uomini resterà un sogno 
e che la morte sarà la fine. 

Oso credere invece, sempre e nonostante tutto, 
all’uomo nuovo. 
Oso credere al tuo sogno, o Dio, 
un cielo nuovo, una terra nuova dove abiterà la giustizia.

(Dorothee Solle)

Non ti cercheremo nelle altezze

Non ti cercheremo nelle altezze, o Signore, 
ma in questa crocefissa storia dell’uomo, 
dove Tu sei entrato 
conficcandovi l’albero della Croce, 
per lievitarla verso la terra promessa 
con la forza contagiosa 
della tua Resurrezione. 
Donaci, 
di vivere in solidarietà profonda 
col nostro popolo 
per crescere, e patire, 
e lottare con esso, 
e rendere presente, 
dove Tu ci hai posto, 
la tua Parola 
di giudizio e di salvezza. 
Liberaci da ogni forma di amore 
universale e astratto, 
per credere all’umile 
e crocifisso amore, 
a questa terra, 
a questa gente.

(B. Forte)

Al Padre

Tu, che io non conosco
ma a cui appartengo.
Tu, che non comprendo,
ma da cui ricevo il mio destino –
abbi pietà di noi, così che davanti a Te
nell’amore e nella fede,
nella giustizia e nell’umiltà,
possiamo seguirti
con abnegazione e coraggio
e incontrarTi nel silenzio.

Non so chi – o che cosa – ha posto la domanda,
non ricordo neppure
quando ho risposto,
ma ad un certo punto
ho risposto sì a Qualcuno
e da quell’ora
ho avuto la certezza
che l’esistenza ha un senso
e che perciò la mia vita
nell’abbandono di sé
ha uno scopo.

Da quel momento ho saputo
che cosa vuol dire
non guardare indietro
e non essere
con ansietà
solleciti per il domani.

(D. Hammarskjold)

Lunga è la notte

Signore, lunga è la notte del combattimento 
Signore, dona agli amati la Tua grande benedizione di pace 
Il tuo bacio di profonda allegrezza 
Kyrie, Tu conosci ogni cosa 
Tu conosci la sincerità della mia preghiera 
Tu conosci la nudità della mia terra 
E Tu conosci Signore il segno del mio numero 
Ma fa’ di me una buona guida per gli amati, Signore 
Fa’ che io sia dolcezza e luce sulla loro strada 
Lunga è la notte del combattimento 
E il mio verbo vacilla di inquità 
Ma tu conosci ogni cosa 
E Tu puoi ogni cosa 
Fa’ di me una buona guida 
Insegna agli amati il Tuo amore attraverso le mie pene 
Kyrie, Kyrie, Kyrie.

(Theodossios Maria della Croce)

Ci vado io

Non ti chiederò più, Signore,

di fare qualcosa per i poveri,

di intervenire nelle situazioni disperate,

di cambiare le cose dove tutto va male,

di mandare qualcuno dove c’è bisogno di aiuto.

Questa volta ci vado io.

Prendo io questa cesta di Vita

per fare qualcosa,

per intervenire,

per cambiare le cose.

A distribuire il pane che hai moltiplicato tu,

ci vado io, questa volta.

Usa pure queste mie mani,

il mio sorriso,

la mia voce,

i miei muscoli,

la mia fatica.

Non voglio più lamentarmi

mentre le mie sorelle e i miei fratelli

chiedono di Te.

Vado io a dire loro

dove sei e che cosa fai.

Questa volta, Signore,

conta su di me.

(P. Righero)

Voglio gridare

Voglio gridare 
che la vita è indistruttibile, 
nonostante la morte; 
che la speranza è la brezza 
che spazza la disperazione; 
che l’altro è un fratello 
prima d’essere un nemico; 
che non bisogna mai disperare 
di se stessi e del mondo; 
che le forze che sono in noi 
sono forze che possono sollevarci 
e sono inesauribili; 
che si deve parlare l’amore, 
e non parole di tempesta e caos; 
che la vita incomincia oggi 
e ogni giorno, e che è Speranza. 

(M. Grayewski)

La pace come cammino

A dire il vero non siamo molto abituati a
legare il termine PACE a concetti dinamici.
Raramente sentiamo dire:
“Quell’uomo si affatica in pace”,
“lotta in pace”,
“strappa la vita coi denti in pace”…

Più consuete, nel nostro linguaggio,
sono invece le espressioni:
“Sta seduto in pace”,
“sta leggendo in pace”,
“medita in pace” e,
ovviamente, “riposa in pace”.

La pace, insomma, ci richiama più la vestaglia
da camera che lo zaino del viandante.
Più il comfort del salotto che i pericoli della strada.
Più il caminetto che l’officina brulicante di problemi.
Più il silenzio del deserto che il traffico della metropoli.
Più la penombra raccolta di una chiesa che una riunione di sindacato.
Più il mistero della notte che i rumori del meriggio.

Occorre forse una rivoluzione di mentalità per capire
che la pace non è un dato, ma una conquista.
Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno.
Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo.

La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia.
Esige alti costi di incomprensione e di sacrificio.
Rifiuta la tentazione del godimento.
Non tollera atteggiamenti sedentari.
Non annulla la conflittualità.
Non ha molto da spartire con la banale “vita pacifica”.

Sì, la pace prima che traguardo, è cammino.
E, per giunta, cammino in salita.
Vuol dire allora che ha le sue tabelle di marcia e i suoi ritmi,
i suoi percorsi preferenziali ed i suoi tempi tecnici,
i suoi rallentamenti e le sue accelerazioni. Forse anche le sue soste.

Se è così, occorrono attese pazienti.
E sarà beato, perché operatore di pace,
non chi pretende di trovarsi all’arrivo senza essere mai partito, ma chi
parte.

Col miraggio di una sosta sempre gioiosamente intravista,
anche se mai – su questa terra s’intende – pienamente raggiunta.

(T. Bello)