i tagli salutari del Vangelo

politici e tagli (colored)

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».
(dal Vangelo di Marco 9,38-48)


Tra una decina di giorni la Chiesa celebrerà i 50 anni dall’apertura solenne del Concilio Vaticano Secondo, che per 3 anni, dal 1962 al 1965, radunò i vescovi di tutta la terra con lo scopo di ridisegnare la vita dentro la Chiesa e il suo rapporto con il mondo moderno. Fu un evento grandioso, non solo per la solennità con cui si svolse, portando nella Basilica di San Pietro migliaia di Vescovi, ma lo fu soprattutto per il coraggio con il quale si ripresero in mano molti aspetti della vita ecclesiale che sentivano ormai il peso del tempo e andavano rivisitati e cambiati. Pochi giorni fa ho avuto il dono di incontrare ad un convegno per gli insegnanti di religione di Verona, uno degli ultimi vescovi ancora in vita che parteciparono attivamente al Concilio: monsignor Luigi Bettazzi, ex vescovo di Ivrea. Questo pastore, nonostante l’età (89 anni), conserva intatta una carica di fede e un entusiasmo che fanno sentire questo evento conciliare ancora vivo.

Bettazzi ha esortato i presenti a credere ancora a questo cambiamento profondo che non è ancora del tutto avvenuto dentro la Chiesa
Uno dei punti più innovativi del Concilio è stata proprio l’apertura al mondo, con le sue differenti visioni religiose e filosofiche, spesso in contrasto con i dogmi della Chiesa. Il mondo, per i padri conciliari, non va più visto come “nemico”, ma al contrario va ricercato in esso quello che c’è di buono e che è segno della presenza di Cristo, anche senza avere l’etichetta esplicita cristiano cattolica.
“Chi non è contro di noi è per noi” dice Gesù ai suoi zelanti apostoli che vorrebbero che tutti facessero parte strettamente del loro gruppo (“…abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva”). Gesù riconosce, con una semplice espressione che è sintesi del suo stile, che ogni uomo e donna di buona volontà che ricerca la pace, il bene comune, il progresso della convivenza umana non è mai contro il Vangelo e contro la Chiesa. Anzi in qualche modo ne fa parte!
Il Concilio ha riconosciuto questo e ha iniziato un processo di apertura e dialogo con il mondo che non si è interrotto.
Oggi forse questa apertura e dialogo sembrano un po’ lenti e insufficienti. E mi spiace che molti, che sono fuori dai nostri ambienti parrocchiali ed ecclesiali, sentano la Chiesa come nemica della modernità e sempre troppo critica riguardo le visioni diverse della vita umana.
Forse la critica di immobilismo fatta ai cristiani è un campanello d’allarme per andare a recuperare lo spirito del Concilio, e far si che questo anniversario non sia solo uno sguardo al passato, ma un rilancio verso il futuro.
Gesù lo dice in modo molto chiaro e “tagliente”: quello che scandalizza i piccoli va tagliato. Cosa scandalizza i piccoli, cioè coloro che sono poveri nella fede e ancora “piccoli” nella comprensione dell’insegnamento del Vangelo? Cosa del mio e nostro comportamento non aiuta chi è lontano ad avvicinarsi?
Se il nostro modo di fare è scandaloso (cioè letteralmente “fa inciampare) quelli che cercano Dio e Cristo… allora qualcosa va tagliato. Tagliare costa ed è doloroso, ma alla fine porta frutto.
Il Concilio ha tagliato molto nelle tradizioni e consuetudini secolari della Chiesa. Il taglio non è stato indolore e ancora oggi c’è chi si oppone a questo Concilio ritenendolo nefasto per la Chiesa. Ma penso che sta proprio in questi tagli il coraggio evangelico che è profondamente sanante per la Chiesa.
Cosa c’è da tagliare oggi in me, nel mio modo di vivere e testimoniare la fede? Quali sono i tagli che la Chiesa deve ancora operare per essere fedele al Vangelo?

Giovanni don

Le beatitudini del 2000

Beati coloro
che hanno scelto
di vivere sobriamente
per condividere i loro beni
con i più poveri.
Beati coloro che rinunciano
a più offerte di lavoro
per risolvere
il problema dei disoccupati.
Beati i funzionari
che sveltiscono
gli iter burocratici
e tentano di risolvere i problemi
delle persone non informate.
Beati i banchieri,
i commercianti
e gli agenti di vendita
che non approfittano
delle situazioni
per aumentare i loro guadagni.
Beati i politici e i sindacalisti,
che si impegnano a trovare
soluzioni concrete
alla disoccupazione.
Beati noi
quando smetteremo di pensare:
“Che male c’è nel frodare,
tanto lo fan tutti”.
Allora la vita sociale
sarà un’anticipazione
del Regno dei Cieli.

(P. Abela)

La risposta cristiana all’odio

L’inizio della lotta contro l’odio, la fondamentale risposta cristiana all’odio, non è il comandamento di amare, ma quello che necessariamente lo precede per renderlo sopportabile e comprensibile, cioè quello di credere. La radice dell’amore cristiano non è la volontà di amare, ma il credere che si è amati. Credere che Dio ci ama. Credere che Dio ci ama anche se siamo indegni – o meglio, che Egli ci ama indipendentemente dai nostri meriti!

In una visione meramente cristiana dell’amore di Dio, il concetto di degnità perde ogni significato. La rivelazione della misericordia di Dio riduce tutto il problema della degnità a qualcosa di quasi irrisorio: la scoperta che la degnità è di poca importanza (perché nessuno potrebbe mai, di per se stesso, essere degno di essere amato di un simile amore) è una vera liberazione di spirito. E, fintanto che non si giunge a questa scoperta, fintanto che questa liberazione non è stata operata dalla misericordia divina, l’uomo rimane prigioniero dell’odio.

(T. Merton)

 

Mio Signore

Lascia che io mi sieda 
per un momento al tuo fianco; 
finirò più tardi 
il lavoro che mi attende. 

Lontano dal tuo sguardo, 
io subito mi stanco; 
il mio lavoro è pena 
e mi sento perduto. 

Con te trovo la vita, 
i suoi sussurri e sospiri, 
ho mille menestrelli 
alla corte del tuo amore. 

Lascia che io mi sieda 
a faccia a faccia; 
voglio cantare la gioia 
d’appartenere a te.

(R. Tagore)

Quando finisce la notte

Un vecchio rabbino domandò una volta ai suoi allievi da che cosa si potesse riconoscere il momento preciso in cui finiva la notte e cominciava il giorno.
“Forse da quando si può distinguere con facilità un cane da una pecora?”.
“No”, disse il rabbino.
“Quando si distingue un albero di datteri da un albero di fichi?”.
“No”, ripeté il rabbino.
“Ma quand’è, allora?”, domandarono gli allievi.
Il rabbino rispose: “E’ quando guardando il volto di una persona qualunque, tu riconosci un fratello o una sorella. Fino a quel punto è ancora notte nel tuo cuore”.

“Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l’arte di vivere come fratelli” (Martin Luther King).

(B. Ferrero)

Mother Teresa Prayer for Peace ~ Oración por la paz

Lead me from death to life
from lies to truth
Lead me from despair to hope
from fear to trust
Lead me from hatred to love
from war to peace
Let peace fill our heart,
our world, our universe…
peace, peace, peace.

Oración por la paz
Madre Teresa

Guíame desde la muerte hacia la vida
de mentiras a la verdad
Guíame desde el desconcierto a la esperanza
de temor a confianza
Guíame desde el odio hacia el amor
de guerra a la paz
Haga que la paz llene nuestro corazón
nuestro mundo, nuestro universo…
paz, paz, paz.

Preghiera della pace

Conducimi dalla morte alla vita,
dalla menzogna alla verità.
Conducimi dalla disperazione alla speranza,
dalla paura alla verità.
Conducimi dall’odio all’amore,
dalla guerra alla pace.
Fa’ sì che la pace riempia i nostri cuori,
il nostro mondo, il nostro universo.
Pace, Pace, Pace.

(Madre Teresa di Calcutta)

l’abbraccio provocatorio di Gesù

il più grande (colored)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
(dal Vangelo di Marco 9,30-37)

Quello che più mi ha colpito del viaggio in Terra Santa, fatto con i giovani nel mese di agosto, non è stata la visita ai luoghi tradizionali e archeologici della vita di Gesù. Sicuramente il Santo Sepolcro, la basilica dell’annunciazione, la Basilica della natività a Betlemme ecc, hanno il loro fascino, e visitandoli è suggestivo leggere e meditare i brani del Vangelo che in quei luoghi sono ambientati.
Ma, come spesso accade anche nella vita, sono stati alcuni luoghi a margine che hanno attratto la mia emozione e la mia attenzione spirituale.
Uno di questi sta proprio alle spalle dell’antichissima basilica che ricorda la nascita di Gesù a Betlemme. Si tratta di una casa per bambini disabili che un gruppo di giovani suore sudamericane ha aperto da non molti anni. Il progetto è molto ambizioso e più grande dei mezzi economici che loro hanno a disposizione. Si tratta di dare una casa e una famiglia per sempre a bambini che sono stati definitivamente abbandonati dalle loro famiglie perché portatori di disabilità molto forti. Queste suore, insieme a dei volontari, hanno iniziato con poche stanze e pian piano hanno costruito una casa che è ancora stretta per i 21 bambini che ospita. Ma la fede e il coraggio di queste suore sono più grandi delle difficoltà economiche e ambientali, in quella terra segnata da tensioni religiose e politiche.
Il nostro gruppo di giovani pellegrini ha visitato questa casa e ha incontrato la piccola comunità. Per me è stato molto toccante vedere come la suora, che ci spiegava la vita della casa, abbracciasse le giovani fragili creature che abitano li. Ho ripensato a lei per immaginare l’abbraccio che Gesù dà al bambino del Vangelo. Gesù lo prende e lo mette in mezzo al gruppo degli apostoli che è perso nel discutere sulla grandezza umana dell’uno rispetto all’altro. Gesù compie questo gesto profetico ed educativo insieme, perché vuole educare i suoi umanissimi apostoli a pensare e agire in modo diverso e nuovo.
Gesù parla di croce, di vita donata, di coraggio e amore… e loro parlano di chi è il più grande e con quali gerarchie costruire il futuro gruppo dei discepoli. C’è davvero una gran distanza tra il maestro e i suoi discepoli. E questa distanza ancora oggi non è colmata nella Chiesa e dentro di noi, in qualsiasi contesto umano viviamo. Credo davvero che la Chiesa abbia il compito profetico di educare il mondo a rovesciare le gerarchie per mettere al centro chi è piccolo e fragile.
Gesù è abbastanza chiaro: chi vuole avere a che fare con lui e vuole essere suo discepolo, allora deve iniziare dal basso e nel basso rimanere. Ogni volta che un discepolo cerca di porsi in onori e potere più in alto di altri corre il rischio concreto che arrivando al potere, nel contempo perda l’obiettivo che è stare con Gesù e dalla parte di Dio.

Quella suora che abbraccia il bambino disabile in quella piccola casa di Betlemme mi ha dato l’immagine più vera e concreta di chi era Gesù e del suo stile di fare. Posso dire di aver visto davvero Gesù e di aver imparato la lezione su quello che posso essere io personalmente e noi come discepoli di oggi.

Giovanni don

Impara a sognare

Impara a sognare, cioè a vivere pienamente: 
i sogni non devono realizzarsi tutti, 
ma devono e possono spingerti oltre, 
portarti avanti, 
darti e conservarti il coraggio di sognare. 
Così non correrai il pericolo 
di fermarti stanco sul ciglio della strada, 
ma crederai di più nelle tue ali 
anche quando per paura 
non hai il coraggio di spiccare il volo. 
Oggi prova a volare! 
Cosa sogni? 
Questo ti dice chi sei 
molto meglio di ciò che fai. 
Dimmi cosa sogni e ti dirò chi sei! 
Siano grandi, coraggiosi, colorati i tuoi sogni, 
non ridimensionarli mai, 
non venderli e non svenderli mai! 
Niente è mai scontato in te 
e i tuoi sogni lo dimostrano! 
Abbi il coraggio di sognare, allora, 
e se vuoi conoscerti davvero 
guarda sempre ai sogni che hai 
e per i quali sei sempre pronto 
ad investire in speranza, 
non una volta soltanto, 
ma tutti i giorni!

(M.C. Carulli)

Mi hai fatto proprio bene!

Signore, nel realizzare il tuo disegno eterno, mi hai chiamato all’esistenza in quel contesto di dati che sono la mia storia. 
Perché così e non in altro modo? 
Ti sei forse sbagliato? No. 
Tu non mi hai creato per sbaglio, né per distrazione, né per contrattempo. Al momento giusto, all’ora tua, secondo il tuo disegno e la tua volontà, secondo la tua scelta, tu mi hai formato. 
Sono fatto bene per essere santo. 
Se dicessi di no mi parrebbe di mancarti di riguardo, di dire che neppure a te riescono le cose come le vuoi, che anche a te capitano gli infortuni. 
Signore, sono fatto bene per te. 
Alle volte perdonami se te lo dico, mi trovo fatto un po’ meno bene per me. 
Ma confesso, sia pure con un po’ di fatica, che è più importante essere fatto bene per te che per me. 
I miei limiti non devono essere motivo di cruccio per la mia superbia, né motivo di malumore quando gli altri li vedono. 
Signore, ti benedico e ti ringrazio che mi hai fatto come mi hai fatto. 
Gli altri possono dire quello che vogliono. Io ho solo da dirti: grazie. 
Ho solo da benedirti, ho solo da sentire una riconoscenza eterna perché mi hai fatto come mi hai fatto. 
E quando gli altri trovano che sono uno sgorbio, più che una cosa buona, io, Signore, credo a te. 
Alle volte mi prende la voglia di vedere come te la caverai con questa povera creatura che io sono. 
E penso che la vita eterna sarà beata anche per questo: perché là capirò quello che adesso non capisco e mi spiegherò ciò che adesso è un mistero.

(Card. Ballestrero)