Il contadino e la pietra

In tempi antichi un re fece collocare una pietra enorme in mezzo ad una strada. Quindi, nascondendosi, rimase ad osservare per vedere se qualcuno si sarebbe preso la briga di spostare la grande pietra che troneggiava in mezzo alla strada.

Alcuni mercanti ed altri sudditi molto ricchi passarono da lì e si limitarono a girarle attorno; altri protestarono contro il re dicendo che non manteneva le strade pulite, ma nessuno di loro provò a muovere la pietra da lì. Ad un certo punto passò un campagnolo con un grande carico di verdure sulle spalle; avvicinandosi all’immensa roccia poggiò il carico al lato della strada per tentare di rimuoverla.

Dopo molta fatica e sudore riuscì finalmente a spostare la pietra, spingendola fino al ciglio della strada. Tornò indietro a prendere il suo carico e notò che c’era una piccola borsa nel luogo in cui prima stava la pietra.

La borsa conteneva molte monete d’oro e una lettera scritta dal re che diceva che quell’oro era per la persona che avesse rimosso la pietra dalla strada. Il campagnolo imparò quello che molti di noi neanche comprendono: “Tutti gli ostacoli sono un’opportunità per migliorare la nostra condizione”.

(Anonimo)

La rondine e la piuma

Certo, sia la rondine sia la piuma si librano nell’aria, ma la differenza è netta: la rondine sceglie la traiettoria, naviga contro il vento opponendogli il suo petto carenato; la piuma, invece, è sospinta da ogni corrente d’aria, è succube a ogni soffio. Una domanda s’impone: e noi come siamo? Siamo rondini libere e sicure o piume agitate da ogni brezza e variabilità?

(G.Ravasi)

Una preghiera senza Dio

preghiera intercettata (colored)

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
(dal Vangelo di Luca 18,9-14)

E’ possibile pregare senza credere in Dio?
Sembra un controsenso una affermazione del genere… ma in realtà è possibile che accada. E’ possibile cioè che nella nostra preghiera, anche quando è lunga e ben strutturata, sia assente Dio, e chissà quante volte è capitato anche a me, a noi, di farlo.
Gesù ci presenta due persone che pregano: il fariseo innalza al cielo una preghiera più lunga e strutturata, rispetto al secondo, il pubblicano, che invece pronuncia poche parole. Dal punto di vista spaziale, il fariseo è più vicino al segno sacro del Tempio, quindi appare più vicino a Dio, mentre il pubblicano rimane lontano (per scelta o anche perché non poteva proprio farlo secondo le leggi religiose del tempo). Il fariseo sta in piedi e parla a lungo nella sua preghiera, mentre il pubblicano è piegato e alle poche parole aggiunge una preghiera “fisica”, battendosi il petto.
Ma la differenza vera tra queste due preghiere è evidenziata da Gesù, nel suo giudizio finale su questi due oranti: il fariseo prega senza Dio, il pubblicano, al contrario, è li proprio perché ha solo in Dio la sua fiducia.
E’ possibile pregare senza Dio, se la preghiera diventa un elenco di “io… io… io..”: io faccio questo, io ho bisogno di questo, io penso questo… e così concentrati sull’io di dimentica Dio che vuole comunicare qualcosa a noi, anzi, vuole comunicare se stesso a noi. Il fariseo riduce Dio ad uno che deve solo constatare e verificare se tutto è stato fatto secondo le regole, come quei moduli che si compilano on-line su internet, dove se sbagli una spunta o non immetti la parola giusta nello spazio del modulo, ti appare una finestrella rossa che ti dice “errore”…
La preghiera del pubblicano è invece tutta piena di Dio. La stessa postura del corpo (capo chinato in segno di totale affidamento… perché chi è sulla difensiva invece guarda diritto davanti e sta attento che l’altro non lo freghi…) indica che si fida di Dio e ne riconosce la totale superiorità. Nella sua preghiera non c’è molto spazio per “io”, ma un totale spazio per “Dio”. Gesù sentenzia alla fine che è questo pubblicano che viene giustificato, perché ha cercato la relazione con Dio e a lui si affida, molto più dell’altro, così concentrato su di se da arrivare non solo ad escludere Dio ma anche il prossimo (“non sono come gli altri…”). Penso proprio che Gesù anche stavolta ha spiazzato i suoi ascoltatori e li ha messi in crisi.

Qualche tempo fa ha fatto parlare molto quella uscita di papa Francesco sulle persone omosessuali. Era in aereo di ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Rio, e alla domanda su cosa pensava delle lobby gay nella chiesa, è uscito con una espressione fatta con quella spontaneità che lo caratterizza (e che sta un po’ rivoluzionando il modo di comunicare della Chiesa e nella Chiesa): «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». Poche semplici parole per riconoscere una cosa molto ovvia quanto fondamentale: al di la delle scelte personali di vita, dei percorsi più o meno tortuosi che portano le persone anche a vite diverse più o meno lontane dalle consuetudini e leggi della Chiesa, rimane fondamentale la ricerca di Dio e la fede, che non vanno mai giudicate! Come cristiani, invece di affrettarci a sottolineare e giudicare le scelte di vita, sosteniamoci e incoraggiamo la scelta più importante che è cercare Dio e sentirsi amati da lui. Come cristiani siamo chiamati a fare noi per primi una conversione dall’ io a Dio, sapendo bene che, mettendo al centro Dio, ritrovo in Dio me stesso e il mio prossimo da amare.
Se ritroviamo Dio e davvero ci affidiamo a lui, le nostre preghiere diventeranno sempre più vere, e davvero ci cambieranno nel profondo, perché sono espressione di una relazione che davvero cerchiamo con Lui.

Giovanni don

 

L’amore di Dio

L’amore di Dio 
è candido come la neve in inverno. 
E’ ardente come 
la sabbia in estate. 
Ti riscalda come 
il calore di un camino acceso. 
Ti accoglie come 
il sorriso di un bambino gioioso. 
Ti abbraccia come 
il genitore più affettuoso. 
Non ti lascia mai solo, 
non farlo sentire solo.

(C. Corte)

La gioia!

Caccia da te la tristezza perché è sorella del dubbio e dell‘ira. Tu sei un uomo senza discernimento se non giungi a capire che la tristezza è più malvagia di tutte le passioni e dannosissima ai servi di Dio: essa rovina l‘uomo e caccia da lui lo Spirito del Signore…
Armati di gioia che è sempre grata e accetta a Dio. Deliziati di essa.
L‘uomo allegro fa il bene, pensa il bene ed evita più che può la
tristezza. L‘uomo triste invece opera il male, prima di tutto perché  contrista lo Spirito Santo, fonte all‘uomo non di mestizia ma di gioia; in secondo luogo perché tralasciando di pregare e lodare il Signore commette una colpa… Purificati dunque da questa nefanda tristezza e vivrai in Dio. E vivranno in Dio quanti allontanano la tristezza e rivestono la gioia.
(Dal pastore di Erma)

Passa tranquillamente

Passa tranquillamente tra il rumore e la fretta, e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio. 
Finché è possibile sii in buoni rapporti con tutte le persone. 
Dì la verità con calma e chiarezza; ascolta gli altri, anche i noiosi e gli ignoranti; anche loro hanno una storia da raccontare. 
Evita le persone volgari e aggressive; esse opprimono lo spirito. 
Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine, perché sempre ci saranno persone più in basso o più in alto di te. 
Gioisci dei tuoi risultati così come dei tuoi progetti. Conserva l’interesse per il tuo lavoro per quanto umile; è ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo. 
Sii prudente nei tuoi affari, perché il mondo è pieno di tranelli. Ma ciò non accechi le tue capacità di distinguere la virtù; molte persone lottano per grandi ideali e dovunque la vita è piena di eroismo. 
Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti e neppure sii cinico nei confronti dell’amore; poiché a dispetto di tutte le aridità e disillusioni esso è perenne come l’erba. 
Accetta benevolmente gli ammaestramenti che derivano dall’età, lasciando con un sorriso sereno le cose della giovinezza. 
Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l’improvvisa sfortuna. Ma non tormentarti con l’immaginazione. Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine. 
Al di là di una disciplina morale, sii tranquillo con te stesso. 
Tu sei figlio dell’universo, non meno degli alberi e delle stelle; tu hai diritto ad essere qui. 
E che ti sia chiaro o no, non vi è dubbio che l’universo ti si stia schiudendo come dovrebbe. 
Perciò sii in pace con Dio; comunque tu lo concepisca, e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni, conserva la pace con la tua anima pur nella rumorosa confusione della vita. 
Con i suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti, è ancora un mondo stupendo. 
Fai attenzione. Cerca di essere felice.

(Anonimo)

Il regalo migliore

Cresciuto in una mentalità politico-borghese, Anselmino si è abituato a portare un regalo ai suoi amici e familiari ogni volta che scadeva un anniversario, una ricorrenza, un compleanno o comunque una festa di famiglia.
Era tutto un lambiccarsi il cervello per cercare un regalo indovinato e che non fosse uguale al precedente.
Romolo, il suo più grande amico, per alcuni anni non lo vide arrivare in casa il giorno del suo compleanno. Motivo? Aveva, secondo lui, esaurito la fantasia e il valore dei regali che doveva essere sempre superiore al precedente. Senza dir niente a nessuno, aveva risolto il problema standosene a casa o comunque fingendo lunghe assenze da casa.
Appena l’amico Romolo seppe una cosa del genere, si precipitò a casa di Anselmino per dirgli: per me è lo stesso se mi porti una rosa, se mi porti una foglia, se mi porti un petalo, se non mi porti niente.
L’importante è che sia tu a portarmi qualcosa.
Sei tu che mi interessi.
Non vale ciò che rechi, ciò che dici, ciò che fai.
Per me vale ciò che sei.
Portami il regalo più grande: portami te stesso, la tua amicizia.
Dio mi dice: “Andrea, forse non sai chi sei. Lo vuoi sapere chi sei per me? Guarda verso il Calvario e capirai qual è la tua fisionomia per me… e avrai chiaro il valore che sei e che hai dal prezzo con cui ti ho pagato.
Ogni volta che vieni per lasciarti perdonare, mi fai il dono più grande: la tua grande fiducia è garantita dalla grande miseria che mi doni.

(A. Panont)

Il mio nome è Io sono

Stavo rimpiangendo il passato e temendo il futuro. 
Improvvisamente il mio Signore parlò: 

“Il mio nome è Io sono”. 
Dio fece una pausa. 
Attesi. Dio continuò: 

Quando vivi nel passato con i tuoi errori e rimpianti, è duro. 
Io non sono lì. Il mio nome non è Io ero. 

Quando vivi nel futuro con i tuoi problemi e timori, è duro. 
Io non sono lì. ll mio nome non è Io sarò. 

Quando vivi in questo momento non è duro. 
Io sono qui. Il mio nome è Io sono

(Anonimo)

Avvicinarsi all’altro

Il nostro primo compito nell’avvicinarci a un’altra persona, a un’altra cultura, a un’altra religione è di toglierci i calzari perché il luogo a cui ci stiamo avvicinando è sacro. Sennò potremmo ritrovarci a camminare in un altro sogno. Cosa ancor più grave, potremmo dimenticare che Dio era lì prima del nostro arrivo.

(Rivista Concilium)

L’acqua e la barca

Rosari a RadioMaria (colored)

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
(dal Vangelo di Luca 18,1-8)

Qualche giorno fa, qui in parrocchia, abbiamo fatto il primo di una serie di incontri di catechesi al quale insieme a me hanno partecipato alcuni adulti della parrocchia e anche fuori parrocchia. Il tema proposto era: “Quale immagine di Dio ho?”. Forse sembra un argomento troppo astratto, ma in realtà è fondamentale chiedersi quale idea abbiamo di Dio ancor prima di interrogare la Bibbia per capire quale idea ci vuole trasmettere Dio di se stesso, e soprattutto quale idea di Dio ci vuole insegnare Gesù.
Ha guidato l’incontro un amico laico formatore e laureato in teologia, Gustavo, che ha proposto al gruppo una dinamica semplice quanto efficace. Dopo aver sparso una serie di immagini su un tavolo, ha chiesto a tutti di sceglierne una che potesse rappresentare quale idea abbiamo noi di Dio (“Dio per me è come…”).
E’ stato molto interessante confrontarci tra adulti su questa nostra idea di Dio, perché dal modo in cui paragonavamo Dio, emergeva anche molto della nostra vita di fede e del nostro rapporto con la religione.
OLYMPUS DIGITAL CAMERA
Era presente all’incontro anche mia sorella, che ha scelto una immagine dando una spiegazione che mi ha spiazzato e fatto riflettere. L’immagine scelta era quella di una barca che galleggia sull’acqua. Subito ho pensato che avrebbe paragonato Dio alla barca, dicendo che Dio è come una scialuppa a cui affidarsi nei momenti di difficoltà, un Dio-rifugio dai problemi della vita che a volte ci fanno affondare. Ha invece paragonato Dio all’acqua che sostiene la barca, senza la quale la barca non ha senso e non si muove. Noi siamo sempre immersi in Dio, anche se non ce ne accorgiamo, e la nostra vita (la barca) va avanti con le nostre forze di rematori. Il remare non ci viene risparmiato ed è giusto che sia così, ma Dio rimane presente sempre, anche quando non ce ne accorgiamo.
Mi è molto piaciuta questa immagine di Dio che rispetto a me piccolo uomo rimane fondamentale e immenso, come lo è il mare rispetto alla piccola barca, ma non mi toglie responsabilità e libertà nel piccolo della mia vita.
Gesù nel Vangelo usa una immagine altrettanto spiazzante per parlare di preghiera e per farci capire cos’è questa realtà così fondamentale dell’esperienza di fede.
Tutti facciamo fatica a pregare, e spesso ci domandiamo se ha senso e vera efficacia. Mi consola trovare questo insegnamento nel Vangelo, questo significa che Gesù stesso comprende che la preghiera non è mai scontata e che faticare è previsto.
E per dire cosa lui pensa usa l’immagine del giudice senza pietà che viene piegato dall’insistenza della vedova. Questa donna è così convinta che riceverà prima o poi giustizia, che non si perde d’animo e insiste nel chiederla a questo duro giudice. Gesù mette l’accento non tanto sul giudice ma su questa donna e la sua tenacia. E’ davvero un esempio di fede perché lei sa che non verrà delusa nella sua ricerca di risposte, anche se ci metterà del tempo. Tutto sembra contro di lei e sicuramente molti avrebbero potuto dirle di lasciar stare perché con un giudice così non serve insistere. Poteva anche lei stessa arrendersi all’evidenza della non-risposta, perché in fondo è solo una povera vedova, donna senza alcun diritto e considerata nulla nella società del tempo.
Ma lei insiste fiduciosa, e viene premiata dalla sua tenacia.
Pregare è difficile perché Dio non risponde come noi vogliamo e con i nostri tempi e metodi. Pregare è difficile e sembra diventare inutile perché forse abbiamo un idea sbagliata di Colui al quale rivolgiamo la preghiera, e noi stessi non capiamo chi siamo e quale ruolo abbiamo nella vita e davanti a Dio.
La preghiera è un dialogo che ha come primo obiettivo non ottenere qualcosa, anche se legittimo e positivo (specialmente quanto chiediamo una cosa buona per qualcuno che sta male o qualcosa di buono per l’umanità intera come la pace…). La preghiera ha come primo obiettivo incontrare Dio, sentire che senza di Lui noi non siamo nulla, e che in lui trovano senso i nostri sforzi quotidiani di vivere e crescere. La preghiera è anche la porta che apriamo a Dio perché entri nell’intimo del cuore, là dove prendiamo le nostre decisioni più vere, là dove amiamo e soffriamo. La preghiera è un incontro tra me e Dio per farmi accorgere che io, che ne sia consapevole o meno, sono sempre immerso in Lui e la mia vita trova senso e direzione in Lui.
Non è facile pregare perché non è facile credere e affidarsi a Dio, specialmente in certi momenti nei quali Dio sembra un giudice assente che non risponde alle nostre domande più legittime.
Anche Gesù sulla croce ha sperimentato questa “durezza” di Dio, ma anche li, nel momento nel quale sembrava più abbandonato dal Padre e più solo, ha continuato a pregare, ha continuato ad affidarsi a Dio senza il quale davvero sarebbe stato davvero perso e morto.
Credo che sia per questa difficoltà personale nella preghiera che la Chiesa ci insegna a pregare insieme. La preghiera fatta con altri è un vero dono e un aiuto senza il quale davvero non riuscirei a pregare. Ci sono momenti in cui prego da solo, ma anche tanti (come la Messa domenicale) nel quali prego con una comunità di persone come me che vive le mie stesse difficoltà ma nello stesso tempo mi sostiene.
Usando l’immagine iniziale scelta da mia sorella per parlare di Dio, penso che la preghiera insieme è come una regata di barche, di diversa grandezza e velocità, tutte immerse nell’unico mare che le sostiene, ed insieme navigano, pronte a soccorrersi se qualcuna rallenta troppo o magari rischia di affondare.

Giovanni don