Dio nascosto nel cuore

Un giorno Dio si stancò degli uomini. Lo seccavano in continuazione, chiedendogli qualsiasi cosa. Allora decise di nascondersi per un po di tempo. Radunò tutti suoi consiglieri e chiese loro: “Dove mi devo nascondere? Qual è il luogo migliore?”. Alcuni risposero: “Sulla cima della montagna più alta della terra”. Altri: “No, nasconditi nel fondo del mare, nessuno ti troverà”. Altri: “Nasconditi sul lato oscuro della luna; questo è il posto migliore. Come riusciranno a trovarti là?”. Allora Dio si rivolse al suo angelo più intelligente e lo interrogò: “Tu dove mi consigli di nascondermi?”. Langelo intelligente, sorridendo, rispose: “Nasconditi nel cuore delluomo! E lunico posto dove essi non vanno!”.

(Anonimo)

ASCENSIONE DI GESU’

ASCENSIONE DI GESU’

 

 

 

A nche le persone più care, anche gli amici prima o poi ci lasciano;

S ignore anche tu hai lasciato i tuoi apostoli e sei tornato al Padre.

Con amore nel monte sei sparito ai loro occhi, e tristi ti guardavano salire.

E un angelo vestito di bianco voleva consolarli, ma loro si sentivano soli.

N on si può stare contenti quando si perde un amico e non lo vedi più.

S ì, è vero , da una parte sei partito, ma dall’altra sei rimasto con noi.

I n chiesa nell’eucarestia, ti troviamo sempre, ma nei poveri anche di più.

O gni volta mi fermo ad aiutar qualcuno, tu sei là presente e sorridi;

N ei migranti che cercano un pezzo di pane e un futuro per i figli, tu sei là.

E negli ospedali e lazzaretti del terzo mondo accarezzi e sani le ferite.

Dove qualcuno ha perso la libertà in prigione,tu sei seduto accanto a loro .

In cerca degli ultimi, ci prendi sulle spalle,pecore perdute, dandoci il perdono.

G esù compiuto il dovere di salvarci,sei tornato al Padre,ma sei rimasto qua.

E continui a parlare, amare, perdonare e a far festa in chi ti ama e ti segue.

S appiamo che è difficile far il bene, ma se ci sei tu,il mondo sarà migliore.

U’ niti a te nel tuo amor che salva, faremo meraviglie e la vita sarà più bella.

P. Gianni Fanzolato 

La via per il cielo è la strada in terra

ascensione 2012 (colored)

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
(dal Vangelo di Marco 16,15-20)

“Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”
E’ con questa frase che sono scossi gli apostoli, rimasti a contemplare il cielo dove Gesù è salito dopo averli istruiti. Il racconto di Luca nel libro degli Atti degli Apostoli (la prima lettura di questa domenica) si apre con il racconto dell’Ascensione e rimarca quest’atteggiamento di momentanea “paralisi” degli apostoli, che sembrano non sapere cosa fare. Luca in seguito racconterà della discesa dello Spirito Santo (la Pentecoste) che guarirà definitivamente lo stallo della prima comunità mettendola in un perpetuo moto missionario.
L’evangelista Marco ha un racconto simile alla fine del suo Vangelo. Non parla degli apostoli che rimangono a guardare il cielo, ma li presenta mentre subito si mettono ad annunciare il Vangelo dappertuto. La particolarità è che Marco scrive “…mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”.
Ma non se ne era andato? Non era in cielo? Il Signore c’è o non c’è?
E allora cosa significa per noi oggi “non rimanere a guardare il cielo”?

In questi giorni sono a Roma per un convegno di preti. Ho avuto il grande dono di poter incontrare un prete eccezionale, di cui ho sempre sentito parlare molto e la cui modalità di essere e fare il prete è per me molto stimolante e di esempio: don Luigi Ciotti.
Prete da 40 anni, era ancora seminarista quando ha iniziato ad occuparsi della strada, e specialmente di quelle esperienze di strada dove l’umanità è più emarginata e sofferente: prostituzione, povertà, mafia…
Don Luigi non ha tenuto una lezione teorica (ripeteva continuamente di avere solamente la laurea in “scienze confuse”), ma ha raccontato la sua esperienza ricca di incontri che lo hanno man mano guidato e fatto crescere come uomo, come credente e come prete. Ci ha parlato di vescovi e altri preti che lo hanno sostenuto e di tanti poveri che lo hanno introdotto in realtà umane di sofferenza che non conosceva.
Ci ha portato l’esperienza ancora viva di uomini di chiesa e di laici che con la loro testimonianza hanno evangelizzato e ancora oggi, anche se non più vivi, evangelizzano : don Tonino Bello (vescovo pugliese), don Peppino Diana (vittima della mafia), don Carlo Carla, Ferruccio Castellano, il giudice Livatino… Sono tutte persone che sulla strada dell’umanità hanno incontrato Dio. E le strade degli uomini non sono mai come la Walk of Fame di Los Angeles, con incise le stelle dei divi del cinema, bella liscia e luminosa. Le strade vere dell’umanità sono tortuose, ricche di buche e oscurità, tratti belli che improvvisamente diventano in salita e difficili. Le strade degli uomini non sono mai come “dovrebbero essere” secondo le indicazioni spesso troppo rigide e astratte di tante morali (anche quella della Chiesa), ma hanno percorsi lunghi e diversi da persona e persona.
Ma è su queste strade che noi incontriamo Gesù, e non “guardando il cielo”.
Gesù sale con il suo corpo risorto e non è più visibile nella forma umana così come è raccontata nel Vangelo. Ma lui continua ad esserci con noi, ovunque siamo e ovunque portiamo il suo messaggio.
Don Luigi ha concluso il suo intervento-testimonianza con una frase: “per trovare Dio bisogna cercare le persone”.
E’ sulla strada concreta e quotidiana delle persone che trovo la strada del cielo. E’ nelle storie delle persone che ritrovo la storia di Dio e la mia via per conoscerlo. E’ nelle persone, qualsiasi esse siano, che posso servire e amare Dio.
Spero davvero di trovare anche io nel mio cammino, chi mi sa scuotere e richiamare se mi perdo a cercare Dio fuori dal mondo, in rifugi spirituali disincarnati…
Spero davvero di poter trovare Gesù e di sentirlo accanto in qualsiasi strada personale o di altri io mi metta a percorrere.

Giovanni don

Non siamo rocce

Un giovane si recò un giorno da un padre del deserto e lo interrogò:
– Padre, come si costruisce una comunità?

Il monaco gli rispose:
– E’ come costruire una casa, puoi utilizzare pietre di tutti i generi; quel che conta è il cemento, che tiene insieme le pietre.

Il giovane riprese:
– Ma qual è il cemento della comunità?

L’eremita gli sorrise, si chinò a raccogliere una manciata di sabbia e soggiunse:
– Il cemento è fatto di sabbia e calce, che sono materiali così fragili! Basta un colpo di vento e volano via. Allo stesso modo, nella comunità, quello che ci unisce, il nostro cemento, è fatto di quello che c’è in noi di più fragile e più povero. Possiamo essere uniti perché dipendiamo gli uni dagli altri.

(J. Vanier)

Pozzanghere

Un giorno due monaci camminavano per una strada di campagna mentre pioveva a dirotto. Ad una svolta della via, videro a un tratto una ragazza, giovane e bella, che esitava nel superare una vasta pozzanghera.

«T’aiuto io, ragazza», disse uno dei due monaci, e senza esitare la prese tra le braccia e la depose dall’altro lato del pantano.

L’altro monaco non disse nulla. Ripresero la strada fino a che, a sera, non giunsero in un tempio a pregare. Terminata l’orazione, finalmente sbottò: «Fratello, sai bene che noi monaci non dobbiamo avere familiarità con donne; e soprattutto con quelle giovani e graziose. Perché dunque lo hai fatto?».

L’altro rispose: «Io quella ragazza l’ho lasciata laggiù. Non ti accorgi
che tu la stai ancora portando con te?».

(Storia Zen)

Un uomo libero

Ero giovane e mi sentivo forte. Quella mattina di primavera uscii di casa e gridai: “Io sono a disposizione di chi mi vuole. Chi mi prende?”.

Mi lanciai sulla strada selciata. Sul suo cocchio, con la spada in mano e seguito da mille guerrieri, passava il Re. “Ti prendo io al mio servizio”, disse fermando il corteo. “E in compenso ti metterò a parte della mia potenza”. Ma io della sua potenza non sapevo che farmene. E lo lasciai andare.

“Io sono a disposizione di tutti. Chi mi vuole?”.

Nel pomeriggio assolato, un vecchio pensieroso mi fermò, e disse: “Ti assumo io, per i miei affari. E ti compenserò a suon di rupie sonanti”. E cominciò a snocciolarmi le sue monete d’oro. Ma io dei suoi quattrini non sapevo che farmene. E mi voltai dall’altra parte.

La sera arrivai nei pressi di un casolare. Si affacciò una graziosa fanciulla e mi disse: “Ti prendo io e ti compenserò col mio sorriso”. Io rimasi perplesso. Quanto dura un sorriso? Frattanto quello si spense e la fanciulla dileguò nell’ombra. Passai la notte disteso sull’erba, e la mattina ero madido di rugiada.

“Io sono a disposizione… Chi mi vuole?”.

Il sole scintillava già sulla sabbia, quando scorsi un bambino che, seduto sulla spiaggia, giocava con tre conchiglie. Al vedermi alzò la testa e sorrise, come se mi riconoscesse. “Ti prendo io”, disse, “e in cambio non ti darò niente”. Accettai il contratto e cominciai a giocare con lui. Alla gente che passava e chiedeva di me, rispondevo: “Non posso, sono impegnato”.

E da quel giorno mi sentii un uomo libero.

(Rabindranath Tagore)

Ho bisogno di stare con te

Signore, 
ho urgente bisogno 
della tua misericordia, 
per poter sopportare 
di nuovo me stesso. 
Ho urgente bisogno di stare con te, 
per rappacificarmi 
con gli altri e con me stesso. 
Di me nulla conosco 
finché non conosco te. 
E nulla mi piaceva del mio intimo 
prima di scoprirvi la tua grazia, 
il tuo compiacimento 
e la tua immagine. 
Davanti a te la vita 
cambia completamente la sua essenza; 
il tempo non viene contaminato 
da febbrili inquietudini, 
e oppresso dall’inutilità. 
Esso scorre denso, 
si svolge potentemente 
e niente resiste al suo valore. 
La sua densità fa male. 
E tuttavia, 
non appena interrompo 
la mia preghiera, mi sento costretto 
a riprendere questa preghiera.

(Louis Evely)

Scrivimi, ti prego (Basilio il Grande)

Se mi ami, scrivimi,
ti prego; se sei imbronciato con me,
scrivimi lo stesso,
a dispetto del tuo broncio.

Sarà sempre per me una grande gioia
ricevere una lettera da un amico,
anche se un po’ irritato.

Dunque, decìditi…
Esci dalla tua indolenza!
E non dire
che non hai nulla da scrivere.
Se non hai nulla da scrivermi, scrivimi
che non hai nulla da scrivermi:
per me sarà già qualcosa
di importante e di bello!

(Basilio il Grande)

La vita non è uno scherzo

La vita tu la prenderai sul serio
come fa uno scoiattolo, per esempio,
senza aspettarsi niente di fuori e dall’aldilà.
Non dovrai fare nient’altro che vivere.

La vita non è uno scherzo,
la prenderai sul serio
ma sul serio a tal punto,
che addossato al muro, per esempio,
con le mani legate, o in un laboratorio,
con grandi occhiali,
tu morirai perché vivano gli uomini,
gli uomini di cui non avrai neppure visto il viso
e morirai, pur sapendo che niente è più bello,
niente è più vero che la vita.

Tu la prenderai sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni, per esempio,
pianterai gli ulivi
non perché restino ai tuoi figli,
ma perché non crederai alla morte, pur temendola,
perché la vita peserà più forte sulla bilancia.

(Nazim Hikmet)

Questa poesia è stata ripresa in Sogna ragazzo sogna di Vecchioni

Auguri a tutte le mamme!!!

 

Un angelo scappò dal paradiso per trascorrere la giornata vagando sulla terra. Al tramonto decise di portarsi via dei ricordi di quella visita. In un giardino c’erano delle rose: colse le più belle e compose un mazzo da portare in paradiso. Un po’ più in là un bambino sorrideva alla madre. Poiché il sorriso era molto più bello del mazzo di rose, prese anche quello. Stava per ripartire quando vide la mamma che guardava con amore il suo piccolo nella culla. L’amore fluiva come un fiume in piena e l’angelo disse a se stesso: “L’amore di quella mamma è la cosa più bella che c’è sulla terra, perciò prenderò anche quello”.
Volò verso il cielo, ma prima di passare i cancelli perlacei, decise di esaminare i ricordi per vedere come si erano conservati durante il viaggio. I fiori erano appassiti, il sorriso del bambino era svanito, ma l’amore della mamma era ancora là in tutto il suo calore e la sua bellezza. Scartò i fior appassiti e il sorriso svanito, chiamò intorno a se tutti gli ospiti del cielo disse: “Ecco l’unica cosa che ho trovato sulla terra e che ha mantenuto la sua bellezza nel viaggio per il paradiso: L’amore di una mamma”.