Per ottenere la gioia

Gioisco in te, 
o Signore, sempre. 
Non permettere, o Cristo, 
che nessun’ombra di mestizia 
avvolga il mio cuore. 
Colloco i miei occhi 
davanti allo specchio dell’eternità. 
Colloco la mia anima 
nello splendore della gloria. 
Colloco il mio cuore 
in te, o Signore, 
che sei figura della divina sostanza, 
e mi trasformo interamente, 
per mezzo della contemplazione, 
nella immagine della tua divinità. 
Desidero provare 
ciò che è riservato ai soli tuoi amici, 
e gustare la segreta dolcezza 
che tu stesso, o Signore, 
hai riservato fin dall’inizio 
per coloro che ti amano. 
Senza concedere neppure uno sguardo 
alle seduzioni, 
che in questo mondo fallace ed irrequieto 
tendono lacci ai ciechi 
che vi attaccano il loro cuore, 
con tutta me stessa amo te, o Signore, 
che per amor mio tutto ti sei donato. 
Amen.

(S. Chiara)

Il decalogo della gioia

1. «Nessuno è felice come Dio e nessuno fa felice come Dio» (S. Agostino).
2. Dio è la fonte della felicità infinita.
3. La gioia è un dono e una conquista.
4. La gioia vera è frutto di un amore vero.
5. La gioia cresce donandola.
6. La gioia è il nutrimento del cuore.
7. Solo chi è sincero può essere felice.
8. Tanto più si prega, tanto più si è nella gioia.
9. Per avere la gioia bisogna volerla donare.
10. Solo un cuore puro può gioire sempre di più.

(M. Foradini)

Il tempo

Il tempo è senza fine nelle tue mani,
mio signore.
Non c’è nessuno che conti le tue ore.
Passano i giorni e le notti,
le stagioni sbocciano e appassiscono
come fiori. Tu sai attendere.
I tuoi secoli si susseguono
per perfezionare un piccolo fiore di campo.
Noi non abbiamo tempo da perdere,
e non avendo tempo dobbiamo affannarci
per non perdere le nostre occasioni.
Siamo troppo poveri per arrivare in ritardo.
E così il tempo passa, mentre io lo dono
a ogni uomo querulo che lo richiede,
e il tuo altare è del tutto vuoto.
Alla fine del giorno m’affretto
per paura che la tua porta sia chiusa;
e invece c’è ancora tempo.

(R. Tagore)

una relazione mancata

porta fidei (colored)

 

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
(dal Vangelo di Marco 10.17-30)

“il Vangelo non si riassume in una verità, bensì in una relazione”.
Questa frase sta all’inizio del primo capitolo di un bel libro di Ermes Ronchi, “il canto del pane” (edizioni San Paolo) che un paio di amici mi hanno caldamente consigliato. L’ho visto in libreria questa mattina, mi sono ricordato del consiglio, ho letto le prima pagina e… l’ho subito acquistato.
Ed è proprio questa frase, con la quale Ronchi sintetizza l’esperienza di Gesù, che mi ha dato la chiave di lettura del Vangelo di questa domenica.
Gesù non è venuto di dire delle verità, nel senso più distaccato e impersonale possibile. Ma è venuto prima di tutto a proporre una relazione con lui, e attraverso di lui con Dio Padre.
Potrei sintetizzare l’episodio raccontato dall’evangelista Marco con questo titolo:” una relazione mancata”.
Personalmente anch’io sono stato tentato di fermarmi ai beni materiali nella proposta forte che Gesù fa a questo ricco. Davvero Gesù è esigente, e la proposta di vendere tutto e di darlo ai poveri non posso nascondere che mi mette un po’ di disagio. Non sarò ricco di beni, come sembra essere il personaggio del vangelo, ma anche quel poco che ho me lo tengo stretto e mi dà sicurezza.
Ma se il ricco rimane bloccato sulla richiesta di dare via tutto, Gesù ha in mente qualcosa di più importante per lui: “vieni! Seguimi!”. La traduzione italiana del testo sottolinea l’entusiasmo di Gesù e la sua sincera attesa di amicizia nei confronti di questo uomo che l’ha avvicinato con tanto entusiasmo (…un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?»).
Ma questa corsa iniziale, segno anche della corsa spirituale interiore, alla fine trova nei beni materiali una zavorra paralizzante. Questo uomo si tiene i suoi beni, ma perde la relazione con Gesù. E nel volto scuro con il quale si allontana sembra trovare corrispondenza il volto scuro di Gesù, che nelle parole successive sembra davvero sconsolato («Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!»), e manifesta una profonda delusione per una relazione mancata, e mancata di poco…
Se da una parte del racconto abbiamo questo esempio di fallimento di Gesù (un possibile discepolo che non accetta di seguirlo), dall’altra parte abbiamo i discepoli che hanno invece accettato di seguire Gesù con la premessa di lasciare davvero tutto. Nel brano anche loro appaiono più volte sconcertati e non così saldamente sicuri delle scelte fatte. Penso che le parole riportate dall’evangelista raccontino una condizione interiore di continuo dubbio e fatica nel rimanere fedeli alla scelta fatta. Gesù è li anche per loro a ricordare che la scelta non è stata quella di farsi poveri e lasciare tutto e basta. La loro scelta è quella di entrare in relazione con lui e di creare relazioni nuove nella comunità e nel mondo. I discepoli di Cristo sono poveri di mezzi ma ricchi di relazioni, ed è questa ricchezza che li deve spingere e fare felici.

Il cristiano nel mondo ha questa missione, quella di testimoniare che è possibile relazionarsi con Dio ed è possibile creare legami nuovi con gli altri, dove la ricchezza materiale non è al primo posto, anzi può essere spesso di ostacolo. E credo che non serve sondare ancora di più le parole del vangelo per accorgersi di quanto sia vero. Basta vedere quel che succede oggi nel mondo. Chissà che la crisi economica che stiamo attraversando a livello mondiale e nazionale non sia la buona occasione per riscoprire le nostre vere ricchezze che sono gli altri accanto a noi e alla fine anche Dio.
Mi immagino il ricco del Vangelo che abbandona Gesù perché è incapace di lasciare le sue molte ricchezze, e alla fine le perde per la crisi economica, e questa lo riduce a non avere più nulla o quasi. E forse allora si ricorda della proposta di Gesù…. Che sia troppo tardi?
Il Vangelo non è quindi una serie di verità accademiche e distaccate, ma è una continua proposta di relazione, che chiede molto ed è a tratti davvero esigente, ma è una proposta che al conto finale ci fa diventare assai più ricchi e quindi realizzati.

Giovanni don

Gli amici sono le corde di una cetra

Gli amici sono le corde di una cetra che,
se tutte intonate tra di loro,
producono al tocco una musica piacevolissima…
Neppure le ricchezze più vistose si possono
paragonare ad una salda amicizia.
Le stelle irradiano la luce all’intorno;
gli amici, dove giungono, portano gioia e bene.
E’ meglio vivere nelle tenebre che mancare di amici…
L’amicizia possiede anche la facoltà di ospitare nel nostro cuore
la memoria degli assenti e ce li fa tanto desiderare da renderci vicini
a loro e lontani da tutte le cose vicine.

(S. Giovanni Crisostomo)

Avevo una scatola di colori

Avevo una scatola di colori,
brillanti, decisi e vivaci.

Avevo una scatola di colori.
alcuni caldi, altri molto freddi.

Non avevo il rosso per il sangue dei feriti.
Non avevo il nero per il pianto degli orfani.
Non avevo il bianco per le mani e il volto dei morti.
Non avevo il giallo per le sabbie ardenti.

Ma avevo l’arancio per la gioia della vita.
E il verde per i germogli e i nidi.
E il celeste dei chiari cieli splendenti.
E il rosa per i sogni e il riposo.

Mi sono seduta e ho dipinto la pace.

(T. Sorek)

Vivere l’attimo presente

Una volta camminavo sul marciapiede mentre infuriava un temporale e il vento soffiava così forte da portarmi via il cappello: davanti a me, a un metro di distanza, cadde improvvisamente dal balcone di un terzo piano, sfracellandosi a terra, un grosso vaso di fiori. Un attimo di smarrimento; ma poi mi resi conto che potevo, dovevo con­tinuare a camminare.

Si deve vivere sempre come se ogni momento, vaso o no, temporale o no, malattia o no, fosse l’ultimo della vita.
L’ultimo attimo può essere il primo: il primo e l’ultimo attimo di una vita coincidono.
È bene, allora, vivere ogni momento come se fosse il primo, l’ultimo, l’unico della vita.
“Chi vive e crede in me – cioè chi ama – non morrà in eterno.”

Mi piace canticchiare durante la giornata le parole-preghiera d’una vecchia canzone del Gen verde:

“Fammi parlare sempre come fosse l’ultima parola che dico.
Fammi agire sempre come fosse l’ultima azione che faccio.
Fammi soffrire sempre come fosse l’ultima sofferenza che ho da offrirTi.
Fammi pregare sempre come fosse l’ultima possibilità che ho qui in terra di parlare con Te”.

(A. Panont)

Sorridi alla vita

Sorridi alla vita che viene e avanza, sempre così ricca di sorprese e di novità.
Sorridi alla poesia che ti canta nel cuore, per spingerti alla ricerca di spazi sconfinati.
Sorridi al tuo oggi, così fresco e pulito, per niente corroso dalla pesantezza del tempo.
Sorridi ai fiori gialli del campo e ai convolvoli rosa, aggrappati alla siepe della strada.
Sorridi al cinguettio dei passeri che saltano di ramo in ramo tra il verde dei pini.
Sorridi ai tentativi che fai per diventare creatura nuova.
Sorridi al sudore di colui che scalpellando trae dalle viscere austere della pietra il volto radioso di un bimbo.
Sorridi al vento che, accarezzandoti, reca in dono il profumo ossigenante dei campi vicini e lontani.
Sorridi al sole, che ancora non si è stancato di offrirti una cascata di luce e di calore.
Sorridi ai bambini che incontri, perché sono il grande motore del futuro.
Sorridi all’anziano dal volto grinzoso, perché ha nel cuore una storia che ti è necessario sapere.
Sorridi alla musica silenziosa delle stelle che, di lassù, guidano la danza dell’universo.
Sorridi anche alla pagina del dolore, perché, quando l’avrai completata, voltandola, ne troverai una tutta bianca e sarà l’inizio di una stagione nuova.

(anonimo)

siamo fatti per amare

Gesù celibe (colored)

 

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.
(dal Vangelo di Marco 10,2-16)

Dio non vuole il divorzio!
La tentazione di ridurre il brano di Vangelo con questa affermazione sintetica è forte. Infatti si tratterebbe di una vera e propria “riduzione” e “impoverimento” del messaggio nella sua complessità e ricchezza.
Importante è il contesto nel quale Gesù parla. Il Maestro è “messo alla prova”. Chi lo interroga ha solo l’intenzione di dimostrare che Gesù si pone al di fuori degli insegnamenti di Dio che la Scrittura aveva tramandato. I Farisei vogliono che Gesù si metta contro Mosè. E lo fanno su una questione molto delicata che è quella del matrimonio. E’ assai difficile entrare nelle questioni matrimoniali del tempo di Gesù, e ci accorgiamo subito che ci sono profonde differenze tra la concezione del matrimonio nell’ambiente di allora con la concezione di matrimonio così come lo si vive ora. Oggi giustamente si punta molto sulla scelta consapevole dei due in base ad un legame d’amore. Allora prevaleva il contratto tra famiglie, che metteva insieme i due sposi non sempre sulla base di una loro libera scelta d’amore.
Gesù, come al solito, eleva la questione dall’aspetto giuridico (la norma di Mosè che permetteva il ripudio) al livello spirituale e “teologico”. Gesù richiama il piano originario di Dio che ha creato gli esseri umani perché vivano nell’armonia più profonda, sapendo che proprio nell’amore perfetto Dio si manifesta. Gesù vede nel matrimonio tra un uomo e una donna non un semplice contratto sociale (che si può contrarre e anche sciogliere), ma una manifestazione di Dio stesso. Dio ha creato la relazione umana che nel matrimonio ha il suo esempio più grande, ma che non è l’unico. In ogni unione umana c’è una manifestazione di Dio. E ogni volta che si vive la rottura e la separazione tra persone che si vogliono bene, proprio li, in un certo senso, Dio viene “sconfitto”, e appare lontano.
Gesù rispondendo ai farisei che lo interrogano, indica il motivo per il quale Mosè permette il divorzio, ed è la durezza di cuore. In questa durezza di cuore possiamo riconoscere la difficoltà di amare e amare per sempre che c’è in ogni uomo e donna della terra. Solo Gesù ama in modo perfetto e senza fine. L’uomo invece è segnato da questa durezza che gli impedisce spesso di portare avanti i legami che cerca di costruire.

Sarebbe davvero riduttivo riassumere questo insegnamento di Gesù con un’altra norma giuridica, cioè con un semplice “no” al divorzio. La questione nella Chiesa a volte sembra bloccata solo a questo livello, chi è contrario e chi favorevole. Non so da che parte si schiererebbe Gesù in un eventuale dibattito sul “si” o “no” al permetter il divorzio e quindi la possibilità di una nuova unione.
Certo è che Gesù richiama i farisei e i suoi discepoli alla verità che sta dentro ognuno di noi, cioè che siamo capaci di amare e di amare per sempre, anche se la durezza del cuore e della vita ci portano spesso a fallire nelle nostre unioni.
Gesù, alla fine del racconto, ci viene mostrato ancora una volta con dei bambini attorno: “a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio”, dice Gesù. Il bambino all’inizio della sua vita guarda al futuro con occhi nuovi e non “viziati” dall’esperienza che rende spesso pessimisti. Penso che sia anche in questo senso che Gesù invita a essere come i bambini: non perdere mai la fiducia nella nostra capacità di amare e di costruire legami, anche se spesso la vita e i fallimenti ci hanno segnato e ci possono portare al pessimismo, anticamera della vera solitudine. E come Chiesa, fatta di uomini e donne duri di cuore, siamo chiamati a non mettere mai la norma e le leggi, davanti alla vita delle persone, ma ad assumere lo stile di Gesù, che accogliendo ogni storia, anche la più storta e sofferente, le dava nuovo impulso di vita.

Giovanni don

L’amore e il rispetto

L’amore è basato sul rispetto. L’amore non prova dispiacere per nessuno, non prova compassione. L’amore non ha aspettative. Quando amiamo non abbiamo aspettative: agiamo perchè vogliamo farlo. Vi sentite dispiaciuti per me quando non mi rispettate, quando non pensate che io sia forte abbastanza per farcela.

D’altro canto l’amore rispetta.

Ti amo , so che puoi farcela. So che sei forte abbastanza,

intelligente abbastanza, bravo abbastanza da poter fare le tue scelte. Se cadi, ti posso allungare la mano e aiutarti a rialzarti. Posso dire:”Puoi farcela, continua”. Questa è compassione, ma non è lo stesso che sentirsi dispiaciuti.

L’amore è completamente responsabile. Qualsiasi cosa pensiamo, qualsiasi cosa facciamo ha delle conseguenze. Sperimenteremo le conseguenze delle nostre azioni in un modo o nell’altro. Ogni essere umano è responsabile delle proprie azioni, anche se non vuole.

L’amore non è sempre gentile; quella non gentilezza vi rende generosi e apre tutte le porte.

L’amore è generoso.

L’amore è incondizionato. Nel sentiero dell’amore non ci sono se.

Non ci sono condizioni.

Io ti amo come sei e tu sei libero di essere come sei.

(Don Miguel Ruiz)

viaAleksej Donx.