Ho contato i miei anni

“Ho contato i miei anni ed ho scoperto che ho meno tempo da vivere da ora in avanti, rispetto a quanto ho vissuto finora…
Mi sento come quel bimbo cui regalano un sacchetto di caramelle: le prime le mangia felice e in fretta, ma, quando si accorge che gliene rimangono poche, comincia a gustarle profondamente.
Non ho tempo per riunioni interminabili, in cui si discutono statuti, leggi, procedimenti e regolamenti interni, sapendo che alla fine non si concluderà nulla.
Non ho tempo per sopportare persone assurde che, oltre che per l’età anagrafica, non sono cresciute per nessun altro aspetto.
Non ho tempo, da perdere per sciocchezze.
Non voglio partecipare a riunioni in cui sfilano solo “EGO” gonfiati.
Ora non sopporto i manipolatori, gli arrivisti, né gli approfittatori.
Mi disturbano gli invidiosi, che cercano di discreditare i più capaci, per appropriarsi del loro talento e dei loro risultati.
Detesto, se ne sono testimone, gli effetti che genera la lotta per un incarico importante.
Le persone non discutono sui contenuti, ma solo sui títoli…
Ho poco tempo per discutere di beni materiali o posizioni sociali.
Amo l’essenziale, perché la mia anima ora ha fretta…
E con così poche caramelle nel sacchetto…
Adesso, così solo, voglio vivere tra gli esseri umani, molto sensibili.
Gente che sappia amare e burlarsi dell’ingenuo e dei suoi errori.
Gente molto sicura di se stessa , che non si vanti dei suoi lussi e delle sue ricchezze.
Gente che non si consideri eletta anzitempo.
Gente che non sfugga alle sue responsabilità.
Gente molto sincera che difenda la dignità umana.
Con gente che desideri solo vivere con onestà e rettitudine.
Perché solo l’essenziale é ciò che fa sì che la vita valga la pena viverla.
Voglio circondarmi di gente che sappia arrivare al cuore delle altre persone …
Gente cui i duri colpi della vita, abbiano insegnato a crescere con dolci carezze nell’anima.
Sí… ho fretta… per vivere con l’intensità che niente più che la maturità ci può dare.
Non intendo sprecare neanche una sola caramella di quelle che ora mi restano nel sacchetto.
Sono sicuro che queste caramelle saranno più squisite di quelle che ho mangiato finora.
Il mio obiettivo, alla fine, é andar via soddisfatto e in pace con i miei cari e con la mia coscienza.
Ti auguro che anche il tuo obiettivo sia lo stesso, perché, in qualche modo, anche tu te ne andrai…”

(Mario de Andrade)

un cieco dalla fede cieca

guarito per strada (colored)

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
(dal Vangelo di Marco 10,46-52)

Sono stato a Gerico questa estate. Nel pellegrinaggio organizzato con i giovani della parrocchia, abbiamo previsto un cammino di 3 ore nel deserto, partendo da un punto in mezzo alle colline rocciose e aride della Giudea, fino alla città di Gerico, o almeno quella che oggi porta lo stesso nome, e che conserva ancora qualche resto della città dei tempi di Gesù.
Per vedere Gerico bisogna quindi farsi questo viaggio in Israele, ma per vedere Bartimeo, il cieco che sta lungo il cammino e che incontra Gesù, non si deve fare così tanta strada.
La prima cosa infatti che ho pensato leggendo questo racconto è che Marco spende più di una parola per dirci qualcosa di questo personaggio che non rimane anonimo. Capita spesso che alcuni personaggi del vangelo sono quasi privi di descrizione e privi anche del nome. Qui invece ci viene detto chi è e di chi è figlio. Al contrario la folla che sta attorno Gesù, rimane senza un nome.
Questo povero sappiamo quindi dove trovarlo e conosciamo anche il nome e anche di chi è figlio. Non possiamo quindi rimanere ciechi e non vederlo, facendo finta di nulla.
I poveri attorno a noi sono spesso invisibili, non perché non ci sono, ma perché noi non li vediamo. Sembra che abbiamo una specie di filtro agli occhi per non vedere le povertà e sofferenze che incontriamo. Questo Bartimeo è visto solamente come una gran seccatura. Le sue grida a Gesù (“Figlio di Davide, abbi pietà di me!”) sono smorzate dai rimproveri della folla che non lo vuole vedere, e vorrebbe passare più avanti, impedendo l’incontro con Gesù.
In questa folla di personaggi che non hanno nome, forse possiamo vedere proprio noi stessi, noi come singoli cristiani e anche l’intera comunità cristiana.
Ma il desiderio di Bartimeo di incontrare Gesù buca la barriera, e arriva all’orecchio attento di Gesù, che toglie così dall’ombra questo non vedente che nessuno vuole vedere.
Pensiamo che il miracolo della vista fisica ridonata sia l’unica guarigione di questo racconto. In realtà Gesù dona luce non solo agli occhi del cieco, ma dona nuova vista anche a questa folla, nella quale si mescolano anche i suoi discepoli. Gesù con quell’ordine (“Chiamatelo!”) guarisce la folla dalla cecità e la trasforma da” barriera” a “ponte”. E’ infatti attraverso le persone che stanno attorno a Gesù che il cieco può venire al Signore, e dal margine della strada a mendicare si ritrova ora al centro.

La folla cieca diventa vedente, e capace di accogliere un nuovo fratello al quale non rimprovera più le grida, ma al contrario fa coraggio! Questa è la comunità cristiana!
Se Bartimeo è l’immagine dell’uomo che cerca Dio in ogni situazione di vita, specialmente quando è più difficile e disumana, la folla è la Chiesa, siamo noi. Anche per noi è necessaria una guarigione dalla cecità che ci rende incapaci di vedere i poveri e le nostre stesse povertà. L’ordine di Gesù a chiamare il cieco è traducibile oggi nella nostra continua missione, che è quella di essere “ponte” verso Gesù, verso il Vangelo per tutti coloro che cercano una luce nelle tenebre della loro vita. Non possiamo mai, per nessun motivo, smorzare le domande degli uomini che cercano di risollevarsi dai bordi delle strade della vita. Al contrario dobbiamo fare coraggio e indicare la strada.
Gesù opera il miracolo dopo aver messo in luce il coraggio e la fede di questo cieco. Per andare da Gesù Bartimeo ha persino lasciato a terra il suo mantello, l’unica copertura e difesa per un povero mendicante. Ha quindi ragione Gesù a dire “…la tua fede ti ha salvato”. Questo Bartimeo è il vero credente che si fida ciecamente di Gesù ancor prima di ricevere quel che chiede. E con la vista riceve anche una nuova prospettiva per la vita, un nuovo modo di vedere se stesso e gli altri: diventa discepolo.

Giovanni don

Soli in mezzo agli altri

Come mai tanti trattenimenti, tante riunioni amichevoli ci lasciano così vuoti e tristi? Può ben darsi che anche là la competizione, profondamente radicata e spesso inconscia fra le persone, impedisca a queste di svelarsi reciprocamente, instaurando dei rapporti che durino più del trattenimento. Nei luoghi dove siamo sempre benvenuti la nostra assenza non sarà poi tanto sentita e nei luoghi dove ognuno può accedere non si sentirà la mancanza di nessuno in modo particolare. Di solito c’è cibo a sufficienza e altrettante persone disposte a consumarlo, ma spesso si ha l’impressione che il cibo abbia perso la facoltà di creare una comunità, e non raramente ci allontaniamo dalla riunione più consci del nostro isolamento di quando vi siamo arrivati.

Il linguaggio che usiamo non suggerisce altro che il senso di isolamento: «Entri, prego… sono felice di vederla… Permettetemi di presentarvi questo amico speciale, che sarà lietissimo di conoscervi… Ho sentito tanto parlare di lei e non trovo parole per dirle quanto sia contento di conoscerla personalmente… Ciò che dice è interessantissimo, vorrei che fossero qui a sentirla più persone… È stato meraviglioso parlare con lei e avere occasione di fare questa conversazione… Spero proprio di incontrarla ancora. Lei sarà sempre benvenuto e non esiti a portare con sé un amico. Torni presto». È un linguaggio che rivela il desiderio di essere amichevoli e ricettivi ma che, nella nostra società, manca miseramente di lenire i dolori del nostro isolamento.

(H. Nouwen)

Padrone del tempo

L’uomo che non è più padrone di se stesso “si lascia andare”, passa davanti alla porta senza mai osare di entrare in casa sua.

Se hai paura di fermarti, è perché hai paura di incontrarti, e se hai paura di incontrarti è perché non sei più in intimità con te stesso, non ti conosci più, temi i tuoi rimproveri e le tue esigenze.

Non hai tempo per sostare? Sii leale, vi sono sempre dei momenti di vuoto nelle tue attività. Non affrettarti a colmarli cercando il chiasso, un giornale, una conversazione, una presenza… Quando puoi concederti un momento di silenzio, non mettere subito un disco. Fermati…

Se ti fermi, è per prendere coscienza di te, riunire tutte le tue forze, riordinarle e dirigerle, al fine di impegnarti tutto intero nella tua vita.

Accettare di fermarsi, è accettare di guardare se stesso, e accettare di guardarsi, è già impegnarsi, perché è far penetrare lo spirito nell’interno della propria casa.

Non ti riconoscerai né ti comprenderai appieno se non nella luce di Dio. Quando dai un appuntamento a te stesso, tu dai contemporaneamente un appuntamento al Signore.

Nel corso delle tue giornate, cogli tutte le occasioni che la vita ti offre per riafferrarti e comunicare con Dio. Non “ammazzare il tempo” per breve che sia, è un dono della Provvidenza; il Signore vi è presente.

(M. Quoist)

Anno della fede

Ad ogni uomo che nasce Dio affida un lume che accende nell’animo: la fede.
Nessuno può vivere, camminare, correre ed amare senza questa luce viva.
Nascendo il bimbo ha fede nella mamma, il papà nel pilota d’aereo.
Ogni mattina ci fidiamo del lattaio, del barista, dell’avvocato e del taxista.

Di Dio allora non dobbiamo fidarci? Lui che ci conosce, ama e dà la vita?
Errando vagabondi nei labirinti della storia questo lume acceso ci indica la via.
Lungo le coste dove il mare è in tempesta e la mia nave sembra naufragare,
Lontano ma sicuro ecco un faro di salvezza, un’ancora di speranza:è la fede
A volte questa luce sembra spegnersi, resta un lumino fumigante che si dilegua.

Forze avverse sembrano soffiare contro per finirlo del tutto e tu remi senza meta.
E‘ arrivato il tempo per fare il pieno, caricar le pile, ravvivare questa fiamma.
Dio è l’unico da ritrovare: più ritorni a Dio, più l’uomo si svela nel suo grande mistero.
Ecco il tempo di grazia, tempo favorevole per credere ancora: è l’anno della fede!

(P.Gianni Fanzolato)

Stai con me

Stai con me, e io inizierò a risplendere
come tu risplendi,
a risplendere fino ad essere luce per gli altri.
La luce, o Gesù, verrà tutta da te: nulla sarà merito mio.
Sarai tu a risplendere,
attraverso di me, sugli altri.
Fa’ che io ti lodi così
nel modo che tu più gradisci,
risplendendo sopra tutti coloro
che sono intorno a me.
Dà luce a loro e dà luce a me;
illumina loro insieme a me, attraverso di me.
Insegnami a diffondere la tua lode,
la tua verità, la tua volontà.
Fa’ che io ti annunci non con le parole
ma con l’esempio,
con quella forza attraente,
quella influenza solidale
che proviene da ciò che faccio,
con la mia visibile somiglianza ai tuoi santi,
e con la chiara pienezza dell’amore
che il mio cuore nutre per te.

(J. H. Newman)

Dammi coraggio

Ti prego:
non togliermi i pericoli,
ma aiutami ad affrontarli.

Non calmar le mie pene,
ma aiutami a superarle.

Non darmi alleati nella lotta della vita…
eccetto la forza che mi proviene da te.

Non donarmi salvezza nella paura,
ma pazienza per conquistare la mia libertà.

Concedimi di non essere un vigliacco
usurpando la tua grazia nel successo;
ma non mi manchi la stretta della tua mano
nel mio fallimento.

Quando mi fermo stanco sulla lunga strada
e la sete mi opprime sotto il solleone;
quando mi punge la nostalgia di sera
e lo spettro della notte copre la mia vita,
bramo la tua voce, o Dio,
sospiro la tua mano sulle spalle.

Fatico a camminare per il peso del cuore
carico dei doni che non ti ho donati.

Mi rassicuri la tua mano nella notte,
la voglio riempire di carezze,
tenerla stretta: i palpiti del tuo cuore
segnino i ritmi del mio pellegrinaggio.

(R. Tagore)

verso il basso per andare in alto

discepoli politici (colored)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
(dal Vangelo di Marco 10,35-45)

Qualche giorno fa ho incontrato un ragazzo che mi ha raccontato di una esperienza molto forte che lo ha segnato: il cammino di Santiago.
Lui si definisce credente ma non praticante, e dicendolo quasi si scusava con me, come se avesse vergogna di dirlo ad un prete. Mi ha colpito il racconto che lui ha fatto di questo pellegrinaggio a piedi durato circa un mese e mezzo e che lo ha portato da Verona a Santiago di Compostela, luogo che fin dal medioevo è meta di milioni di pellegrini, che intraprendono un viaggio che è fisico e spirituale insieme.
Questo giovane di 27 anni mi ha descritto la fatica del lungo viaggio fatto in solitaria, reso ancora più difficoltoso dalle condizioni meteorologiche non amiche e anche da problemi fisici che appesantivano ancora di più il cammino. Eppure, nonostante tutto questo, conserva il ricordo di una esperienza spirituale profondissima, avendo toccato fino in fondo la propria fragilità umana e insieme la pace interiore che, secondo lui, solo da Dio poteva venirgli.
Posso dire che questa sua esperienza ha toccato anche me, e mi ha fatto capire ancora di più la pagina del Vangelo di questa domenica.
Qui i discepoli Giovanni e Giacomo, manifestano tutta la loro incapacità di capire veramente cosa significa stare con Gesù. Per loro, stare dalla parte di Gesù Messia significa gloria e potere. Gesù invece li riporta alla realtà della sua esperienza. Stare con lui è scendere da ogni possibile piedistallo e sicurezza che noi o altri ci possono mettere, e iniziare un cammino di abbassamento che porta al servizio, al dare la vita e persino a perdere la vita (il calice da bere è la sofferenza e il battesimo di cui parla Gesù è il suo martirio sulla croce).
Stare con Gesù non è salire in alto, ma scendere in basso. Ma proprio in questo scendere fino dove siamo più fragili e fin dove l’umanità è fragile e debole, proprio li incontriamo Dio.
I discepoli forse pensano che la sofferenza e la fatica siano solamente un passaggio magari evitabile per incontrare Dio e realizzare se stessi. Gesù invece dice che proprio in quel cammino di abbassamento nel servizio e nel dono ci sono l’incontro con il Signore e la gloria della propria vita.

Penso che sia proprio in questo il segreto di un cammino di pellegrinaggio come quello verso Santiago compiuto dal mio giovane amico. Lui ha incontrato Dio ancor prima di arrivare nella bellissima e gloriosa Basilica di Santiago. Lo ha incontrato lungo la strada, nelle piccolezze e limiti del proprio corpo e nei numerosi incontri e dialoghi di coloro che si affiancavano a lui di tanto in tanto nello stesso cammino, carichi anch’essi di limiti e fatiche.
Il desiderio dei due fratelli figli di Zebedeo è anche il nostro, perché credo che tutti cerchiamo la salvezza della nostra vita e magari il posto giusto accanto a Dio. Gesù con le parole e con l’esempio lo insegna chiaramente ai suoi discepoli di allora, e questo suo insegnamento giunge anche a noi oggi: non ottenere la gloria umana, non la ricchezza e il potere… ma ricercare e mettersi al servizio gli uni degli altri, in una condivisione di fatiche, fragilità e piccolezze che ci accomunano tutti, anche se tentiamo spesso di mascherare e nascondere. È camminando verso il basso, nel servizio reciproco che possiamo salire molto in alto e trovare il posto giusto accanto a Gesù.

Giovanni don

Ho detto a Dio

Ho detto a Dio
che la sua Pentecoste non valeva gran cosa
e che il suo Spirito Santo non era tanto efficace
con tutte queste guerre, queste divisioni,
questa gente che muore di fame,
questa droga e tutti questi omicidi.
Ma Dio mi ha risposto:
E’ a te che ho donato
Il mio Spirito.
Che cosa ne hai fatto?
Chi farà la giustizia
se tu non incominci ad essere giusto?
Chi farà la verità
se tu stesso non sei vero?
Chi farà la pace
se tu non sei in pace con te stesso e con i tuoi fratelli?
Sei tu che io ho inviato
per portare
la buona notizia.

(Jean Debruynne)

Grazie a tutti!!!!

Glorioso S. Luca che, per estendere a tutto

il mondo sino alla fine dei secoli, a scienza

divina della salute, registraste in apposito libro

non solo gli insegnamenti e le gesta del nostro

Signore Gesù Cristo, ma ancora i fatti più

meravigliosi dei suoi Apostoli per la fondazione

della Chiesa; ottenete a noi tutti la grazia di

conformar sempre la nostra vita a quei santissimi

documenti che per impulso particolare dello Spirito

Santo, e sotto la sua dettatura, avete dato a tutti

ì popoli nei vostri libri divini.

Glorioso S. Luca, che per la verginità di cui faceste

costantemente professione, meritaste d’avere una

speciale famigliarità colla regina delle vergini,

Maria Santissima, che vi erudì personalmente, non

solo in ciò che riguarda la sua divina elezione in

Vera Madre di Dio, ma ancora in tutti i misteri

dell’incarnazione del Verbo, de’ suoi primi passi nel

mondo, e della privata sua vita; ottenete a noi tutti la

grazia di amar anche noi costantemente la bella virtù

della purità, per meritarci noi pure quei favori che

agli imitatori fedeli delle sue virtù dispensa sempre

generosissima la comune avvocata e madre nostra

Maria.

Gloria.