La Strada di Gesù non è una passeggiata

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Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».
(dal Vangelo di Luca 9,51-62)

Ricordo bene il momento quando ho detto ai miei genitori che volevo entrare in seminario. Avevo 19 anni e stavo per finire il liceo. Mancava un mese agli esami di maturità, e una sera ho convocato i miei genitori in cucina, seduti al tavolo dove di solito mangiavamo tutti insieme come famiglia. Non pensavo affatto di ricevere un rifiuto da parte di mamma e papà, ma non era certo facile comunicare loro una scelta così diversa dal solito.
Ricordo che la reazione fu di vera sorpresa, ma con grande calma e senza drammi. Mio padre mi disse più o meno queste parole: “Sei sicuro Giovanni? Guarda che la strada del prete non è facile…”. Non le ho sentite come parole di poca stima nei confronti della mia scelta, ma di giusta preoccupazione di un genitore per un figlio che inizia a fare le scelte importanti della vita. Io risposi a mio padre: “Se questa è la mia strada allora devo farla, perché sarebbero più difficili per me le altre strade…”. Era infatti questa la consapevolezza che mi aveva portato a scegliere la strada del seminario, cioè la consapevolezza profonda che la mia vita in quel momento passava per il seminario, e non più da altri studi che inizialmente avevo pensato. Dovevo solo seguire quell’intuizione profonda che mi aveva portato fin li, credendo che se un giorno del cammino educativo del seminario avessi capito che non era la mia strada, sarei uscito e avrei cercato altri percorsi.

L’evangelista Luca racconta che Gesù un giorno prende la ferma decisione di andare a Gerusalemme. Letteralmente Luca scrive che Gesù “indurì il proprio volto verso Gerusalemme”, cioè prende con forza la strada che lo porterà, non solo ad entrare nel centro religioso del suo tempo, ma soprattutto lo porterà a scontrarsi con tutto un sistema religioso che lui è venuto a smascherare nelle sue ipocrisie e a rinnovare nel profondo. Quello che viene descritto dal Vangelo non è solo un viaggio fisico, ma una vocazione che Gesù accoglie e porta fino in fondo, fino alla morte in croce.
Non è certo una strada facile, e persino i suoi discepoli e amici lo comprendono, e molto spesso cercheranno di frenare il loro maestro. Ma è la sua strada, è il motivo per cui è venuto sulla terra. Gesù-uomo ha questa vocazione scritta dentro di se fin dal concepimento in Maria, e che lui accoglie e mette in pratica.
Le difficoltà che Gesù incontra sono tante in questa sua vocazione di annunciatore del Regno di Dio. La principale difficoltà è l’incomprensione da parte dei suoi discepoli e anche del contesto religioso nel quale si muove. Gesù di trova immerso nello scontro tra giudei e samaritani che in qualche modo si “scomunicavano” a vicenda, perché ognuno riteneva di avere la vera concezione di Dio. Ed è per questo che viene rifiutato dai samaritani, sapendo che sta andando a Gerusalemme (che in qualche modo i samaritani non riconoscevano come unico centro religioso) . Ma Gesù non è aiutato nemmeno dagli stessi discepoli. Infatti Gesù si scontra con il loro integralismo religioso quando questi invocano il fuoco dal cielo sopra i samaritani. E li rimprovera.
E proprio mentre si dirige verso Gerusalemme, Gesù incontra questi tre personaggi che possono ben rappresentare i vari modi di vivere la propria vocazione di discepoli in ogni tempo, e quindi anche oggi per tutti noi.
A tutti e tre Gesù non nasconde le esigenze dello stare con lui e come lui: il cammino della fede non è certo una passeggiata, ma richiede dedizione totale e soprattutto coraggio e capacità di rinnovamento nel profondo.
Gesù infatti ricorda che essere suoi discepoli significa poggiare la propria sicurezza non nei beni che si possiedono, ma solo nella fiducia in lui (“Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”). Essere discepoli significa anche essere capaci di superare tradizioni e consuetudini consolidate, mettendo come unico punto di riferimento il Vangelo (“Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio”).

Essere discepoli significa in altre parole avere la stessa faccia “dura” di Gesù, sapendo che su questa strada, anche se spesso dura e in salita, realizziamo veramente il sogno più profondo della nostra vita, e troviamo la vera felicità che altre strade non danno fino in fondo.
Dopo 7 anni di seminario e 20 di vita presbiterale, mi ritrovo ancora sulla strada che ho intrapreso quel giorno… Aveva ragione mio padre quando mi disse che non era facile, e so che lo diceva dall’alto della sua più lunga esperienza di vita. Ma avevo ragione anche io, dicendo ai miei genitori che questa era la mia strada, perché le salite, gli ostacoli, le cadute che ho sperimentato non mi hanno mai fatto cambiare percorso. Sento che lo stesso Gesù che ha “reso duro il proprio volto verso Gerusalemme”, ha reso duro anche il mio per la strada che ha scelto per me.

 

Giovanni don

Buona festa dei SS. Pietro e Paolo!

Gli apostoli fanno brillare una luce che non conosce mutamento o declino sopra coloro che abitano nella regione delle tenebre, poi li rendono partecipi di questa luce, anzi suoi figli. Cosi ognuno di essi potrà splendere come un sole quando nella sua gloria si manifesterà il Verbo, uomo e Dio, luce sovressenziale.

Tutti questi astri, che oggi sorgono, rallegrano la Chiesa, perché le loro congiunzioni non producono nessuna eclissi, ma accendono una sovrabbondanza di luce. Cristo splende nella sua sfera eccelsa, senza gettare ombra su quelli che ruotano in regioni meno elevate. E tutti questi astri si muovono in piena luce, senza che vi sia alternanza fra il giorno e la notte, o i loro raggi differiscano per luminosità, dal momento che il loro splendore proviene da un’unica f onte.

Tutti coloro che fanno parte di Cristo, fonte perenne di luce eterna, hanno il medesimo fulgore e la sua gloriosa luminosità. La congiunzione di questi astri si manifesta cosi agli occhi dei fedeli attraverso un duplice sfavillio.

Satana, il primo ribelle, riuscì a far apostatare Adamo, il primo uomo, il progenitore dell’umanità. Quando dunque Satana vide Dio creare Pietro, il capostipite dei fedeli,

e dirgli: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa 1.( Mt 16,18 )nella sua malvagità suicida, cercò di tentare Pietro come aveva tentato Adamo.

Colui che è il maligno per eccellenza sapeva che Pietro era dotato d’intelletto e incendiato d’amore per Cristo. Perciò non s’azzardò ad assalirlo di petto, ma con fare sornione lo aggredì di fianco, per spingerlo a violare il suo dovere

Nell’ora della passione il Signore disse ai suoi discepoli:

Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte2.( Mt 26,31 ).Pietro, incredulo non solo lo contraddice, ma si esalta sopra gli altri, affermando:Anche se tutti si scandalizzassero di te. io non mi scandalizzerò mai.3.( Mt 26,33 )

Dopo l’arresto di Gesù, Pietro, come punito per la sua presunzione, abbandona il Signore più degli altri. Ma più degli altri umiliato, egli avrebbe a suo tempo ritrovato un onore più grande.

Infatti il suo comportamento è ben differente da quello di Adamo. Questi, una volta tentato, era caduto vinto precipitando cosi nella morte, mentre Pietro, dopo essere stato atterrato, riesce a rialzarsi e trionfa sul tentatore.

In che modo Pietro fu vincitore? Rendendosi conto del suo stato, provandone un dolore cocente, effondendosi in lacrime di penitenza, assai preziose per espiare. Il salmo dice infatti: Un cuore affranto e umiliato, tu, o Dio, non disprezzi, 4.( Sal 50,19 )

 perché il rincrescimento di avere offeso Dio opera una guarigione irreversibile. E chi semina una preghiera intrisa di pianto, meriterà il perdono intessuto di allegrezza.

Possiamo notare che Pietro espiò in modo adeguato il suo rinnegamento, non solo pentendosi e facendo penitenza, ma anche perché l’orgoglio che lo spingeva al protagonismo fu espulso radicalmente dalla sua anima.

Il Signore lo volle dimostrare a tutti quando il terzo giorno risuscitò dai morti, dopo la passione sofferta per noi nella sua carne. Nel vangelo infatti egli dice a Pietro, accennando agli apostoli: Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?5.( Gv 21,15 )

La risposta ci rivela un Pietro umile, davvero convertito. Al Getsemani, senza essere interpellato, si era spontaneamente messo sopra gli altri, dicendo: Anche se tutti si scandalizzassero di te. io non mi scandalizzerò mai.3.( Mt 26,33 )

 Ma dopo la risurrezione, quando Gesù gli domanda se lo ama più degli altri, Pietro risponde di si, sul fatto di amare, ma tralascia di far menzione del grado, limitandosi a dire: Certo, Signore, tu lo sai che ti amo!

Gesù disse a Simon Pietro: ”Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo”.5.( Gv 21,15 )

Quando Gesù vede che Pietro gli ha conservato l’amore e ha acquistato l’umiltà, da compimento alla sua promessa e gli dice: Pasci i miei agnelli. 5.( Gv 21,15 )

In precedenza, quando il Signore aveva paragonato l’assemblea dei fedeli a una costruzione, aveva promesso a Pietro di costituirlo a fondamento, dicendo: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa 1.( Mt 16,18 ) Nel racconto evangelico della pesca miracolosa, Gesù aveva pure detto a Pietro: D’ora in poi sarai pescatore di uomini. 6.( Lc 5,10 )

 Infine, dopo la risurrezione, Gesù paragona i suoi discepoli ad un gregge e chiede a Pietro di esserne il pastore, affermando: Pasci i miei agnelli5.( Gv 21,15 )

Vedete, fratelli, come il Signore arde dal desiderio della nostra salvezza! Non cerca che il nostro amore, in modo da poterci guidare ai pascoli e all’ovile della salvezza. Desideriamo perciò anche noi la salvezza, obbediamo in parole e nei fatti a coloro che devono essere le nostre guide in questo cammino. Basterà che bussiamo alla porta della salvezza e subito si presenterà la guida designata dal nostro Salvatore. Nel suo amore eterno per gli uomini, il Signore stesso sembra non aspettare che la nostra richiesta, anzi la previene e si affretta a presentarci il capo che ci guiderà alla salvezza definitiva.

Davanti alla triplice interrogazione del Signore, Pietro è addolorato, perché pensa che Gesù non si fidi di lui.. E’ convinto di amare Gesù e che il Maestro lo sa meglio di lui. Con le spalle al muro e senza via d’uscita, Pietro dichiara il suo affetto e proclama l’onnipotenza del suo interlocutore, dicendo: Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo.7.( Gv 21,17 )

Dopo una simile confessione, Gesù costituisce Pietro pastore, anzi supremo pastore della sua Chiesa e gli promette la forza necessaria per resistere fino alla morte di croce, mentre per l’innanzi Pietro era crollato davanti alle parole di una servetta.

Gesù gli afferma: In verità. in verità ti dico: quando eri più giovane ‑ non solo di corpo, ma spiritualmente ‑ ti cingevi la veste da solo. e andavi dove volevi.ossia seguivi i tuoi impulsi e vivevi secondo i tuoi desideri naturali. Ma quando sarai vecchio ‑ quando cioè sarai pervenuto anche alla maturità dello spirito ‑ tenderai le tue mani. E queste ultime parole alludono alla morte di croce; il verbotendere è alla forma attiva, per specificare che Pietro si lascerà crocifiggere di sua libera volontà.

Tenderai le tue mani,, e un altro ti cingerà la veste cioè ti fortificherà ‑ e ti porterà dove tu non vuoi.8.( Gv 21,18 )

Il testo da un lato segnala che la nostra natura non vuole dissolversi nella morte per l’istinto congenito verso la vita, e d’altro canto il martirio di Pietro oltrepassa ampiamente le sue forze naturali. Il succo delle parole del Signore è questo: “A causa mia e rafforzato da me, tu sopporterai supplizi che normalmente la natura umana è incapace di assumere”.

Questo è Pietro e assai pochi lo conoscono sotto tale angolatura.

E Paolo, chi è? Chi potrà far conoscere la sua pazienza nel sopportare ogni cosa per Cristo, fino alla morte? La morte, Paolo l’affrontava ogni giorno, pur continuando a vivere. Rammentiamoci di quando ha scritto: Non sono più io che vivo. ma Cristo vive in me9.( Gal 2,20 )

Per amore di Cristo, egli considerava tutto come spazzatura, al punto da stimare il futuro come qualcosa di secondario nei confronti di quell’amore. Egli dice infatti:Io sono persuaso che ne morte ne vita, ne angeli ne principati, ne presente ne avvenire, ne potenze, ne altezza ne profondità, ne alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù nostro Signore. 10.( Rm 8,39 )

Pieno di zelo per Dio, Paolo non mirò che a infonderlo anche in noi.

Tra gli apostoli, Paolo non è inferiore per gloria al solo Pietro. Considera la sua umiltà quando esclama: lo sono l’infimo degli apostoli. e non sono degno neppure di,essere chiamato apostolo. 11.( 1 Cor 15,9 )

Se Paolo eguaglia Pietro per la fede, lo zelo, l’umiltà .e la carità, perché non ricevette in parte il medesimo premio da parte di Dio che giudica con giustizia e tutto pesa su un’esatta bilancia?

All’uno il Signore dice: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa. In ordine all’altro, dichiara ad Anania: Egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli.12.( At 9.15 )Di che nome si tratta? Certamente di quello della Chiesa di Cristo di cui Pietro garantì la costruzione.

Vedete come Pietro e Paolo sono eguali in gloria, come la Chiesa di Cristo riposa sul fondamento di loro due? Ecco perché in questo giorno la Chiesa gli attribuisce una solennità comune, per cui oggi celebriamo una festa in loro onore

Dai Discorsi di san Gregorio Palamas.

lastra asellus

 

Benedizione

Non ti lascio cadere e non ti abbandono. 
Resto presso di te con il mio amore, 
ti accompagno dovunque andrai. 

Il mio amore sia la tua forza, la mia fedeltà la tua difesa. 
Ti avvolga la mia tenerezza, 
e ti venga incontro la mia brama. 

Se sei triste, ti consolerò, 
nella tua inquietudine stendo la mia mano su di te, 
nel tuo dolore bacio le tue ferite, 
nel tumulto mi metto al tuo fianco 
come angelo delle difficoltà. 

Se gli uomini ti deridono ti irrobustirò le spalle, 
nella tua mutezza ti offrirò la mia voce 
e quando sarai ricurvo per il dolore ti solleverò 
con uno sguardo d’amore. 

Quando tutto inaridirà in te, ti regalerò il mio calore, 
e quando le preoccupazioni ti opprimeranno, 
ti sussurrerò parole di fiducia. 

Se l’affanno colmerà la tua anima, lo caccerò, 
e la mia presenza sarà per te luce in tutto quello che farai. 

Al mattino ti risveglia il mio desiderio 
e alla sera ti ricopre il mio amore; 
addormentati nelle mie braccia 
faccia a faccia, cuore a cuore… 
tendi l’orecchio, batte per te… nella lunga notte, 
a ogni nuovo giorno…

(A. Grun – M. Robben)

Preghiera per quando non preghiamo

Signore, 
Tu ci insegni a pregare con perseveranza, 
a scegliere la parte migliore, 
ci insegni a ricordarci di pregare più volte di quanto non respiriamo. 
Purtroppo spesso, troppo spesso, la preghiera è invece ai margini della nostra vita. 
Le riserviamo un posto di convenienza, di circostanza. 
Nelle nostre giornate il tempo che vi dedichiamo è irrisorio. Perdonaci ancora. 
Tu, o Gesù, eri in continuo dialogo con il Padre. 
Signore, aiutaci a pregare. 
Signore, fa’ che la nostra vita diventi preghiera. 
Fa’ che la nostra preghiera non sia solo preghiera parolaia, ma fatta di fatti. 
Fa’ al tempo stesso che la nostra vita non sia vuoto attivismo, ma anche orazione. 
Signore, perdonaci quando ci dimentichiamo dell’essenziale. 
Insegnaci ad amare la preghiera, ad amare te che nei la fonte e l’essenza. 
Amen.

(Matteo Salvatti)

Ricomincia sempre

Non ti arrendere mai, 
neanche quando la fatica si fa sentire, 
neanche quando il tuo piede inciampa, 
neanche quando i tuoi occhi bruciano, 
neanche quando i tuoi sforzi sono ignorati, 
neanche quando la delusione ti avvilisce, 
neanche quando l’errore ti scoraggia, 
neanche quando il tradimento ti ferisce, 
neanche quando il successo ti abbandona, 
neanche quando l’ingratitudine ti sgomenta, 
neanche quando l’incomprensione ti circonda, 
neanche quando la noia ti atterra, 
neanche quando tutto ha l’aria del niente, 
neanche quando il peso dei peccati ti schiaccia. 
Invoca il tuo Dio, 
stringi i pugni, 
sorridi… 
E ricomincia! 

(Attribuita a S. Leone Magno)

Perché le persone gridano?

Un giorno un pensatore indiano fece la seguente domanda ai suoi discepoli: 
“Perché le persone gridano quando sono arrabbiate?”. 
“Gridano perché perdono la calma”, rispose uno di loro. 
“Ma perché gridare, se la persona sta al suo lato?”, disse nuovamente il pensatore. 
“Bene, gridiamo perché desideriamo che l’altra persona ci ascolti”, replicò un altro discepolo. 
E il maestro tornò a domandare: “Allora non è possibile parlargli a voce bassa?”. 
Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il pensatore. 
Allora egli esclamò: “Voi sapete perché si grida contro un’altra persona quando si è arrabbiati? 
Il fatto è che, quando due persone sono arrabbiate, i loro cuori si allontanano molto. Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare. Quanto più arrabbiati sono, tanto più forte dovranno gridare per sentirsi l’uno con l’altro. 
D’altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Loro non gridano, parlano soavemente. E perché? Perché i loro cuori sono molto vicini. La distanza tra loro è piccola. A volte sono talmente vicini i loro cuori che neanche parlano, solamente sussurrano. E, quando l’amore è più intenso, non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi. I loro cuori si intendono. E’ questo che accade quando due persone che si amano si avvicinano!”. 
Infine il pensatore concluse dicendo: 
“Quando voi discuterete, non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare di più, perché arriverà un giorno in cui la distanza sarà tanta che non incontreranno mai più la strada per tornare”.

(Gandhi)

Semina

Semina sorriso fin dal mattino, 
e nel tempo fiorirà un giardino. 
Semina grani di certa speranza 
ci sarà molta esultanza. 
Semina nella fede e con l’ardore 
e l’angolo più grigio avrà colore. 
Semina parole e fatti d’amore 
e nel mondo avrà senso il cuore. 
Semina entusiasmo e semplicità 
e sarà facile la felicità. 
Semina sempre con forza e coraggio 
e la paura avrà nuovo linguaggio. 
Semina in pazienza e perseveranza 
e la terra avrà frutti in abbondanza. 
Semina gesti di vera dolcezza 
perché la violenza genera tristezza. 
Semina dovunque germi di pace 
e di certo l’urlo di guerra tace. 
Semina, semina il bene: crescerà 
ed ogni seme nuova vita darà.

(Anonimo)

Sii paziente

Sii paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore e…
cerca di amare le domande, che sono simili a stanze chiuse a chiave e a libri scritti in una lingua straniera.

Non cercare ora le risposte che non possono esserti date
poiché non saresti capace di convivere con esse.

E il punto è vivere ogni cosa.

Vivi le domande ora.

Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga,
di vivere fino al lontano giorno in cui avrai la risposta.

(R. M. Rilke)

Restare giovani

Caro albero insegnami il segreto per restare giovani. 
Albero centenario, 
mi piace vederti 
pieno di getti 
e di germogli 
come se fossi un adolescente. 
Insegnami il segreto 
di invecchiare così: 
aperto alla vita, 
alla giovinezza, 
ai sogni come chi sa 
che gioventù e vecchiaia 
non sono che gradini 
verso l’eternità.

(H. Camara)

Fiore e farfalla

Una volta, un uomo chiese a Dio: un fiore e una farfalla.
Ma Dio gli diede un cactus e una larva.
L’uomo era triste poiché non capiva cosa aveva sbagliato nella richiesta. Allora pensò: con tanta gente che aspetta…. e decise di non domandare niente.
Passato qualche tempo, l’uomo verificò la richiesta che era stata dimenticata.
Con sua sorpresa, dallo spinoso e brutto cactus, era nato il più bel fiore.
E la orribile larva si era trasformata in una bellissima farfalla.

Dio agisce sempre giustamente.
Il tuo cammino è migliore, anche se ai tuoi occhi appare tutto sbagliato.
Se hai chiesto a Dio una cosa e ne hai ricevuto un’altra, abbi fiducia. Abbi la certezza che egli dà sempre quello di cui hai bisogno, al momento giusto. Non sempre quello che desideri è quello che necessiti.
Siccome egli non sbaglia mai la consegna delle tue richieste, vai avanti senza mormorare o dubitare.
La spina di oggi sarà il fiore di domani!