L’amore conta, pesa più del peccato

Leggo questo racconto grondante di lacrime e d’amore, grondante di vita, e provo a guardare come guarda Gesù, che si fa largo dentro il groviglio delle nostre contraddizioni morali, per fis­sarsi sul germe intatto, il ger­me divino che attende la ri­surrezione anche nel cuore dell’ultima prostituta. Gesù vede oltre le etichette: arriva una donna e dove gli altri ve­dono solo una peccatrice, lui vede un’amante: ha molto a­mato.

Un Vangelo che ci contesta e ci conforta. Il cristianesimo non è un intreccio complica­to di dogmi e doveri. Gesù ne indica il cuore: ama, hai fatto tutto.

Quella donna ha ascoltato il profondo bisogno di ricevere e dare amore, che ognuno di noi ha dentro; un bisogno che, se lo soffochi, ti rende infelice o avido o cinico.

Va diritta davanti a lui, non gli chiede permesso, fa una cosa inaudita tanto è sconvenien­te: mani, bocca, lacrime, ca­pelli, profumo su di lui. Lei sa, con tutte le sue fibre, che quel­lo strano rabbì non l’avrebbe cacciata.

Sono gesti contro tutti i ritua­li, che vanno oltre lecito e il­lecito, oltre doveri o obblighi, con una carica affettiva vee­mente. Ai quali Gesù non si sottrae, che apprezza. Basta­va, come tanti altri, chiedere perdono. Perché quell’ecces­so, il profumo, le carezze, i ba­ci?

È la lingua universale in cui è detto il cuore. E Dio guarda il cuore. E gode vedendo la don­na uscire da un rapporto sca­dente di contabilità o di ba­ratto con il Signore, e spicca­re il volo negli spazi della li­bertà e del dono.

Simone, tu non mi hai dato un bacio, questa donna invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi. Dal poco al molto amore: Gesù, Dio de­sidera essere amato, va in cer­ca di persone e ambienti pronti a dargli affetto.

Simone era molto religioso e molto duro. Forse perché vi­veva la fede come osservanza delle regole divine e non co­me risposta all’amore di Dio. Molto le è perdonato perché molto ha amato. Gesù cambia il paradigma della fede: dal peccato all’amore. Non è il peccato, pur confessato ed e­spiato, l’asse portante del rap­porto con Dio, ma ricevere e restituire amore. L’amore con­ta, vale, pesa più del peccato. L’errore che hai commesso non revoca il bene compiuto, non lo annulla. È il bene in­vece che revoca il male di ieri e lo cancella. Una spiga con­ta più di tutta la zizzania del campo. La rivoluzione evan­gelica: passare dal poco al molto amore. L’amore non fa peccati. L’amore contiene tut­to, tutti i doni e tutti i doveri (M. Bellet).

Quella donna mostra che un solo gesto d’amore, anche se muto e nascosto, è più utile per questo nostro mondo del­l’opera più grandiosa: la rivo­luzione portata da Gesù, pos­sibile a tutti, possibile a me, ogni giorno.

(p. Ermes Ronchi)

La speranza

Ho intravisto la speranza 
tra le lacrime, i dolori, 
le angosce di un carcere, 
nella fame di un bimbo, 
nel dolore di una madre, 
in un volto pieno di rughe. 
L’ho intravista, 
ho accettato questa scommessa, 
ho insistito 
e tutti i pianti, i dolori, le angosce 
si sono tramutate in danza.

(E. Olivero)

L’amore non è fatto, si fa

Non è un vestito già confezionato,
ma stoffa da tagliare, preparare e cucire.

Non è un appartamento chiavi in mano,
ma una casa da concepire, costruire, conservare e, spesso, riparare.

Non è una vetta conquistata,
ma scalate appassionanti e cadute dolorose.

Non è un solido ancoraggio nel porto della felicità,
ma è un levar l’ancora, è un viaggio in pieno mare.

Non è un sì trionfale che si segna fra i sorrisi e gli applausi,
ma è una moltitudine di “sì” che punteggiano la vita,
tra una moltitudine di “no” che si cancellano strada facendo.

Non è l’apparizione improvvisa di una nuova vita,
perfetta fin dalla nascita,
ma sgorgare di sorgente e lungo tragitto di fiume
dai molteplici meandri, qualche volte in secca,
altre volte traboccante,
ma sempre in cammino verso il mare infinito.

(M. Quoist)

Il segreto dell’amore

Non basta all’amore di essere partecipati, bisogna che sia partecipato liberamente, perché nella costrizione non vi può mai essere felicità. Un amore disinteressato che si riversa su un oggetto egoista non dà una felicità completa: non perché l’amore abbia bisogno, per amare, di ricambio o di ricompensa, ma perché riposa nella felicità dell’amato. E se questi riceve l’amore egoisticamente, l’amante non è soddisfatto, perché vede che il suo amore non è riuscito nell’intento di rendere felice l’amato, non ha risvegliato in lui la capacità di amare senza egoismo.

Di qui il paradosso che l’amore disinteressato può riposare completamente solo in un amore perfettamente ricambiato: perché sa che la sola vera pace si trova in un amore che non cerca se stesso. Un tale amore accetta di non essere amato disinteressatamente per amore di colui che ama e, nel far così, perfeziona se stesso.

Il dono dell’amore è il dono della potenza e della capacità di amare e quindi darlo in pieno vuol dire anche riceverlo.

Così lo si può conservare solo se lo si dona e lo si può donare perfettamente solo se lo si riceve.

(T. Merton)

Signore, aiutami!

Signore, aiutami a dire la verità davanti ai forti 
e a non mentire per avere l’applauso dei deboli. 
Se mi dai fortuna, non togliermi la ragione. 
Se non ho fortuna, dammi la forza per trionfare sul fallimento. 
Se mi dai successo, non togliermi l’umiltà. 
Se mi dai l’umiltà, non togliermi la dignità. 
Se sarò in difetto con la gente, 
dammi il coraggio di chiedere scusa 
e se la gente mancherà con me 
dammi il coraggio di perdonare. 
Signore, se mi dimentico di te, 
non ti dimenticare di me.

(Gandhi)

Un tempo da non perdere

Signore, 
donami anche oggi la forza 
per credere, per sperare, per amare. 

Non lasciarmi a metà strada 
invischiato nelle mille cose 
che non mi bastano più. 

Lascia che mi fermi anch’io 
ogni giorno ad ascoltarti 
per riprendere poi il cammino 
lungo le strade che mi dai da percorrere. 

Liberami perciò da tutto ciò 
che mi appare indispensabile e non lo è, 
da ciò che credo necessario 
e invece è solo superfluo, 
da ciò che mi riempie e mi gonfia 
ma non mi sazia, 
mi bagna le labbra 
ma non mi disseta il cuore. 

Sì, lo so che tu vuoi farlo 
ma aiutami a lasciartelo fare 
sempre, subito!

(Anonimo)

L’amore crocifisso

Il nostro amore deve essere crocifisso: 
nella mente, con le oscurità 
nel cuore, con le aridità 
nella vita, con le contrarietà 
nell’onore, con le ingiustizie 
nella dignità, con le umiliazioni 
nelle persone care, con l’ansietà 
negli ideali, con i disinganni 
nelle speranze, col vuoto 
nelle preghiere stesse, con la sterilità 
nell’apostolato, con l’insuccesso 
nella carità, con l’ingratitudine 
nel corpo, con i malanni 
nelle necessità, con la povertà 
negli slanci dello spirito, col peso delle miserie. 

Quando in questa completa crocifissione 
l’anima crede 
l’anima spera 
l’anima ringrazia 
l’anima rimane fedele a Dio 
l’anima glorifica tutte le cose 

allora essa Lo ama.

(D. Dolindo Ruotolo)

Il miracolo dei gesti semplici

resurrezione del ragazzo (colored)

In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo».
Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
( dal Vangelo di Luca 7,11-17)

Papa Francesco prende un rosario lanciato al volo da un pellegrino…
Papa Francesco, finita la messa, esce per primo e saluta i fedele sulla porta della chiesa…
Papa Francesco aiuta una signora disabile a prendere la borsa che le è caduta….
Papa Francesco inizia sempre i suoi discorsi con “buon giorno” e “buona sera”…
Non possiamo riconoscere che molto spesso sono queste le notizie che vengono messe in prima pagina riguardo papa Bergoglio.
Come mai fa così tanto notizia che un papa raccolga una borsa caduta ad una signora o che dica “buona sera”? Forse perché i gesti semplici di umanità quotidiana stanno diventando rari?
Nel Vangelo di questa domenica uno degli elementi di straordinarietà non è tanto la resurrezione del morto, ma proprio il gesto di profonda umanità che Gesù compie avvicinandosi con vera e sincera compassione a questa vedova che piange il figlio morto. Se a noi pare una cosa scontata, non lo era affatto al tempo di Gesù. Le vedove e gli orfani erano le categorie più deboli di quel tempo, e più volte anche i profeti richiamavano ai credenti di Dio la priorità della carità verso di loro, segno che molto spesso erano abbandonati al loro destino di povertà anche da chi si considerava religioso e fedele a Dio.
Gesù è straordinario anche e prima di tutto in questa compassione (compatire… cioè provare lo stesso dolore) che lo muove a fare quello che è in suo potere, superando anche pregiudizi e chiusure. Gesù si troverà molto spesso di fronte alla scelta di mettersi dalla parte del povero, e non avrà dubbi di agire sempre per il bene dell’uomo, anche se questo lo porta a trasgredire le regole “religiose” del suo tempo (ad esempio quando opera guarigioni in giorno di sabato…).
Gesù viene acclamato profeta, e in Lui viene vista la potenza della presenza di Dio. Questo accade per la sua capacità di resuscitare dai morti (secondo le profezie legate alla venuta del Messia), ma anche per la sua estrema compassione e capacità di toccare le povertà umane in nome di Dio.
Noi non siamo capaci di resuscitare i morti, perché questa rimane una prerogativa di Dio, ma abbiamo la stessa capacità di Gesù di compatire e di non rimanere ciechi difronte alle povertà e sofferenze di chi incrociamo sulla nostra strada.
Molto spesso si tratta di gesti piccoli e ordinari, con i quali possiamo rendere “miracolosa” la nostra umanità, facendola specchio dell’umanità di Cristo.
Un papa che fa gesti veri e sinceri di piccola umanità non sminuisce certo il suo ruolo di capo della Chiesa universale, anzi forse la esalta. Se in tempi passati (ma anche recenti purtroppo) l’autorità si serviva del distacco umano e della distanza per sottolineare il proprio ruolo e il proprio compito in mezzo (e sopra) gli altri, Gesù nel Vangelo ci ricorda che proprio il più grande per essere riconosciuto come tale deve farsi piccolo e vicino ai piccoli, anche a costo di apparire inadatto e magari ridicolo agli occhi di molti.
Gesù stupiva quando andava mangiare con i peccatori, quando si intratteneva con i bambini, quando parlava con donne e con coloro che erano ritenuti lontani da Dio. Gesù stupisce anche in questo suo piangere per una povera vedova. Ed è proprio così che mostra la sua vera umanità divina, e insegna a noi a fare altrettanto, anche con i gesti semplici della vita di tutti i giorni.

Giovanni don

 

DAI SEGNI DEL POTERE AL POTERE DEI SEGNI
di Tonino Bello, vescovo di Molfetta (1935-1993)

“Sulle Murge baresi da cui provengo, ho visto passare cingolati, carri armati di media stazza: 3 miliardi l’uno!!! Si costruirebbero caseggiati con 35 alloggi per ospitare 35 famiglie senza tetto. Non ci sarebbe bisogno degli episcopi per tamponare; qualcuno dice: “Cosa fai? metti negli episcopi gli sfrattati .. va bé .. ma cosa fai? due, tre, cinque famiglie nelle chiese … ma sono tanti gli sfrattati!!”

Vedete, noi come credenti ma anche come non-credenti non abbiamo più i segni del potere. Se noi potessimo risolvere tutti i problemi degli sfrattati, dei drogati, dei marocchini, dei terzomondiali, i problemi di tutta questa povera gente, se potessimo risolvere i problemi dei disoccupati, allora avremmo i segni del potere sulle spalle. Noi non abbiamo i segni del potere, però c’è rimasto il potere dei segni, il potere di collocare dei segni sulla strada a scorrimento veloce della società contemporanea, collocare dei segni vedendo i quali la gente deve capire verso quali traguardi stiamo andando e se non è il caso di operare qualche inversione di marcia. Ecco il potere dei segni e i segni del potere. I segni del potere non ne abbiamo più, non dobbiamo averne; ecco perché non dobbiamo neanche affliggerci.

Io come Vescovo adesso non mi debbo affliggere più che tanto perché ci sono 3.000 marittimi nella mia città di Molfetta che sono sbarcati perché ormai le compagnie navali sono in crisi, imbarcano i terzomondiali ecc.Non devo risolvere io il problema ma le istituzioni; però io devo esprimere solidarietà con questa gente, devo dividere cioè il loro pane nero. Non devo dividere soltanto la mia ricchezza ma devo dividere anche la loro miseria, la povertà di quella gente, lo stile, la sofferenza, tutti grossi problemi”

Signore non ci capisco più niente

Signore mio Dio 
non ho alcuna idea dove io stia andando. 
Non vedo il cammino davanti a me. 
Non posso sapere di sicuro dove andrà a finire. 
E neppure conosco veramente me stesso, 
e il fatto che io pensi stia seguendo la tua volontà 
non significa che io lo stia veramente facendo. 

Ma credo che il desiderio di farti piacere davvero ti piaccia. 
E spero di avere questo desiderio in ogni mia azione. 
Spero di non fare mai nulla al di fuori di questo desiderio. 
E so che, se agirò così, tu mi guiderai per il giusto cammino, 
anche se posso non saperne nulla. 

Per questo avrò fiducia in te sempre 
anche se potrà sembrarmi di essermi perso 
e di trovarmi nell’ombra della morte. 
Non avrò timore perché tu sei sempre con me, 
e non mi lascerai mai solo di fronte ai miei pericoli.

(T. Merton)

La carezza

La carezza libera le mani dalla propria prigionia. 
Nelle tue mani, le mie. 
Nelle mie, le tue. 
Nelle nostre, le mani di ogni uomo 
in cerca di carezza. 
La carezza permette alle mani 
di portare nel corpo la pace, 
smascherando la violenza 
come forma inutile di relazione. 
Perché la vera pace inizia da dentro di me, 
dal mio corpo. 
La carezza riconcilia il mio corpo 
con la propria forma. 
E’ in essa e con essa 
che il mio corpo ritrova 
la propria forma originaria. 
Le mani sono come le porte dell’anima. 
Soltanto l’amore libera le tue mani 
dalla paura di dover perdere ciò che donerai.

(M. Illiceto)