Tu sei Dio

Gesù, senza troppa difficoltà credo che Tu sia Dio.
Tuo Padre me lo ha suggerito, ne sono sicuro,
poiché ci hai detto che da soli li non potevamo crederlo,
e lo ringrazio per questo dono meraviglioso
che trasforma la mia vita;
ma confesso, non è facile per me credere che Tu sia uomo.
Non un superuomo: un uomo. Uno vero.
E che non hai giocato a fare l’uomo, mascherato da uomo
per fingere di essere come noi, solidale per tutta la nostra vita.
Eppure, Signore, se ogni tanto faccio fatica a crederlo
quando medito questo mistero soltanto nella mia testa,
è per me la più meravigliosa delle notizie
quella che mi colma di riconoscenza e di gioia,
quando la contemplo nel mio cuore.
Poiché è ai miei occhi la prova più sicura, la più sconvolgente,
che ci ami sopra ogni altra cosa,
e che questo amore ci è vicino, così vicino da toccarci,
da mettere radici in noi.
In questa umanità da Te creata, ma così lontana,
da Te così lontana se non fossi venuto.
Perché avresti potuto amare dall’alto, Signore,
e mandarci un ambasciatore che Ti rappresentasse,
e invece ti sei spostato personalmente.
Saresti potuto venire accanto a noi, Tu, Dio, per trascinarci.
E noi, uomini, per seguirti.
Ma Tu sei venuto tra di noi, uomo come noi,
talmente come noi che siamo diventati fratelli.
Fratelli del bimbo che piangeva, beveva il latte di sua madre.
Fratelli del fanciullo che imparava a leggere, a pregare.
Fratelli dell’uomo che predicava così bene… troppo bene,
da morirne fra le torture, offrendo la sua vita per noi.
Fratello.
Nostro fratello Gesù,
grazie perché sei venuto tra noi come uomo vero.
Amen.

(M. Quoist)

In principio uomini, infine santi

Non ammiro Pietro che rinnega, spergiurando, il Cristo, né la sua fede vacillante quando cammina sulle acque. Ciò nonostante, il suo rinnegamento e la sua esitazione mi sono d’aiuto nel cammino della santità. Anch’io ho vacillato e sono caduto; e se non m’è dato di piangere come Pietro, posso almeno gridare con lui: “Salvami, o Signore, se non vuoi ch’io mi perda!”.
Non posso ammirare Saulo che custodisce le vesti dei lapidatori di Stefano e cavalca da Gerusalemme a Damasco, spirante minacce e stragi contro tutti i cristiani. Sotto questo aspetto, Saulo, persecutore dei discepoli di Gesù è, a sua volta, un tipo detestabile. Tuttavia Saulo, divenuto Paolo mi incoraggia. Se lui poté cambiare l’odio in amore, la mia speranza vive ancora.
Analoghe riflessioni si possono fare con molti altri, anzi, con la maggior parte de santi. La debolezza dei loro inizi mi dà la forza, la loro santità finale ispirazione. Ringrazio Iddio per Agostino peccatore trasformato in santo; per Alfonso che, all’età di ottant’anni, dice a un tizio: “Se dobbiamo parlarci, collochiamo fra noi un tavolo: non si sa mai! C’è ancora del sangue nelle mie vene!”.
Ringrazio Dio per tutti quelli che da principio non furono che uomini, ma in seguito, con la loro cooperazione, lo sforzo personale e il duro lavoro divennero virtuosi e spirituali.

(M. Raymond)

A Dio Padre

Padre celeste! 
A te si volge il nostro pensiero; 
sei tu ch’esso cerca di nuovo in quest’ora, 
non col passo incerto del pellegrino smarrito, 
ma col volo sicuro dell’uccello 
che conosce bene il proprio nido. 
Non permettere, o Dio, 
che la nostra fiducia in te si dilegui come un’idea fugace, 
come l’espediente di un momento 
o le assicurazioni fallaci di questo cuore carnale. 
Fa’ che in noi la nostalgia del tuo regno 
e le nostre speranze del tuo splendore 
non siano dolori infecondi, 
né simili a nubi senza pioggia. 
Ma come rugiada che disseta, 
esaudite, bagnino le nostre labbra, 
e come la tua manna celeste, 
ci sazino per sempre!

(Soren Kierkegaard)

Tutto parla di Dio

Ho interrogato la terra e mi ha risposto: 
“Non sono io il tuo Dio”. 
Tutto ciò che vive sulla sua superficie mi ha dato la medesima risposta. 
Ho interrogato il mare e gli esseri che lo popolano e mi hanno risposto: 
“Non siamo noi il tuo Dio, cerca più in alto”. 
Ho interrogato il cielo, il sole, la luna, le stelle: 
“Neppure noi siamo il Dio che tu cerchi”. 
Allora ho detto a tutti gli esseri che io conosco attraverso i miei sensi: 
“Parlatemi del mio Dio, dal momento che voi non lo siete, ditemi qualcosa di lui”. 
Ed essi hanno gridato con la loro voce possente: 
“E’ Lui che ci ha fatto!”. 
Per interrogarli, io dovevo solo contemplarli, e la loro bellezza era la loro risposta.

(S. Agostino)

Spendi l’amore!

Spendi l’amore a piene mani! 
L’amore è l’unico tesoro 
che si moltiplica per divisione, 
è l’unico dono che aumenta 
quanto più ne sottrai, 
è l’unica impresa nella quale 
più si spende più si guadagna: 
regalalo, buttalo via, 
spargilo ai quattro venti, 
vuotati le tasche, 
scuoti il cesto, 
capovolgi il bicchiere 
e domani ne avrai più di prima.

(Anonimo)

Profeti e profezie

Il calendario, quest’anno, incrocia una delle feste più significative della cristianità: la nascita del Battista. 
Giovanni è una figura straordinaria all’interno della fede: Gesù stesso lo indica come il più grande uomo mai vissuto, il più grande tra i nati di donna (Mt 11,11) ed è l’unico santo di cui ricordiamo sia la nascita che la morte. 
La sua presenza nell’arte è notevolissima: è raffigurato in migliaia di pale d’altare, vestito di peli di cammello, con una mano regge un bastone che termina con una croce, mentre con l’altra indica il Cristo. 
Giovanni, tradotto in varie lingue, è il nome più diffuso nel mondo cristiano. 
È provvidenziale il fatto che, in questo momento di crisi della Chiesa e della società, turbati dalla fragilità economica e dagli eventi sismici, possiamo rinforzare la nostra fede meditando sul dono della profezia nella Chiesa. 

Profeti 
La tradizione profetica ha sempre caratterizzato l’esperienza di Israele nel suo cammino. 
I profeti non sono persone che predicono il futuro (quelli sono gli indovini!), ma amici di Dio che, animati dallo Spirito Santo, indicano al popolo l’interpretazione degli eventi, ammoniscono, scuotono, a volte con metodi piuttosto inusuali e rudi. 
Non predicono il futuro, ma interpretano il presente e ne offrono una lettura nella fede. 
È straordinaria la presenza dei profeti nella Scrittura, uomini sedotti da Dio che fanno diventare la loro vita una catechesi vivente, un monito continuo al popolo, pagando la loro coerenza e la loro denuncia con la propria vita, persone che rischiarano le tenebre e che invitano alla speranza. Persone che, come dice Pietro oggi, indagano e scrutano gli eventi per cogliervi la salvezza a noi destinata. 
Compagni di viaggio, amici di Dio, i profeti hanno a lungo invitato il popolo a guardare alla pienezza che doveva compiere la promessa del Dio d’Israele realizzata in Gesù. 

Giovanni è il suo nome 
Fra i profeti spicca come un gigante Giovanni Battista. 
Giovanni austero asceta del deserto, tagliente predicatore, profeta disposto a morire per mantenere fede alla sua missione di verità. Giovanni che prepara e dispone il popolo all’accoglienza del Messia ma che, teneramente, resta anche lui spiazzato dall’originalità di questo Messia. 
Come biasimare Giovanni? 
Tutto impregnato dell’Antico testamento, invita alla conversione il popolo minacciando vendette e punizioni: il Messia è pronto a tagliare l’albero che non produce frutto. Gesù, invece di abbattere l’albero improduttivo, lo pota e lo concima sperando che porti frutto! 
Giovanni stesso è spiazzato dall’inaudita tenerezza di Dio: anche lui deve arrendersi alla disarmante novità portata da Gesù. 
Oggi celebriamo la nascita di questo uomo straordinario, come si benedice la nascita di qualcuno che migliora la nostra vita. Ma ci vuole silenzio per capirlo, il silenzio di Zaccaria che riflette sulla vera natura di suo figlio, dono a Israele. 

Profezie 
I profeti esistono ancora, sono presenti in mezzo a noi. 
Sono uomini e donne che vivono il Vangelo con coinvolgente semplicità e convinzione, diventando un segno di conversione per noi tutti. Non sono persone straordinarie ma persone che vivono il Vangelo con tenacia a convinzione: la coppia che allarga la propria casa per prendere in affido un bimbo ferito nell’anima, il giovane che dedica il pomeriggio a tenere i ragazzi per educarli alla vita, il consacrato che consuma giorni e salute per dare speranza ai disperati… 
Siamo circondati da silenziosi testimoni, da migliaia di profeti che danno testimonianza al Rabbì, anche se non vestono peli di cammello! Stupiamoci ancora per i tanti profeti che ancora incrociamo giorno per giorno, che ci aiutano a leggere il presente alla luce della fede. 
Ci stiamo abituando al pessimismo, anche nella Chiesa prevale una logica mondana piccina e rissosa. No, fra noi non deve essere così: la profezia ci aiuti a cogliere i segnali di luce che ci raggiungono nella quotidianità. 
Riconoscere e accogliere i profeti significa scrutare, interrogarsi, non dare per scontata la vita di fede e la fedeltà al vangelo. 
Tempi nuovi chiedono modi nuovi di vivere ed annunciare il Vangelo. 
I profeti hanno faticato e tribolato per scrutare i segni dei tempi, hanno vissuto la contraddizione del tempo in cui sono vissuti, orientando la loro vita alla comprensione del Regno. 
Così dovrebbero essere le nostre comunità cristiane chiamate a leggere il presente alla luce del Vangelo per dare speranza al nostro inquieto mondo. 
È urgente e vitale che la Chiesa si riappropri del proprio ruolo profetico, anche se questa scelta può risultare scomoda. Guai ad una Chiesa che è sempre dalla parte del forte! Come Giovanni, siamo chiamati a vivere e a proporre la conversione dei cuori, ad accogliere Dio che viene, a denunciare il sopruso e l’ingiustizia, con mitezza ma con decisione, dentro e fuori la Chiesa. 
Ciascuno di noi è chiamato a diventare profeta, a diventare segno là dove vive, ad essere almeno un poco trasparenza di Dio. 
Anche noi, oggi, ci auguriamo come fece Mosè, commentando il fatto che alcuni profetizzavano senza suo permesso: “fossero tutti profeti i figli di Israele!”. 

(Paolo Curtaz)

 

Ti voglio bene!

Quando dirai: “Ti voglio bene!” 
dirai: “Ti do la mia vita, ho bisogno di te, 
sono troppo ricco, non posso pensare solo a me”. 

Quando ti sentirai dire: “Ti voglio bene!” 
sarà l’invito a sciogliere le vele 
nel grande mistero buio e luminoso 
che approda a rive inesplorate. 

Quando nascerà l’amore, abbi paura e trema: 
non è l’avventura facile e rosea 
di un sentimento che esplode 
ma la partenza di un nuovo cammino. 

Quando dirai: “Ti voglio bene!” 
è una ferita che si apre nel cuore, un fuoco che brucia 
e distrugge sterpi morti e secchi. 

Quando ti sentirai dire: “Ti voglio bene!” 
sarà l’amore stesso di Dio 
che bussa al tuo cuore 
e ti invita al grande banchetto. 

Quando nascerà l’amore, piega le ginocchia, 
prega e ringrazia, chiedi di essere capace 
di godere il dono stupendo di Dio. 

Quando nascerà l’amore, apri le finestre e porte 
accendi sole e stelle, inizia la vita nuova nel mondo, 
diventa dono per tutti.

(Giorgio Basadonna)

All’orecchio

Il Signore ha bisbigliato qualcosa all’orecchio della rosa 
ed eccola aprirsi al sorriso. 

Il Signore ha mormorato qualcosa al sasso 
ed ecco lo gemma preziosa scintillante nella miniera. 

Il Signore ha detto qualcosa all’orecchio del sole 
ed ecco la guancia del sole coprirsi di mille eclissi. 

Ma che cosa avrà mai bisbigliato il Signore 
all’orecchio dell’uomo, 
perché egli solo sia capace di amare e di amarlo? 
Ha bisbigliato amore!

(Gialal El-Din Rumi)

O Signore, ti amo…

O Signore, ti amo perché tu mi ami abbastanza da volermi libero
e per questa libertà, rischiando la tua gloria,
sei venuto da noi uomo senza potenza ma onnipotente d’Amore.
O Signore, ti amo perché questa spaventosa libertà che tanto ci fa soffrire
è la stessa meravigliosa libertà che ci permette di amare.

Allora, quando, piegati sotto la croce delle nostre giornate,
e talvolta cadendo,
quando, piangendo, gridando, davanti alla croce del mondo,
e talvolta urlando,
noi saremo tentati di bestemmiare, di fuggire,
o soltanto di sederci,
dacci la forza di rialzarci e di camminare ancora,
senza maledire la tua mano che si tende, ma non porta le nostre croci,
se noi stessi non le portiamo,
come Tu hai portato la tua.

(Michel Quoist)