Amati e non armati

http://i1.wp.com/www.gioba.it/wp-content/uploads/2015/11/amati-non-armati-colored.jpg

DOMENICA 22 novembre 2015
Cristo Re

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
(dal Vangelo di Giovanni 18,33-37)

Quale è la risposta al terrore di questi giorni, che sembra davvero infiammare le nostre strade europee mentre già brucia da tempo in altre parti del mondo?
Dietro il paravento di motivi religiosi, si intravedono i veri motivi che alimentano la violenza, e ancora una volta è la sete di denaro e di potere, il vero anti-Dio nel cuore dell’uomo.
La lotta tra bene e male non si gioca nei cieli o nell’inferno, ma sui sulla terra, tra gli uomini e dentro gli uomini stessi.
Il dialogo/confronto tra Pilato e Gesù, uno sul seggio del potere e l’altro incatenato, uno libero di fare quel che vuole della vita degli uomini e l’altro in balia del volere del popolo, ci costringe ad andare oltre le apparenze.
Chi è veramente libero e regnante nel mondo? Gesù alla domanda “tu sei re?”, risponde di si. Lui è veramente un re della terra, non con il potere delle armi e i simboli di chi comanda e opprime, ma con i simboli dell’amore e con il potere del servizio. Gesù in catene davanti a Pilato è libero da quello che veramente schiavizza l’uomo, cioè l’odio e la divisione.
Gesù è venuto nel mondo, come dice lui stesso, per rendere testimonianza a questa verità, cioè Che Dio è amore, che regnare è servire, che dare la vita non è perderla ma guadagnarla. Questo è il nostro re, Gesù.
Sta a noi decidere da chi farci guidare e a quale regno umano appartenere: quello di Pilato o quello di Gesù. La nostra vita ci insegna che siamo un po’ in mezzo a questi due regni e continuamente abbiamo bisogno di imparare e decidere da che parte stare. Gesù, re dell’universo e re del nostro cuore, con pazienza, amore e misericordia continua ad offrirsi a noi nel nostro cammino su questa terra, segnata dalle violenze disumane dei regni umani ma che ha sempre spazio per il regno di Dio, che unisce gli uomini e li mette ciascuno al servizio dell’altro, non armati ma amati.

Giovanni don

La tomba delle lucciole

Ieri sera ho deciso di recarmi al cinema, per vedere la proiezione, in un evento limitato della durata di due giorni, del film di animazione intitolato “La tomba delle Lucciole”, realizzato dallo studio Ghibli.
Il film,realizzato nel 1988 da Isao Takahata
sulla base del romanzo omonimo scritto da Akiyuki Nosaka e parzialmente autobiografico, è giunto soltanto ora sugli schermi italiani.

Siamo nella città di Kobe, durante la Seconda Guerra Mondiale e, a causa dei bombardamenti americani, il giovane Seita e la sorella Setsuko perdono la madre e la casa. Vengono accolti da una zia, che ben presto si dimostra ostile verso di loro, anche per la scarsità di cibo, al punto che Seita decide di allontanarsi di casa e trasferirsi con la sorella in una miniera abbandonata, cercando di sopravvivere con le proprie forze. Questa sfida si scontra con la crescente scarsità di cibo che porta Seita a cercare di procurarselo in tutti i modi, compreso il furto, senza però riuscire a salvare la sorellina che muore di stenti. Seita, dopo aver compiuto i riti per la sepoltura, trova anch’esso la morte all’interno di una stazione.
L’espediente narrativo di partire dalla morte del protagonista e di farlo rivivere come un fantasma, permette di ripercorrere le tappe della vicenda dei due personaggi in maniera obiettiva, puntando l’accento sugli orrori della guerra e sugli errori compiuti da Seita che per orgoglio rinuncia a quelle poche possibilità di salvarsi che gli vengono poste davanti.
Il film oscilla tra scene di grande crudezza, connesse alla guerra e alle sue distruzioni e scene di poesia in cui si descrive la vita dei due bambini, nei momenti di svago collegati alla loro età.
Dal punto di vista grafico si riconosce lo stile dello studio Ghibli nella precisione del tratto e nell’accuratezza della rappresentazione.
Si tratta di un film d’animazione che, per la forza del messaggio e la radicalità di alcune scene e dei sentimenti espressi, a mio avviso non è indicato ai bambini, ma è che è valido per tutti gli adulti che vogliano riflettere sugli orrori della guerra e rispecchiarsi in una storia in cui l’infanzia prima e la vita dopo dei due protagonisti viene di fatto ad essere negata.

Tra Giappone, America e Canada -

 

13 anni!

Sono ormai 13 anni che il mio blog va avanti, tra alti e bassi… ma mi piace avere uno spazio di condivisione… tanti saluti a tutti!!!

La vedova invisibile

http://luke76.altervista.org/wp-content/uploads/2015/11/vatileaks-2000-anni-fa-colored.jpg

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
(dal Vangelo di Marco 12,38-44)

Un prete qualche giorno fa mi ha raccontato un fatto che gli è capitato e che ho subito ricollegato al messaggio di questa pagina del Vangelo. Un giorno, durante un pomeriggio in parrocchia, se ne stava su una panchina a leggere e pregare con il breviario. Con la coda dell’occhio si accorge che una ragazzina del gruppo degli adolescenti, una con una piccola disabilità psicologica che la porta spesso ad essere isolata e sola, è ferma lì accanto a lui e lo sta osservando in silenzio. Lui subito fa finta di nulla, anche perché “deve” finire la sua preghiera e non vuole essere disturbato, ma poi alza lo sguardo e con un tono di leggero rimprovero le chiede: “ti serve qualcosa?”. Lei gli risponde: “si, aspetto che mi guardi”
Questo fatto mi ha immediatamente rimandato alla povera vedova che in mezzo a molti ricchi con le loro abbondanti offerte getta i suoi due spiccioli nel tesoro del Tempo di Gerusalemme. Sembra che nessuno la veda se non Gesù solo.
Poco prima il Maestro ha smascherato l’ipocrisia dei religiosi del suo tempo che hanno come unico vero scopo dei loro atti religiosi il “farsi vedere”, cioè il riconoscimento da parte della gente. Amano infatti i primi posti, che nell’assemblea radunata in preghiera o nei banchetti sono sempre i più lontani dai poveri, che quindi sono condannati all’invisibilità e al non riconoscimento. I poveri diventano per loro solo fonte di sfruttamento e nulla più, e quindi pian piano diventano invisibili al loro sguardo.
Gesù ribalta questo punto di vista, e in mezzo alla folla di ricchi che è assai più visibile ed evidente nelle offerte gettate nel tesoro, lui vede la donna e la sua disponibilità totale di dare la sua offerta anche se minima. Gesù vede anche lo sfruttamento di questa povera vedova che è imbrigliata lei stessa in un sistema che la rende schiava e misera. Le offerte del tesoro del Tempio infatti sarebbero destinate anche ai poveri, tra i quali le vedove erano le più sfortunate, ma sembra che questo non accada e la donna è destinata ad una inesorabile miseria. E pare che nemmeno lei stessa si aspetti che qualcuno la guardi e si accorga veramente di lei.
Arrivando a me oggi come cristiano e a noi come Chiesa, è tempo di verificare il nostro sguardo per vedere se abbiamo assunto lo sguardo di Gesù.
I poveri sono li accanto a noi, magari inaspettati e fastidiosi (perché disturbano il nostro quieto vivere), ma aspettano di essere visti e riconosciuti. Sono i poveri che vengono da altre nazioni e altre culture e sono anche i poveri della porta accanto, anziani, famiglie con disagi, adolescenti soli, malati.
Gesù ha uno sguardo che vede anche me e la mia povertà spirituale e le mie miserie. E come ha guardato con amore e ha lodato la generosità della donna, così ha il suo sguardo su di me. Io che spesso vado in giro a cercare riconoscimenti e lodi dagli altri, cercando anche di mettermi al primo posto e apparire più di quel che sono, il Vangelo mi dice che non devo affannarmi in questa ricerca superficiale. Ho su di me semnpre lo sguardo riconoscente di Dio, che vede anche i due spiccioli sinceri di amore che so dare.

Giovanni don

Vivrò nella tua memoria

“Non piangere”, ti dicevo, “E’ vero, me ne andrò prima di te, ma quando non ci sarò più ci sarò ancora, vivrò nella tua memoria con i bei ricordi: vedrai gli alberi, l’orto, il giardino e ti verranno in mente tutti i bei momenti passati insieme. La stessa cosa ti succederà se ti siederai sulla mia poltrona, o quando farai la torta che ti ho insegnato a fare oggi, e mi vedrai davanti a te con il naso sporco di cioccolato.. e sorriderai!”
(Susanna Tamaro)

 

Nelle beatitudini la vita di Gesù

http://i0.wp.com/www.gioba.it/wp-content/uploads/2015/10/Beatitudini-Expo-colored.jpg

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
(dal Vangelo di Matteo 5,1-12)

“Le parole convincono, l’esempio trascina”
Era una delle frasi preferite di mia mamma e che ripeteva spesso come insegnamento a noi figli, ma era prima di tutto la sintesi del suo modo di essere e fare con noi. Nel nostro mondo attuale si rischia infatti l’overdose si parole buone e contemporaneamente la carestia di buoni esempi, per questo abbiamo bisogno di costruire una comunità cristiana sulla forza della testimonianza di vita più che sulle parole.
Gesù porta sulla montagna i suoi discepoli e amici per dare loro una serie di insegnamenti fondamentali, ma soprattutto per dare una chiave di lettura della sua vita in modo che poi facciano altrettanto.
Mentre il Maestro pronuncia queste beatitudini, sta infatti parlando di se stesso e di come seguirlo nella vita.
Gesù con queste parole di altissimo livello spirituale vuole convincere la mente e nello stesso tempo trascinare ad essere come lui, che vive in prima persona quello che dice ed insegna.
Gesù si presenta infatti come il povero in spirito, cioè come colui che ha scelto di essere povero come scelta di fondo di vita, mettendo l’amore come ricchezza e non il denaro o il potere.
Gesù è colui che piange, non perché triste o depresso, ma perché ha scelto di soffrire e condividere le fatiche umane fino in fondo.
Gesù è uomo mite, proprio perché non vuole essere “un mito” (sfugge quando lo vogliono fare re) ma ha scelto la non violenza e il rifiuto di ogni vendetta e ritorsione come strada per portare la pace tra gli uomini.
Gesù è affamato e assetato di giustizia, cioè della realizzazione sulla terra del piano di Dio che è il suo Regno di amore.
Gesù è misericordioso, e più volte nel Vangelo è raccontata la sua capacità di far sentire accolti tutti da parte di Dio, specialmente coloro che si sentono prigionieri del male. La sua parola di perdono era talmente forte da guarire anche il corpo di chi si accostava a lui.
Gesù è puro di cuore, cioè capace di vedere la bellezza non tanto sulla superficie delle persone, nel corpo o nelle azioni esteriori (spesso di facciata) ma è capace di vedere la bellezza che c’è dentro ogni cuore per poi farla emergere.
Gesù non solo predica la pace ma la mette in opera. Come diceva don Primo Mazzolari, “il cristiano è uomo di pace e non un uomo in pace”, così è Gesù, che anche a costo della vita vuole la riconciliazione degli uomini tra loro e tra gli uomini e Dio.
Gesù sulla croce è il primo ad essere perseguitato a causa della giustizia, cioè del piano di Dio per l’umanità. Sulla croce infatti non sceglie di scendere ma di rimanere per testimoniare fino in fondo la sua dedizione totale per l’uomo, senza sconti e senza impegni di pura facciata.
Ecco che le Beatitudini ci tracciano il volto e la vita di Gesù che con il suo esempio trascina i discepoli dietro a se e anche oltre la sua morte e resurrezione.
E la comunità cristiana è andata avanti e cresciuta nei secoli non perché ricca solo di discorsi convincenti sull’esistenza di Dio, ma sull’esempio trascinante di tantissimi che nel corso della storia, come Cristo, hanno trasformato in vita, in gesti e in scelte concrete il Vangelo.
Sono i Santi, che oggi tutti insieme ricordiamo, e che la Chiesa ci mette davanti come esempi di vita e di fedeltà a Cristo, per trascinarci a essere anche noi come Lui.

Giovanni don