RICORDI NAPOLETANI

Anche se sono passati alcuni giorni voglio ricordare le mie esperienze napoletane, belle ed appassionanti e cogliere l’occasione per ringraziare i frati minimi dell’ospitalità e della gentilezza. Lo scopo principale del viaggio era visitare le catacombe di S. Gennaro per la tesina che sono chiamato a presentare a fine anno.
Siamo arrivati a Napoli nel primo pomeriggio e subito siamo andati al convento a poggiare i bagagli per poi iniziare la fatica recandoci alla biblioteca della Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, per i primi testi. Dopo la chiusura siamo scesi a Napoli e ci siamo immersi nei vicoli di Spaccanapoli, animati e ricchi di gente. Dopo un giro siamo ritornati al convento per la cena, ottima per il cibo e la squisita accoglienza dei frati, e ci siamo ritirati a letto. Dopo un bel sonno ristoratore ci siamo alzati per andare nelle catacombe di S. Gennaro dove siamo stati accolti da un fossore bravo e competente che ci ha fatto vedere tutto quanto era possibile. Le catacombe sono splendide con i loro spazi monumentali e la loro articolazione su due livelli e soprattutto con le splendide pitture e i mosaici di straordinaria bellezza. Dopo la visita alla catacomba ci siamo recati a Castel S. Elmo, dove ho potuto consultare alcuni testi che mi mancavano. Dopo siamo scesi al Vomero, dove abbiamo trovato una caratteristica trattoria in cui abbiamo mangiato bene, e poi di nuovo in biblioteca a fotocopiare. Una volta finito con i libri siamo andati al Duomo dove ho potuto visitare gli scavi sotto S. Restituta e il bellissimo battistero di S. Giovanni in Fonte. Dopo siamo tornati in convento per salutare i frati e riprendere i bagagli e da lì siamo andati in stazione, per riprendere il treno. E’ stato un viaggio breve ma molto bello e piacevole sia per le persone che abbiamo incontrato che per i posti che abbiamo visto!

catacombe di s. gennaro

ritratto del vescovo Giovanni I

sotterranei s. restituta

mosaici di s. giovanni in fonte

paesaggio con il vesuvio velato

Tetti di Roma

Tetti di Roma,
dall’alto vi guardo e il cuore si allarga stupito
a vedere lo spettacolo delle vostre architetture
e immagina la vita che scorre dentro:
le cupole delle chiese dove si prega il Signore,
i palazzi del potere e della giustizia
dove si applica la legge,
le case dove la gente vive
le quotidiane gioie,
tutto io guardo e la mente viaggia
lontano in questo pomeriggi
o  d’inverno.

 Luca Mazzocco

tetti

COMMENTO AL VANGELO DELLA TERZA DOMENICA DI QUARESIMA

Dal Vangelo secondo Giovanni
[In quel tempo, Gesù giunse ad una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da bere". I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: "Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.
Gesù le rispose: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: ”Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva". Gli disse la donna: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?".
Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna". "Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua".] Le disse: "Va’ a chiamare tuo marito e poi ritorna qui". Rispose la donna: "Non ho marito". Le disse Gesù: "Hai detto bene ”non ho marito”; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero".
Gli replicò la donna: "Signore, [vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare". Gesù le dice: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità". Gli rispose la donna: "So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa". Le disse Gesù: "Sono io, che ti parlo".]
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: "Che desideri?", o: "Perché parli con lei?". [La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: "Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?".] Uscirono allora dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbi, mangia". Ma egli rispose: "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete". E i discepoli si domandavano l’un l’altro: "Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?". Gesù disse loro: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete. Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro".
[Molti Samaritani di quella città credettero in lui] per le parole della donna che dichiarava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto". [E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo".]

Gesù è stanco. Ha sete. E vuole un po’ di acqua da una donna della Samaria, una terra sempre un po’ ostile ai giudei (Gesù viene chiamato "giudeo" nonostante fosse galileo).
La cosa un po’ strana è che Gesù chiede da bere…e poi ne offre. Certamente si parla di un’acqua diversa: un’acqua che dà vita, che permette di dissetarsi in eterno.
Per noi "superficiali" del 2008 non è un problema l’acqua, almeno qui in Europa: basta aprire un rubinetto ed ecco acqua a volontà, fresca e da bere. Poi c’è tutta un’industria di imbottigliamento acqua che a 4 soldi ti fornisce uno stock da sei bottiglie da 1,5 litri.
Beh, in quel tempo non era certo così. Per l’acqua bisognava fare sforzi, faticare un bel po’!. Perciò alla donna interessa il discorso di Gesù: "tu mi puoi dare un’acqua che disseta sempre, senza dover più fare questa fatica di venire fin qui al pozzo!"
Alla fine il discorso sull’acqua diventa relativo e per la donna è più shockante il fatto che Gesù gli riveli la sua vita: sa che aveva 5 mariti. Insomma, un po’ spaventata la tipa lo proclama "profeta" e così gli fa la domanda che aveva più a cuore: dove adorare Dio?
E Gesù che dichiara che si adora Dio dappertutto.
Difatti lei aveva davanti non un semplice profeta, ma COLUI CHE DOVEVA VENIRE…, che infatti si dichiara.
Poverina, però, la donna è più entusiasta perché Gesù le aveva rivelato di sapere "i fatti suoi". E va a dirlo agli altri più per queste rivelazioni che per aver intuito che era il Messia. Ha i suoi dubbi: forse è lui il Messia?

Insomma, i samaritani chiamati dalla donna non hanno bisogno delle "profezie", ma già ascoltando la sua parola si convincono. E le sbattono in faccia che credono proprio per averlo ascoltato, più che per le rivelazioni fatte alla donna.
Perciò, chiediamoci anche noi: perché crediamo? Per rivelazioni? Per aver intuito? O per la sua Parola?

Certo, né io né tu lo abbiamo visto seduto ad un pozzo. A me non ha mai chiesto acqua da bere. Nemmeno appunto l’ho mai visto. Ma un giorno ho iniziato a fidarmi della sua Parola, quella che altri prima di me hanno creduto e tramandato fino a me, anche col sangue dei martiri.

E mi sono reso conto che la sua Parola è Acqua Viva che disseta, cioè dà senso a tante mie domande e dubbi.

Fidiamoci. Fidati di Gesù e della sua Parola. Non te ne pentirai.
Naza

COMMENTO AL VANGELO DELLA SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA

Dal Vangelo secondo Matteo 17,1-9

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: "Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia". Egli stava ancora parlando quando una nube luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo".
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: "Alzatevi e non temete". Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo.
E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: "Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti".

Stasera sono rimasto solo solo, non c’era nessuno con cui parlare, avrei avuto tanta tanta voglia di stare con amici. Che sensazione particolare trovarsi soli quando invece si desidera stare insieme agli altri.
Ho deciso allora di uscire, fare un giro, sempre da solo: per il freddo non c’era proprio nessuno in giro. Ho quindi preso la macchina e iniziato a vagare di qua e di là, per il paese.
E pensavo che l’altro giorno volevo stare da solo, ma non è stato possibile fino alle 23. Oggi, che vorrei compagnia, vorrei chiacchierare non trovo nessuno.

E così…direte voi, che c’entra questo con la pagina del vangelo della trasfigurazione? Per me c’entra: perché stasera avrei anche io desiderato che qualcuno mi "prendesse con sè"…, ho bisogno di intimità, di amicizia, di qualcuno su cui poggiare il mio capo.
Ma non solo. Nel momento più buio della solitudine "non voluta" la mia fede, quella fede che credo forte e intensa, si rivela invece debole, fragile. Alla fin fine mi dico: sono un uomo, una persona, sono anche io di carne. Eppure…se solo avessi quel granellino di fede per credere che anche quando sono solo, in fondo non sono proprio solo.
Gesù, andando sull’alto monte e trasfigurandosi mi ricorda che bisogna fare una scalata per trovare Dio. Che se rimango sempre giù non riuscirò che a vedere solo le mie debolezze, i miei sforzi, le mie sofferenze.

In fondo, il mio desiderio di questa sera, amplificato dalla solitudine, è quello di una fede più forte. Quasi quasi vorrei anche io "vedere" per credere, come hanno visto Pietro, Giacomo e Giovanni. Hanno visto un pezzo di aldilà: hanno visto qualcosa di impensabile. Hanno avuto la prova del paradiso,
di quella realtà che sola può far superare ogni paura umana.
Lo capisco Pietro quando dice che voleva rimanere là. Certo, questo è il rischio: che una volta gustato il paradiso non me ne vorrei neanche io staccare più, mi conosco bene.

E tu, che ne pensi? Ti piacerebbe vedere un pezzo di paradiso, "toccare il cielo con un dito"? Io credo proprio di sì. In fondo in fondo tutti noi abbiamo un grande desiderio di felicità. Ma, tante volte senza accorgercene, la cerchiamo laddove non c’è.
Gesù Cristo è felicità perché è la Verità. Gesù, facendosi vedere trasfigurato, crede nel fatto che un’esperienza può trasmettersi con la comunicazione. Pietro, Giacomo e Giovanni (che trio!!!) devono dire di aver vissuto questa cosa qua. Non potranno tacere.
Soltanto che lo dovranno dire (e credere) anche quando sarà difficile, quando Gesù sarà in croce, o peggio, quando sarà chiesto a loro di essere messi in croce, di soffrire per causa sua.

A ben pensarci non è stato facile neanche per loro ricordare questa esperienza. Penso a Pietro: addirittura lo rinnega, fugge, e sembra che si sia dimenticato di questo momento, in cui Gesù parla con due persone già defunte…eppure parla con loro, un patriarca ed un profeta!
Se per loro è stato così difficile, figuriamoci per me: in un momento di solitudine mi sembrava di essere in croce. Che stupido che sono! Anche io ho dimenticato che Gesù non mi ha abbandonato, che la solitudine del momento terreno presente non è che un momento, che alla fine ho la speranza di essere anche io tra Mosè ed Elia, insieme a Gesù trasfigurato e in una "realtà" paradisiaca, tanto da far dire a Pietro di "fare tre tende", cioè di rimanere per sempre là.

Quanto desiderio di paradiso hai, caro amico/amica che stai leggendo? Eppure, anche il paradiso ha bisogno di essere conquistato: bisogna scendere giù, camminare sulle strade della vita, del lavoro, della scuola, delle gioie e sofferenze: è tutta una preparazione ad un incontro luminoso e bellissimo.

E così, cara solitudine, non puoi affliggermi. Non puoi distruggere quel pizzico di fede che comunque mi porto dentro.
Cari amici e amiche, anche le cose più brutte e tragiche della vita non possono spegnere il vostro desiderio di paradiso.
Io in paradiso vi vorrei tutti, vorrei tutti i miei amici ed amiche, anche quelli che probabilmente questa sera si sono dimenticati della mia esistenza, anche quell’amico che ieri sera è stato con me fino a mezzanotte ed al quale ho dovuto dire cose un po’ pesanti (perché gli voglio bene!).

Sì, è proprio così: non riesco ad immaginare un paradiso senza bellezza, e la bellezza più bella sono le persone.
Ora scendiamo giù, costruiamoci il paradiso lottando e faticando non poco in questa vita, sapendo che però quella è la meta. È un obiettivo lungo, arduo, ma è quella la destinazione: "destinazione Paradiso", per dirla con una canzone di qualche tempo fa.
Ora, la Quaresima è proprio il tempo per rivedere il nostro desiderio di felicità-paradiso e quanto questo desiderio diventa realtà, conversione, attività.
Vi saluto tutti, perdonatemi la predica, vi assicuro che pregherò per voi e per il vostro "paradiso".
Ciao a tutti.
Naza dal vangelogiovane.it.

P.S.: dimenticavo di dirvi che mentre vagavo qua e là con la mia macchina, sono stato sorpassato da un’altra macchina e sono stato invitato ad una pizza da due fratelli. In fondo, il Signore aveva ascoltato la mia supplica. Credetemi: è andata così proprio stasera. Ciao. Naza


COMMENTO AL VANGELO DELLA PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA

Dal Vangelo secondo Matteo (cap. 4,1-11)
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».

Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Parola del Signore

Io non conosco bene i deserti: qui, dalle nostre parti, sul Gargano, ci sono delle colline dove non ci sono alberi e penso che il deserto sia un po’ così, senza alberi. Senza un albero dove ripararti quando fa caldo; e se fa freddo e tira vento e piove non hai un rifugio.
Boh, me lo immagino così. E comunque immagino che cosa si provi a star da soli in un deserto. Tante volte non riesco a star da solo nemmeno in casa: appena arrivo accendo luci e televisione, così, tanto per non sentirmi solo. Eppure…non credo (e lo so, ma che ci posso fare!) che sia una soluzione.
Quando sono solo i pensieri vanno a 1000: ogni cosa fatta durante la giornata mi ritorna alla mente. Inizio a ripensare a chi ho incontrato, magari ho incontrato gente interessante….oppure i soliti "rompi".
Se alla solitudine si aggiunge il silenzio…diciamo che questo silenzio mi da pure fastidio…è più forte di un rumore. Altro che I-Pod sparato nelle orecchie! È molto peggio. Provare per credere!

E così, in un deserto si ritrova pure Lui, giovane, come me e te! Con l’unica differenza che Gesù ci è stato portato da un diavolo. Ed è tutto dire!
Un diavolo nel deserto ti tenta. Ti tenta quando sei solo, quando sei un po’ giù e non hai nessuno a cui parlare. Magari ti manca il cellulare…non puoi chiamare nessuno. Diciamo che già questa "angoscia" è tentazione.

La tentazione non è già un peccato: ma sicuramente è il primo passo che ti viene proposto. Tentazione è toccare quel tasto più debole di ognuno di noi.
Qual è il tuo tasto debole? Sarai tentato proprio là.
Facciamo qualche esempio (se mi riesce! ci provo!).
* se sei una persona golosa…chiaramente ti verranno tutte le voglie possibili, non riuscirai a fare a meno di andarti a comprare uno snack, anche se non hai davvero fame…(e magari pensavi che per la Quaresima ci avresti potuto rinunciare).
* se sei schiavo del sesso…tutto ti porterà a soddisfare quel piacere momentaneo, da solo o con altri. Diciamo che sarai insoddisfatto finchè non avrai ottenuto ciò che volevi…
* se sei una persona che facilmente cambia idea, sarai tentato da tante proposte fino a dimenticare le cose più importanti che davvero volevi e dovevi fare;
* se sei una persona che cerca Dio, che prega, sarai tentato proprio sul senso della preghiera, non avrai voglia di svegliarti la domenica mattina per andare a messa…e troverai tutte le scuse per giustificarti.

Beh, non so se ci sono riuscito. Comunque, il deserto è proprio un luogo di prova di sé stessi. Ogni persona può dire di trovarsi in un deserto, quando, da solo inizia a pensare al vero senso della vita.

Così fu per Gesù: il vero senso di sè stesso è stato quello di confrontarsi con la Parola di Dio, con la quale ha distrutto tentazione e tentatore.

Allora anche per noi ciò che conta è avere nel cuore una Parola guida, una Parola che ritorni a noi nei momenti più difficili, una Parola che ci fa capire qual è la direzione da prendere di fronte alla tentazione, anche quando questa è sottile, terribile, non ti accorgi che è proprio il danno più grande che stai per "farti" aderendo al peccato che la tentazione propone!

Non dirò di più. Ognuno ha dentro di sè i propri punti deboli: lì saremo attaccati dal tentatore. A noi trovare l’energia e la forza di quella Parola che, seminata in noi, non aspetta che il momento giusto per agire. Ecco perchè dobbiamo nutrirci di Parola di Dio.

E che aspettiamo? La carrozza?
Tocca farlo ora. Adesso.
Ciao a tutti e buon vangelogiovane.

Naza & C.
Vangelogiovane.it

QUARESIMA

E’ tornato il tempo della quaresima, quaranta giorni che i cristiani dovrebbero vivere come “tempo particolare”, tempo favorevole, tempo di ritorno al Signore. San Benedetto, nella sua Regola scrive che tutta la vita del monaco dovrebbe essere una grande quaresima: tutta la vita dovrebbe cioè essere impegnata nella conversione, ma in realtà, sia per i monaci sia per i comuni cristiani, resta quasi impossibile vivere costantemente nell’esercizio di questa tensione spirituale. La conversione non è mai un evento avvenuto una volta per sempre, ma è un dinamismo che dobbiamo rinnovare a ogni età, in ogni stagione, ogni giorno della nostra esistenza. Sì, perché noi allentiamo le forze, ci stanchiamo, siamo preda dello smarrimento e della consapevolezza della nostra debolezza, siamo abitati da pulsioni che ci fanno cadere e contraddicono il nostro cammino verso il Signore. Non siamo capaci di vivere sempre un’esistenza pasquale: l’incostanza, l’abitudine, la routine ce lo impediscono. Ecco allora il tempo propizio della quaresima, tempo di “esercizi cristiani”, tempo in cui intensifichiamo alcune azioni e riprendiamo alcuni atteggiamenti che, ripetuti con particolare attenzione e forza, ci permettono di sviluppare, confermare e accrescere le nostre risposte alle esigenze della sequela cristiana.
E’ vero che la quaresima è, o meglio dovrebbe essere, vissuta dai cristiani, ma resto sempre convinto che ciò che è autenticamente cristiano è anche autenticamente umano e quindi riguarda tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro fede. A molti questa osservazione parrà starna, ma in realtà, proprio perché anche i non credenti hanno una vita interiore, sono capaci di una vita umanizzante e la cercano, anche a loro il tempo della quaresima può dire qualcosa. A volte sono sorpreso di come ci si interessa e quasi si vorrebbe partecipare al ramadan dei musulmani, mentre non ci si interessa ma anzi si prova fastidio al solo sentir menzionare la quaresima dei cristiani. Dipende forse, anche in questo caso, dall’incapacità dei cristiani a comunicare il senso del loro vissuto di fede? Eppure le istanze che presiedono alla quaresima sono a servizio dell’uomo, sono un aiuto affinché l’uomo faccia della propria vita un’opera d’arte.

Molte volte su queste colonne ho meditato sulla quaresima, mettendo in evidenza innanzitutto le esigenze della preghiera e del digiuno, ma ora vorrei soffermarmi su altri “esercizi”, a cominciare da quello del ritorno all’essenziale nella vita umana: si tratta di ritrovare la libertà attraverso il distacco da molte cose che non sono necessarie ma anzi si rivelano ingombranti per la nostra vita, come l’edera che soffoca le piante o i licheni che sgretolano le rocce. La quaresima può essere un tempo eversivo in cui si semplifica la propria vita: in una società come la nostra, in cui prevale il culto dell’io, decentrarsi nel quotidiano dei rapporti con gli altri e con le cose, spogliarsi delle nostre maschere, rompere la crosta che chiude il nostro cuore è un esercizio di umanizzazione che nessuno dovrebbe rifiutare.

Inerente a questo, vi è anche un esercizio di autenticità, di verità su se stessi. Siamo in una società in cui conta ciò che si vede, ciò che appare, una società che guarda più agli obiettivi da perseguire che allo stile e ai mezzi impiegati per raggiungerli. Diventa allora necessario porsi una domanda: perché facciamo certe cose, soprattutto perché compiamo azioni ritenute buone? Per essere visti, per raccogliere consensi, per ricevere applausi? Per noi cristiani sovente in quaresima risuonano le parole di Gesù: “Il Padre vostro vede nel segreto … Non fate come quelli che ostentano comportamenti devoti … Non imitate gli ipocriti … Non chiedete agli altri ciò che voi non fate … Non imponete agli altri pesi che voi non muovete neppure con un dito…”. Ma questi ammonimenti non riguardano forse tutti? Non sono parole ricche di insegnamento e di sapienza umana?

Infine credo possa giovare a tutti meditare il messaggio di Benedetto XVI per questa quaresima, messaggio che va colto in profondità per non essere stravolto. Il papa invita i cristiani alla pratica dell’elemosina, termine oggi non amato, ma che in realtà significa innanzitutto condivisione: condivisione dei beni di cui gli uomini non sono mai pieni proprietari ma solo amministratori, condivisione dei beni per non essere alienati dal denaro e dal possesso, condivisione dei beni come solidarietà, carità verso chi ne è sprovvisto e si trova nel bisogno. Chi potrebbe affermare che questo messaggio è privo di interesse per chi non è cristiano?

Ma, ricorda il messaggio del papa, anche questa azione buona e doverosa dev’essere non ostentata, non fatta per farsi vedere e, ancor meno, per ottenerne qualcosa in cambio. E’ la pratica del dono gratuito che viene incoraggiata, questo atto così essenziale all’umanizzazione, così eloquente in vista della comunicazione dello scambio, della relazione, della comunione. Gesù ha detto che c’è più gioia nel dare che nel ricevere e questo resta vero, ma colui che dà, di fatto riceve qualcosa nell’atto stesso del dare ed è aiutato ad accettare a sua volta altri doni, in altre forme, con altre modalità. Dare e ricevere è il primo modo in cui la comunicazione diventa amorosa, è l’inizio dell’amore in ogni relazione.

Sì, il tempo della quaresima e le sue “pratiche” non alzano un muro tra cristiani e non cristiani, ma anzi potrebbero offrire un invito a imboccare una direzione condivisa: conosco famiglie in cui solo uno dei coniugi è credente e praticante ma in cui entrambi decidono di intraprendere insieme durante la quaresima alcuni “esercizi” in vista dell’autenticità dei rapporti, della semplificazione della vita, dell’atteggiamento verso gli altri… Anche questa convergenza può contribuire a una umanizzazione personale e familiare, recando grande beneficio a tutti: occorre coraggio, certo, ma i credenti – certi che Dio vede nel segreto dei cuori – osino chiedere a chi credente non è di percorrere insieme vie di umanesimo ritrovato, per una migliore qualità della vita.

Enzo Bianchi