Una famiglia “non normale”

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Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
(dal Vangelo di Luca 2,22-40)

 

Non esiste “la famiglia”. Non esiste la famiglia come concetto astratto partorito da teorie e ragionamenti che non hanno un contatto con l’esperienza concreta e “di carne”.
Esistono “le famiglie”, quelle concrete e “di carne”, tante e diverse tra loro. E tra queste c’è anche la famiglia di Gesù.
Cercare un modello unico di “vera e santa” famiglia, significa tagliare fuori le “vere e concrete” famiglie che vivono la loro esperienza in modo unico e diverso dalle altre.
Quando vedo un’immagine di famiglia rappresentata da una pubblicità, oppure una famiglia raffigurata sulla copertina di una rivista cattolica, oppure una famiglia di personaggi famosi in qualche servizio televisivo, mi domando sempre se sia possibile identificarsi con esse e se, pensando alla propria esperienza di famiglia, gli elementi di somiglianza siano maggiori o minori rispetto a quelli di differenza.
In alcuni incontri in preparazione alla festa del Natale ho voluto confrontarmi sull’esperienza di famiglia con i ragazzi della parrocchia e con i loro genitori. Ho fatto vedere loro un video con una lunga serie di immagini che rimandavano ad altrettante esperienze diverse di famiglia: la famiglia fatta di tanti figli e quella con pochi figli o figli unici; la famiglia con un solo genitore perché l’altro per diversi motivi (morte o separazione) non c’è’ più: la famiglia allargata a parenti e nonni; la famiglia che vive la sofferenza di una malattia temporanea e quella che ha al suo interno una o più persone disabili; la famiglia famosa delle riviste e quella straniera e sconosciuta; la famiglia perfetta della pubblicità e quella che viene raccontata in film o telefilm; c’era anche più di una immagine che rimandava alla santa famiglia di Nazareth…
Ho chiesto quale delle famiglie fosse più vicina alla loro esperienza e quale poteva esser un modello di famiglia oggi. Nessuno si è riconosciuto al 100% in una sola famiglia delle famiglie rappresentate nel video. Tutti vedevano un qualcosa di simile ma anche molte differenze. E, stranamente, nessuno si è riconosciuto nella Sacra Famiglia. Anzi sembrava che la famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria fosse più da guardare da lontano piuttosto che conoscerla e cercarne la somiglianza: quella è una famiglia da mettere sull’altare ma non da confrontarsi realmente con la vita.
Gli elementi comuni sottolineati erano invece pochi, ma erano fondamentali in modo da poter avere una vera esperienza di famiglia nella quale riconoscersi tutti: la famiglia nasce dalla scelta d’amore di due persone che decidono di costruire una storia attorno a questo sentimento, e credono che questo amore davvero generi vita. Per “generare vita” intendo non solo la vita fisica di un figlio ma anche la vita interiore si tutti i componenti della famiglia stessa. Dove c’è amore allora è possibile che nasca e si sviluppi la vita. Dove questo amore non c’è e viene quindi lasciato il posto al conflitto, allora la famiglia muore e diventa “mortale” per chi ne fa parte.

      La famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria è una vera famiglia non perché risponde a modelli fissi e precostituiti. Anzi questi modelli li scardina un bel po’. Il vangelo infatti, che della Sacra Famiglia ci dà pochi ma essenziali tratti, non evita di raccontare tutte le disavventure di questa famiglia che fin dalla sua nascita è segnata dall’originalità. Ci viene infatti raccontato che Giuseppe è tentato di ripudiare la sua sposa perché il figlio che lei aspetta non è suo. La famiglia poi non riesce a trovare un posto tranquillo e normale dove metter al mondo il bambino. Infine è una famiglia che è destinata alla fuga, braccata dalla legge del suo tempo (Erode).

 

      Ma in tutta questa vicenda così “storta” e problematica, la Sacra Famiglia è unita dall’amore e dalla fiducia in Dio. Nella famiglia di Nazareth nasce la vita, non perché tutto è “secondo la norma”, ma perché vi abita Dio e prospera l’armonia di chi la costruisce (Giuseppe e Maria) e di chi l’ha voluta da sempre (lo Spirito di Dio)

 

      Le nostre famiglie non ricerchino troppo di esser “nella norma” e “come tutte le altre”. Le nostre famiglie ricerchino innanzitutto di volersi bene davvero, anche oltre le difficoltà e le apparenze. E in questa ricerca dell’amore che genera vita, per me è fondamentale lasciare che Dio entri dentro quotidianamente.

 

      Nella famiglia di Nazareth non abbiamo quindi un modello, ma una speranza, un incoraggiamento, una “buona notizia” (cioè un “vangelo”) che davvero tutti possiamo vivere e gioire dell’esperienza della famiglia, in qualsiasi situazione siamo e anche oltre i giudizi.

 

      Giovanni Don

 

 

 

Voglia di Natale

Non
avete notato?
C’è nell’aria e nel cuore
tanta voglia di natale. Vi siete
chiesti il perché? Si dice che a Natale
tutti ci si sente più buoni. Ma perché Dio si è messo
in cammino per incontrare i suoi figli che si erano perduti,

e la bontà, il perdono, la gioia vera si sono sposati in ogni uomo che nasce

nel Dio che si è fatto bambino, per regalarci il perdono e la pace. Il canto di gloria e di gioia
e di pace
degli angeli
nella stalla di Betlemme,
lungo la storia l’abbiamo sfumato,
trasformato, dimenticato e stonato. E’ sì rimasto
il Natale ma ha camminato altrove, la gioia e la pace del

Bambino Santo si è cambiata in festa di regali, lucette sfolgoranti,

ferie esotiche, ma il mondo non ha ancora trovato la Pace. Forse ci stiamo

dimenticando che è Natale perché Dio si è incarnato per ridarci la vita, insegnarci il

perdono, abbattere i muri creare famiglia. Ecco perché quest’anno sentiamo tanta voglia
di natale. Che Dio nasca nell’Iraq martoriato, che Gesù
rinasca fra
le macerie
di terremoti
e tsunami,
che rinasca
nei cuori di
milioni di
bambini
sfruttati, violentati, sfigurati e uccisi;
che rinasca nella sua Betlemme
dilaniata e nella Gerusalemme divisa
e nel cuore di ogni uomo di buona
volontà. Sì, la voglia di natale, del
natale vero si respira nell’aria e
negli occhi di tutti gli uomini.
Vieni Signore Gesù.

(P. Gianni Fanzolato)

Gesù bambino, se tu nascessi quest’anno

Gesù bambino se tu nascessi oggi dove sarebbe la tua dimora?           

Nei talk show ,sono pilotati, come la casa del grande fratello;

fanno opinione, lavan cervelli, ma sono una bufala sonora.

Sarei felice se la gente  imparasse a non cadere nel tranello.

 

Gesù bambino, chi vorresti  oggi cantasse  come angeli,la tua venuta tra di noi?

Sarei felice se a cantar la mia nascita fossero i bambini  negati a vivere , i mai nati,

Sarebbe uno squillo di tromba, un grido di dolore i bambini , trucidati,offesi e uccisi poi.

Vorrei un canto di speranza dei bambini della strada, dei  senza tetto e umiliati.

 

Gesù bambino, chi vuoi ti vengano a trovare, come pastori ,a portarti i doni?

Vorrei Papa Francesco, povero,umile, servo,con una chiesa nuova secondo il vangelo.

Vorrei Obama, Putin e i grandi della terra uniti, aperti ai poveri, davanti a me, proni.

Aspetto chi ha in mano le sorti dell’umanità per togliere il misero dalla morsa del gelo.

 

E chi potrebbero essere, l’asino , il bue e le pecorelle nel presepio vivente di quest’anno.

Chi incarna l’umiltà tenace, la costanza e la laboriosità nascosta del buon somarello.

Chi vive la mitezza, la generosità del bue, ed è segno di Luca evangelista e di coloro che verranno.

Pecorelle di Dio sono i nuovi martiri , docili cristiani , uccisi da barbari e condotti al macello.

 

E Maria e Giuseppe, custodi, madre e padre di te, Signore, chi potrebbero essere?

Vorrei osare di chiederti, se permetti, che quest’anno sia io con i sacerdoti miei fratelli.

Come Maria, siamo chiamati ad offrirti al mondo, come Giuseppe ad amarti e farti crescere.

Siamo padre e madre quando offriamo a Dio, il tuo corpo e sangue sull’altare del mondo come gioielli.

P. Gianni Fanzolato

 

 

 

La strada in salita

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In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».

A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».

Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

(dal Vangelo di Luca 1,26-38)

 

Per scendere tra gli uomini, Dio ha scelto una strada tutta in salita. Ma si è rivelata la strada migliore, quella preferita da Dio.

Già Nell’annunciazione narrata da Luca vediamo le scelte difficili e originali che Dio ha fatto, e che possono essere una luce anche per le nostre scelte di fede e di vita.

Prima di tutto la “location” dell’evento che vede l’ingresso fisico di Dio dentro al storia umana: Nazareth di Galilea.

Nazareth tra tutte le città e villaggi che ci sono nella Bibbia non è mai citata, perché in fondo è solo un villaggio piccolo e povero, con le case mezze scavate nella roccia; e per di più si trova in Galilea, cioè nella regione a nord di Gerusalemme, che non gode certo di una bella fama tra gli ortodossi della tradizione religiosa ebraica. E’ un luogo di confine con altre popolazioni, culture e religioni, con tutti i rischi di contaminazione religiosa e tensione sociale. I galilei infatti sono visti come popolazione mediamente rissosa e turbolenta. Gesù da adulto infatti verrà visto in modo negativo dal potere religioso centrale proprio per la sua provenienza (nel Vangelo di Giovanni 1,46 si legge: “Natanaele gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?»”)

Ecco la prima “salita” che sceglie Dio per scendere nell’umanità.

Ma anche la seconda non è da poco per chi conosce bene la storia biblica e i suoi personaggi.

Maria è il nome di colei che è scelta per diventare madre del Figlio di Dio. Questo nome che a noi suona tanto bello e pieno di dolcezza legata proprio alla Madonna, in realtà nella storia biblica è associato a sfortuna e punizione da parte di Dio, avendo questo nome proprio la sorella di Mosè, punita da Dio con la lebbra. Mai nella Bibbia il nome Maria è associato a personaggi positivi e testimoni di Dio.

Dio sceglie proprio questa donna dal nome sfortunato, in un luogo malfamato ai confini del mondo e in un villaggio senza fama religiosa, e le consegna una vocazione piena di rotture con il passato, a cominciare proprio dal nome del nascituro che sarà imposto da lei e non dal padre, come vorrebbe la tradizione (“lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”).

Ecco la difficile strada scelta da Dio, che però ha intravisto proprio in questa strada la via giusta per arrivare all’umanità. Infatti Maria di Nazareth in Galilea accetta la sua missione sentendosi serva di Dio, cioè capace di fare la sua parte nella strada della Salvezza, che incrocia proprio la sua piccola strada umana invece di passare dalla strada più ovvia di Gerusalemme il grande centro religioso della Giudea, pieno di uomini pii (i farisei) ed esperti della religione (i scribi).

Gesù nasce in salita, proprio come sono le nostre storie personali le storie di molti accanto a noi, piene cioè di contraddizioni e di piccole e grandi incoerenze.

L’annunciazione così come viene raccontata è davvero la rivelazione dell’immenso amore che Dio ha per l’umanità e la profonda fiducia che Lui ha anche per quello che umanamente sembra perduto e inutile.

Il racconto dell’incontro dell’Angelo Gabriele (che in ebraico significa Forza di Dio) con Maria è un invito ad avere anche noi questa fiducia di Dio, verso noi stessi e verso il mondo che ci circonda, che sembra così vuoto di Dio e lontano. Dio continua a scegliere la Galilea, cioè i confini dell’umanità, per dialogare e per cercare collaborazione per il suo piano di salvezza. Cerca anche me e anche te, e anche colui e colei che accanto a noi due ha desiderio di fare qualcosa per il mondo, ed essere segno di speranza.

“Nulla è impossibile a Dio”, dice l’Angelo a Maria. Lo suggerisce anche al mio cuore, e al cuore di tutti noi che hanno il nostro stesso compito di essere testimoni di Dio in questa Galilea del mondo dove viviamo.

E come ha fatto Maria, questa donna apparentemente insignificante, anche noi possiamo dire “Eccomi!”… Ci sono anche io, posso farcela… Dio, conta anche sul mio aiuto su questa strada in salita che hai scelto per venire accanto a ogni uomo.

Giovanni don

Cercatori di Luce

Cercatori di senso, mendicanti di luce,
nostalgici di essere riempiti di gioia… quella vera!
Quella certa! Ecco chi sono…. Ecco chi siamo….
Ecco chi vogliamo essere!
Testimoni di Gesù, luce delle genti,
luce del mondo, luce della vita.
In sintonia con il “mistero di Nicodemo”
e il suo andare di notte a cercare Gesù
perché non sa amare con tutto il suo cuore,
mettiamoci in cammino,
perché nel buio delle tenebre
possa brillare la luce più forte… la luce della fede…
quella fede che non conosce tramonto
e che spinge i nostri passi all’incontro con il Cristo,
eterno veniente, alfa e omega della storia,
ricapitolazione e senso di tutte le cose.
Lasciamoci sorprendere
perché questa notte non è più notte…
il buio come luce risplende!
Vieni luce, vieni a darci pace,
vieni luce, vieni a darci gioia.
O Cristo, Verbo eterno del Padre, luce di eterna luce,
rischiara l’oscurità dei nostri pensieri,
purifica e orienta i nostri desideri,
consuma e distruggi i nostri peccati.
Emmanuele, Dio bambino,
spogliaci della nostra umana notte e rivestici di te,
del tuo amore misericordioso, del tuo divino chiarore.
Sole di Giustizia,
infiammaci di carità, liberaci da ogni pretesa,
disarmaci da ogni difesa.
Tu nostra unica speranza, vieni!
Vieni e resta per sempre in mezzo a noi.

Siamo tutti uomini e donne di Dio

Giovanni Battista e mazzette (colored)

Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
(dal Vangelo di Giovanni 1,6-8.19-28)

Uomini di Dio…
Con questo titolo nel 2010 esce un film che narra la vicenda dei monaci francesi del monastero di Tibhirine (Algeria) assassinati nel marzo del 1996, durante gli anni di lotta sanguinosa che ha caratterizzato l’Algeria negli anni 90 tra moderati e fondamentalisti islamici.
I sette monaci erano consapevoli del pericolo che cresceva attorno al monastero, ma nonostante gli inviti ad andarsene, rimasero accanto alla popolazione locale come aiuto concreto e segno di speranza.
Giovanni Battista ci è presentato come uomo di Dio, mandato da lui per dare testimonianza di luce, in un contesto storico e religioso caratterizzato allora dalle tenebre e dalla lontananza da Dio.
Nel racconto che fa l’evangelista, le tenebre si presentano sotto forma di inviati da parte delle autorità religiose del tempo che vengono ad interrogare questo personaggio che predica la conversione e pratica un battesimo di purificazione. Dicono di volerlo interrogare ma in realtà è chiaro che vogliono spegnere quel primo segnale di luce che si sta accendendo e che sarà pieno con Gesù.
Giovanni è un uomo mandato da Dio e non mandato da se stesso o da qualche potere umano forte con interessi politici od economici.
Il compito di Giovanni è accendere speranza e indicare quando, come e dove dirigersi per poter conoscere quella luce interiore e storica che è Gesù. E la sua missione è subito messa a confronto con gli ostacoli e le difficoltà che vengono proprio da dove invece ci si aspetterebbe in contrario, cioè dalle autorità religiose che avevano anch’esse il compito di indicare la via di Dio, ma in realtà non la conoscono e non permettono ad altri di cercarla e percorrerla. Giovanni infatti dice proprio a questi farisei e leviti “in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete…”
Siamo vicini al Natale, festa che anche in tempo di crisi è caratterizzata da molte luminarie e luci artificiali per le strade e in casa. Anche nelle chiese le quattro lampade dell’Avvento si accendono sempre più man mano che ci si avvicina alla solennità del 25 dicembre.
Davanti a tutti questi segni materiali di luce, ci dobbiamo domandare se siamo pronti ad accogliere la luce vera che è Gesù. Siamo pronti a riconoscerlo presente e luminoso oppure siamo dalla parte delle tenebre, come i farisei e leviti del tempo di Giovanni Battista?
Siamo disposti ad essere anche noi testimoni di luce mandati da Dio come lo è stato Giovanni Battista e come lo sono stati innumerevoli testimoni dopo di lui, come anche i monaci di Tibhirine?
Le tenebre sono davvero tante anche oggi, con i fatti di cronaca che parlano di violenza e morte, con il degrado della vita politica, con la mancanza di speranza nel futuro per giovani e famiglie senza lavoro, con la violenza degli integralismi religiosi e con la violenza delle armi che invece di spegnere la violenza sembrano attizzarla sempre di più. Ci sono tenebre dentro le nostre famiglie quando c’è divisione, non ascolto, non sostegno nelle difficoltà. Ci sono tenebre anche nella comunità cristiana, quando non c’è vera comunione e tutta l’esperienza religiosa si riduce a qualche tradizione esteriore che non cambia la vita…
Le tenebre sono potenti, ma Dio continua a mandare suoi inviati per dare testimonianza alla luce, a Gesù. E questi uomini di Dio siamo tutti noi, specialmente noi battezzati nel nome di Gesù.
Dal momento che simbolicamente abbiamo acceso, o qualcuno ha acceso per noi, quella piccola candela il giorno del battesimo, con quelle semplici parole “ricevi la luce di Cristo…”, siamo stati inviati a non tenerla nel cassetto, ma a portarla al mondo e specialmente dove c’è più oscurità e notte.

« Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere anche oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese… Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato. »
(Dal Testamento spirituale del Padre Christian de Chergé, monaco assassinato a Tibhirine nel 1996)

Festa dell’Immacolata

Voilà, ecco qua, la storia della salvezza è giunta al gran finale, o, come lo chiama S. Paolo, la pienezza dei tempi.

Provo ad immaginare le sensazioni, il turbamento di questa ragazza, quando si rese conto che qualcosa stava cambiando in lei… forse anche Maria avrà avuto paura della voce di Dio che la chiamava, così come avevano avuto paura Adamo ed Eva nel paradiso terrestre.

Ma questa volta la paura non era il segno di un rimorso, di chi ha la coscienza sporca e (giustamente) teme la punizione divina: Maria non aveva alcuna colpa! ad essere precisi, quel bambino che le cresceva dentro non era neanche frutto del suo ‘sì’; l’Onnipotente aveva già deciso: quel bambino sarebbe nato da una vergine, senza alcun concorso umano.

Visto con gli occhi di Dio, (quel bambino) era un dono purissimo del Cielo, anticipava e spiazzava qualsiasi desiderio di maternità; in quel contesto culturale, non avere figli era una maledizione celeste. Certo che Maria avrebbe desiderato dei figli, come ogni altra giovane donna israelita. Ma non subito, non così! e soprattutto non senza il pegno d’amore del promesso sposo Giuseppe!

Malgrado lei, i tempi di Dio erano già maturi. Nostro malgrado, i piani e i tempi di Dio non coincidono mai coi nostri piani e coi nostri tempi! lo capiamo sempre a cose fatte che ‘quella’ era ‘la cosa giusta al momento giusto’. E, tanto per aggiungere un po’ di pepe, la gravidanza in questione poteva essere facilmente scoperta all’interno del clan di Maria…. meglio cambiare aria per un po’; infatti Maria esce di scena e vi ritornerà mesi dopo, quando verosimilmente le acque si saranno calmate e nessuno, forse, si ricorderà più di lei, dello strano trambusto familiare scatenatosi intorno a quella ragazzina dai modi gentili, che avrebbe fatto la felicità di tutti giovanotti di Nazareth e delle loro mamme… la nuora ideale! Perché, appunto, Maria era, Maria è senza peccato! tutte le virtù e nessun vizio!… INCREDIBILE!!

Oggi celebriamo appunto l’immacolata concezione di Maria: è forse il mistero, l’enigma più difficile da capire con il lume della fede e da accogliere come testimonio d’amore… Noi che nutriamo sempre un po’ di diffidenza verso il prossimo, noi che facciamo fatica a pensare bene degli altri (buona fede), noi che non resistiamo alla tentazione di tagliare i panni addosso a quella cognata molesta, al vicino di casa chiassone e poco pulito, alla suocera ficcanaso, al prete noioso e moralista, al capoufficio rompiballe e schifosamente raccomandato…

Non riusciamo a capacitarci di come Maria abbia potuto vivere tutta la vita senza neppure un peccatuccio veniale!… Ma, neanche un atto di orgoglio? per esempio: quando i Re Magi arrivarono alla capanna e si prostrarono davanti al bambino per adorarlo… e aprirono i loro scrigni dove c’era ogni ben di Dio… neppure in quel momento, Maria si è sentita migliore delle altre? la prescelta? Essere Madre di Dio fa di te, pardon, di lei una donna unica al mondo… la vergine che tutte le profezie avevano annunciato… proprio lei, Maria!

Oggi che l’orgoglio, o, come lo chiamano gli americani il “pride”, è diventato un indizio positivo di riscatto sociale, nessuno penserebbe male di Maria, per un po’ di vanto… anzi, qualche piccola incrinatura, qualche lieve imperfezione nella sua purezza cristallina, la renderebbe meno irraggiungibile, più umana, cioè più donna, no? Del resto anche la S. Scrittura lo dice: “Una donna perfetta chi potrà trovarla?” (Pr 31)….

Tornando al più che legittimo orgoglio materno, se orgoglio ci fu, in Maria, fu per poco… Erode prima, farisei e romani dopo, l’avrebbero fatta pentire amaramente di essersi per un istante compiaciuta di quel figlio.

…Che poi, anche il figlio, con i suoi gesti eclatanti, con i suoi insegnamenti provocatori e controcorrente, fu per lei motivo di inquietudine e di angoscia, più che di gioia. Fin da quando aveva 12 anni, Gesù causò ai familiari non pochi grattacapi: prima l’episodio della perdita e ritrovamento nel tempio (tra i dottori) – “Perché mi cercavate? non sapevate che devo fare le cose del Padre mio?” (Lc 3,49) -, poi il miracolo di Cana – “Che ho da fare con te, o donna? non è ancora giunta la mia ora!” (Gv 2,4) -, poi, ancora, il garbato, ma deciso rifiuto di tornare a casa con la madre e i fratelli – “Chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli?” (Mc 3,33)…..

Eppure, recitando il rosario, noi ripetiamo cinquanta volte di seguito “benedetta tu fra le donne”… A questo proposito è doveroso ricordare che il Vangelo chiama benedetti, o beati, i perseguitati, gli afflitti, gli affamati… La novità del Vangelo comincia dal significato dato alle parole; abbiamo da poco celebrato la solennità di Cristo Re: lo sanno tutti che la corona di Cristo è di spine e non di diamanti; il mantello di porpora, simbolo della regalità, copre un corpo dilaniato dai 49 colpi di frusta…

Anche di Maria, colei che è veramente piena di grazia, benedetta fra tutte le donne, noi celebriamo i dolori: e forse, i dolori di Maria hanno ispirato ed edificato la pietà popolare, più che le gioie. Presso un famosissimo santuario italiano dedicato a Maria, si può ammirare una pregevole statua della Madonna, dal titolo: “Immacolata” sottotitolo: “trasformabile in Addolorata”…nel senso che, sotto il vestito ci sono sette fori ove infilano le sette spade; così una sola statua funziona per la solennità dell’Immacolata e per la processione dell’Addolorata. Ah, cosa non si fa per risparmiare!

Anche l’Apocalisse descrive colei che rappresenta simbolicamente Maria come “una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle” (12,1-2); “era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto.”. Conosciamo la storia: un drago insidia la donna e il bambino che sta per nascere; il figlio appena partorito è subito rapito in cielo, mentre alla madre viene preparato un rifugio nel deserto.

Questo per dire che la beatitudine di Maria non coincide con le tante rappresentazioni zuccherose e devozionali le quali, a mio modesto parere, non rendono un buon servizio alla maestà della Madre di Dio.

Io spero e prego affinché queste riflessioni, per qualcuno, forse dissacranti e forsanche irriguardose, su Maria, ci aiutino a riscoprire la sua umanità e, nella sua umanità, la facciano sentire più vicina a tutti, specialmente a coloro che soffrono e attendono di essere visitati dal Signore; che li liberi, o quantomeno allevii le loro sofferenze. Così sia.

Fra Massimo Rossi

Auguri semplici

Un po’ di dolcezza, un bel sorriso di 24 ore, quell’aria frizzante che ci piace tanto, un bel grazie nel cuore. Questo è il modo migliore per vivere il proprio compleanno, senza bilanci tragici, senza mollette per stendere le rughe incipienti…

Ti auguro che ogni 6 dicembre ti trovi così: sereno, contento di quello che sei, fiducioso non di un futuro che ancora non esiste, ma di un presente che è tutta la tua vita.

Ti auguro di saper attraversare strettoie e valli oscure con la speranza, stella luminosa che mai si spegne. E sia quella stella ad accompagnare ogni passo.

Buon compleanno amico e fratello mio!

Luca

Se tu non vieni

Se tu non vieni,
i nostri occhi più non vedono
la tua luce,
le nostre orecchie più non odono
la tua voce,
le nostre bocche più non cantano
la tua gloria.
Vieni ancora Signore.

Se tu non vieni,
i nostri volti non sorridono
per la gioia,
i nostri cuori non conoscono
tenerezza,
le nostre vite non annunciano
la speranza.
Vieni ancora Signore.

Se tu non vieni,
le nostre spalle sono curve
sotto il peso,
le nostre braccia sono stanche
di fatica,
i nostri piedi già vacillano
sulla via.
Vieni ancora Signore.

(A. M. Galliano)

Aspettiamo…

Aspettiamo il treno.
Aspettiamo una mail.
Aspettiamo il week end.
Aspettiamo il bel tempo.
Aspettiamo i risultati di un esame.
Aspettiamo una telefonata.
Aspettiamo un lavoro.
Aspettiamo un figlio.
Aspettiamo la ripresa economica.
Aspettiamo una buona notizia.
Aspettiamo una risposta.
Aspettiamo un amico.
Aspettiamo un’occasione.
Aspettiamo che le cose tornino a posto.
Aspettiamo qualcosa di nuovo.
Aspettiamo la pace.

Aspettiamo che Dio venga a trovarci
qui
in mezzo a tutto questo casino
che ci fa perdere il gusto della vita.

Aspettiamo.

Ti
aspettiamo
Signore.

Buon avvento!

Patrizio Righero

Apettiamo...