QUARESIMA

E’ tornato il tempo della quaresima, quaranta giorni che i cristiani dovrebbero vivere come “tempo particolare”, tempo favorevole, tempo di ritorno al Signore. San Benedetto, nella sua Regola scrive che tutta la vita del monaco dovrebbe essere una grande quaresima: tutta la vita dovrebbe cioè essere impegnata nella conversione, ma in realtà, sia per i monaci sia per i comuni cristiani, resta quasi impossibile vivere costantemente nell’esercizio di questa tensione spirituale. La conversione non è mai un evento avvenuto una volta per sempre, ma è un dinamismo che dobbiamo rinnovare a ogni età, in ogni stagione, ogni giorno della nostra esistenza. Sì, perché noi allentiamo le forze, ci stanchiamo, siamo preda dello smarrimento e della consapevolezza della nostra debolezza, siamo abitati da pulsioni che ci fanno cadere e contraddicono il nostro cammino verso il Signore. Non siamo capaci di vivere sempre un’esistenza pasquale: l’incostanza, l’abitudine, la routine ce lo impediscono. Ecco allora il tempo propizio della quaresima, tempo di “esercizi cristiani”, tempo in cui intensifichiamo alcune azioni e riprendiamo alcuni atteggiamenti che, ripetuti con particolare attenzione e forza, ci permettono di sviluppare, confermare e accrescere le nostre risposte alle esigenze della sequela cristiana.
E’ vero che la quaresima è, o meglio dovrebbe essere, vissuta dai cristiani, ma resto sempre convinto che ciò che è autenticamente cristiano è anche autenticamente umano e quindi riguarda tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro fede. A molti questa osservazione parrà starna, ma in realtà, proprio perché anche i non credenti hanno una vita interiore, sono capaci di una vita umanizzante e la cercano, anche a loro il tempo della quaresima può dire qualcosa. A volte sono sorpreso di come ci si interessa e quasi si vorrebbe partecipare al ramadan dei musulmani, mentre non ci si interessa ma anzi si prova fastidio al solo sentir menzionare la quaresima dei cristiani. Dipende forse, anche in questo caso, dall’incapacità dei cristiani a comunicare il senso del loro vissuto di fede? Eppure le istanze che presiedono alla quaresima sono a servizio dell’uomo, sono un aiuto affinché l’uomo faccia della propria vita un’opera d’arte.

Molte volte su queste colonne ho meditato sulla quaresima, mettendo in evidenza innanzitutto le esigenze della preghiera e del digiuno, ma ora vorrei soffermarmi su altri “esercizi”, a cominciare da quello del ritorno all’essenziale nella vita umana: si tratta di ritrovare la libertà attraverso il distacco da molte cose che non sono necessarie ma anzi si rivelano ingombranti per la nostra vita, come l’edera che soffoca le piante o i licheni che sgretolano le rocce. La quaresima può essere un tempo eversivo in cui si semplifica la propria vita: in una società come la nostra, in cui prevale il culto dell’io, decentrarsi nel quotidiano dei rapporti con gli altri e con le cose, spogliarsi delle nostre maschere, rompere la crosta che chiude il nostro cuore è un esercizio di umanizzazione che nessuno dovrebbe rifiutare.

Inerente a questo, vi è anche un esercizio di autenticità, di verità su se stessi. Siamo in una società in cui conta ciò che si vede, ciò che appare, una società che guarda più agli obiettivi da perseguire che allo stile e ai mezzi impiegati per raggiungerli. Diventa allora necessario porsi una domanda: perché facciamo certe cose, soprattutto perché compiamo azioni ritenute buone? Per essere visti, per raccogliere consensi, per ricevere applausi? Per noi cristiani sovente in quaresima risuonano le parole di Gesù: “Il Padre vostro vede nel segreto … Non fate come quelli che ostentano comportamenti devoti … Non imitate gli ipocriti … Non chiedete agli altri ciò che voi non fate … Non imponete agli altri pesi che voi non muovete neppure con un dito…”. Ma questi ammonimenti non riguardano forse tutti? Non sono parole ricche di insegnamento e di sapienza umana?

Infine credo possa giovare a tutti meditare il messaggio di Benedetto XVI per questa quaresima, messaggio che va colto in profondità per non essere stravolto. Il papa invita i cristiani alla pratica dell’elemosina, termine oggi non amato, ma che in realtà significa innanzitutto condivisione: condivisione dei beni di cui gli uomini non sono mai pieni proprietari ma solo amministratori, condivisione dei beni per non essere alienati dal denaro e dal possesso, condivisione dei beni come solidarietà, carità verso chi ne è sprovvisto e si trova nel bisogno. Chi potrebbe affermare che questo messaggio è privo di interesse per chi non è cristiano?

Ma, ricorda il messaggio del papa, anche questa azione buona e doverosa dev’essere non ostentata, non fatta per farsi vedere e, ancor meno, per ottenerne qualcosa in cambio. E’ la pratica del dono gratuito che viene incoraggiata, questo atto così essenziale all’umanizzazione, così eloquente in vista della comunicazione dello scambio, della relazione, della comunione. Gesù ha detto che c’è più gioia nel dare che nel ricevere e questo resta vero, ma colui che dà, di fatto riceve qualcosa nell’atto stesso del dare ed è aiutato ad accettare a sua volta altri doni, in altre forme, con altre modalità. Dare e ricevere è il primo modo in cui la comunicazione diventa amorosa, è l’inizio dell’amore in ogni relazione.

Sì, il tempo della quaresima e le sue “pratiche” non alzano un muro tra cristiani e non cristiani, ma anzi potrebbero offrire un invito a imboccare una direzione condivisa: conosco famiglie in cui solo uno dei coniugi è credente e praticante ma in cui entrambi decidono di intraprendere insieme durante la quaresima alcuni “esercizi” in vista dell’autenticità dei rapporti, della semplificazione della vita, dell’atteggiamento verso gli altri… Anche questa convergenza può contribuire a una umanizzazione personale e familiare, recando grande beneficio a tutti: occorre coraggio, certo, ma i credenti – certi che Dio vede nel segreto dei cuori – osino chiedere a chi credente non è di percorrere insieme vie di umanesimo ritrovato, per una migliore qualità della vita.

Enzo Bianchi