S. Luca. Evangelista, medico e pittore della Misericordia di Cristo
di Giovanni Succurro.
San Luca è l’evangelista che ci accompagnerà, nella liturgia della Parola, durante l’
anno della Fede.
San Luca è “il caro medico” (come lo chiama S. Paolo nella lettera ai Colossesi) che segue l’apostolo delle genti nel secondo e nel terzo viaggio apostolico.
Autore del Vangelo e degli Atti degli apostoli, due opere non separate ma che costituiscono, secondo l’intenzione dell’autore, un unico progetto unitario.
La figura di Gesù che emerge da questo vangelo è molto originale: Luca, infatti, afferma di aver condotto ricerche personali e molto accurate per conoscere la realtà delle opere e delle parole di Gesù di Nazareth, scoprendo così aspetti inediti.
Ad esempio i cosiddetti “vangeli dell’infanzia”, pagine preziosissime e uniche per la tradizione cristiana, pagine che tratteggiano i momenti che storicamente precedettero la Natività del Figlio di Dio, sono un regalo dell’intuizione lucana che non esitò per “deformazione professionale” a «fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi».
Lo stesso Card. Ravasi afferma e conferma quanto detto: “La ricerca di Luca è degna della massima credibilità perché ha seguito passo dopo passo ogni avvenimento narrato, in modo serio e scrupoloso, su tutto e su ogni singola notizia e perché ha cercato di risalire fino alle origini”.
Il leitmotiv dell’opera però risulta essere uno: l’
amore misericordioso di Gesù. Il cuore di Cristo è posto al centro e possiamo dire che costituisce la chiave di lettura dell’intero Vangelo. Una narrazione colta nella sua autenticità se letta alla luce dell’amore senza limiti di Dio. Solo Luca riporta la parabola del figlio prodigo, della dracma perduta e del buon samaritano.
È Gesù il buon samaritano che si ferma, che fascia le ferite, che versa olio e vino, che paga l’albergo “fino al suo ritorno”. Il Signore, mediante la sua Incarnazione si è fermato con noi, ha voluto sostare ponendo la sua dimora; ci ha fasciato le ferite del peccato, mentre, indirizzati verso Gerico, città ritenuta paganizzante, siamo incappati nei briganti. Quando, privi della grazia di Dio e cioè “mezzi morti” , il Signore versa olio e vino, elementi dagli echi sacramentali e, sempre a sue spese, ci porta nell’albergo, la Chiesa, “donec venias” (nell’attesa della sua venuta!).
È ancora l’evangelista Luca che parla della premura di Gesù per i poveri. Con accenti più amorevoli degli altri. Ci presenta il Signore commosso davanti alla
vedova di Nain a cui dice “Non piangere”; che accoglie la
peccatrice in casa di Simone il fariseo, che cambia il cuore sordido di
Zaccheo in un cuore pentito e generoso; Zaccheo scende dall’albero delle sue illusioni, delle sicurezze insicure, e cambia vita restituendo “quattro volte tanto”.
Questi sono i veri miracoli di Gesù, più grandi della tempesta sedata, della moltiplicazione dei pani, della risurrezione di un giovane. Sono questi gli eventi storici che meritano maggiore attenzione. Quando Gesù placa la tempesta dell’anima e vi moltiplica la sua pace, quando risuscita la vita di grazia perduta “verso Gerico”, un’esperienza che rende più felici del ritrovamento di una moneta, per quanto sia preziosa. E poi il padre che corre incontro al figlio, che fa festa, che uccide il vitello grasso.
San Luca non descrive, dipinge tutto con una minuzia quasi chirurgica direi, solo di un medico, solo di un appassionato di Cristo, solo di un santo. Personalmente, poi, mi colpisce sempre un dettaglio in più che Luca riporta rispetto agli altri, mi riferisco allo sguardo di Gesù a Pietro, immediatamente dopo il rinnegamento. Proprio il primo degli apostoli a cui Cristo diede le “chiavi del Regno”, che confessò uomo-Dio Gesù di Nazareth, che vide il Signore compiere prodigi strepitosi e azzittire i farisei, proprio lui, afferma di non conoscerlo. Certo quello che in pochi istanti avveniva sotto i suoi occhi non era previsto. Per niente, o quantomeno non in questo rapido evolversi, sicuramente senza il bacio di Giuda. E quanto gagliardamente affermato poche ore prima, “Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte”, pareva eclissarsi dietro un senso di sgomento senza controllo, non riuscendo a riconoscere il Pietro di sempre, intrepido e dall’animo duro come le mani del pescatore. San Giovanni Crisostomo però magistralmente commenta: “La caduta di Pietro ci predica la fragilità della natura dell’uomo, quando esso non è sostenuto da Dio”. “E uscito, pianse amaramente”. A tal proposito vorrei riportare quanto dice a riguardo Mons. Fulton Shenn, ausiliare di New York negli anni sessanta: “Mosè percosse la roccia e ne scaturì acqua, Cristo guardò la Roccia (Tu sei Pietro…) e ne scaturirono lacrime.” Non uno sguardo di rabbia, non di delusione, ma solo perdono. Proprio questo scosse il cuore di colui che venne scelto per guidare la Chiesa di Cristo, e anche se una antica tradizione afferma che ogni qualvolta san Pietro udiva il canto del gallo scoppiasse in pianto, ciò non volge a discapito dell’amore che ciascuno di noi dovrebbe nutrire per la Chiesa.
“Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro celeste”.
La perfezione sta in questo. Luca dice “
misericordiosi”, Matteo “
perfetti”, ma non si oppongono, si completano! Il cristiano e ancor di più un membro dell’AdP, si distingue nell’esercizio di questa virtù. La perfezione sta nell’amore che si traduce nelle opere di misericordia, sia materiale che spirituale, e qui il catechismo ci viene incontro.
Questo tempo di grazia ci sia propizio per entrare sempre meglio nel “Cuore che tanto ha amato il mondo”, mistero che San Luca ha meravigliosamente centrato.