E’ molto che non posto, sono stato alquanto assente, lo ammetto. La verità è che la mia vena da scrittore si è alquanto affievolita. Posto questa canzone che – mi rendo conto – non è di questo grande artista o di chissà quale cantautore ma a me piace è ha alcune risonanze dentro me

Maledetto me che sto morendo
Per un attimo di vento
Perdo tutto in un momento
E proprio questo sono stanco
Di donare confidenza
A chi invece non ti pensa
E ti abbandona come merda
Tanto Luca è forte e regge
E non sa cos’è il rancore
Se ti va dagli un ceffone
Comunque meglio non chiamare
Anche se soffre come un cane
E’ un amico che non vale
Buono solo a cantare

Ma quante notti al caldo stretti, stretti
Chiusi in una stanza
Senza uscite e pregiudizi
Solo con la voglia di star bene e divertirsi
Quello che vuoi tu.

RIT: Usami, usami, usami quando vuoi
Usami, usami, usami.

Maledetto me che stò cedendo
Che sia un sogno o sia un intento
Son disposto a dimostrare
Cosa ho dentro e fino in fondo
Non mi abbasso a certi schemi
Per denaro o altri valori
L’importante è che io riesca
A stare in piedi anche domani
E non servirà un abbraccio
Basta e avanza il mio coraggio
E la ferma convinzione
Che sei il sole e non un raggio
Non si sa mai chi sarai
Se vincente o perderai.
E come dirlo allora che non serve
Darsi addosso e farsi male, male veramente
Quello che ti insegna e non ti farà capire niente
Rende inutile. Io non ci sono, adesso

RIT: Usami, usami, usami quando vuoi
Usami, usami, usami e dopo buttami.

Luca Dirisio

Vorrei che potessimo liberarci dai macigni che ci opprimono, ogni giorno: Pasqua è la festa dei macigni rotolati. E’ la festa del terremoto.
La mattina di Pasqua le donne, giunte nell’orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro.
Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all’imboccatura dell’anima che non lascia filtrare l’ossigeno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l’altro.
E’ il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell’odio,
della disperazione del peccato.
Siamo tombe alienate. Ognuno con il suo sigillo di morte.
Pasqua allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l’inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che contrassegnò la resurrezione di Cristo.
Don Tonino Bello

 

 

 
TANTISSIMI AUGURI DI BUONA PASQUA DA
LUCA MAZZOCCO-LUKEBDB

 
Gesù risorto libera dall’inferno Adamo ed Eva

«Padre, io Ti ringrazio per l’amore personale che hai per me.
Ti ringrazio che mi hai amato prima che nascessi.
Ti ringrazio che mi amerai per tutta l’eternità.
Ti ringrazio che mi hai amato quando non pensavo a Te,
quando Ti ignoravo, quando ero indifferente a Te, quando Ti offendevo.
Ti ringrazio che mi ameresti anche se diventassi un Giuda.
Ti ringrazio che mi ami in questo momento, e mi ami peccatore come sono»
(Padre Andrea Gasparino).

SETTIMANA SANTA 2005

Nessuno ha un amore più grande di questo:

dare la vita per i propri amici.

(Gv 15,13)

Vi do un comandamento nuovo:

che vi amiate gli uni gli altri.

Come io ho amato voi,

così amatevi anche voi gli uni gli altri.

(Gv 13,34)

Gesù brucia d’amore per noi.

Guarda il suo Volto adorabile!

Guarda quegli occhi spenti e abbassati!

Guarda quelle piaghe!

Guarda Gesù nel suo Volto

e lì vedrai come ci ama.

(S. Teresa di Gesù Bambino)

Domenica scorsa con un gruppo formato da alcuni studenti universitari che abitano al Borgo e alcuni giovani del Borgo siamo andati a fare una gita a Cerveteri e Ladispoli. Là ho vissuto una piccola esperienza di servizio nel condividere con gli altri il mio sapere frutto degli studi di archeologo e ho capito come sia una cosa bella ma come uno debba sempre prepararsi al meglio per offrire un servizio sempre migliore… Oltre a questo ho apprezzato il clima di convivialità che si è creato tra noi e che poi ha avuto il suo culmine nella celebrazione eucaristica molto raccolta e molto condivisa.Metto qualche foto della necropoli e della giornata qui e sul fotoblog….

una via etrusca
 
 
io in una tomba

Le condizioni di salute di Giovanni Paolo II lasciano spesso noi cristiani senza parole. Per aiutarci a comprendere il significato di ciò che sta accadendo a lui e alla Chiesa, voglio proporvi questa riflessione di Orazio Petrosillo, vaticanista de Il Messaggero: «In questo finale di pontificato si assiste ad una sorta di contraddizione, di contrappasso tra l’atleta di Dio, quale il Papa è stato soprattutto nei primi 15 anni di pontificato, e l’uomo dei dolori e della sofferenza, quale è diventato dal 1994 in poi. Il Papa che ha camminato per le strade del mondo percorrendo un milione 243mila chilometri è diventato colui che non può più camminare, immobilizzato sulla sedia a rotelle. Il Papa della grande comunicazione non verbale è stato vittima di una malattia che blocca la mobilità dei muscoli facciali, negandogli la possibilità di sorridere e di manifestare emozioni e sentimenti con il volto. Il Papa dei 15mila discorsi e delle 85mila pagine di insegnamenti sinora pubblicati è diventato il Papa del silenzio. In tutti questi contrappassi emerge la testimonianza principale dell’accettazione della sofferenza e dell’imitazione di Cristo che, in fondo, è il gesto che manifesta il punto più alto dell’essere discepoli. Negli alti gradi della mistica, quando anche il corpo diventa inutile, l’anima si unisce a Dio in modo più puro». Grazie Giovanni Paolo II per questo esempio vivente di santità!

Dal 25 al 27 febbraio si sono tenuti gli esercizi
spirituali del MGS Lazio.
Quest’anno, purtroppo per noi, la casa di
Arcinazzo, abitualmente teatro
degli esercizi dell MGS,  era sepolta dalla neve
e quindi siamo stati costretti a spostarci a Villa Sora, a Frascati.
La nostra guida era Don Mario Pertile, delegato salesiano
per gli Ex-allievi e i Cooperatori, che ci
ha portati a riflettere sulla Strenna del
Rettor Maggiore per quest’anno.
Il Rettor Maggior ci invita a ringiovanire il volto della
Chiesa e la prima meditazione è partita proprio
dal brano della Lettera di S. Paolo agli
Efesini che ha ispirato il Rettor Maggiore.
Don Mario ha sottolineato il
rapporto che lega Cristo alla sua Chiesa e che testimonia
il Suo amore per Lei, amore che va oltre
le negatività che si possono vedere nella Chiesa.
Ha sottolineato come nella vita del credente
ci siano periodi di maturazione
che portano a vedere la Chiesa prima in
chiave di disaffezzione e di
contrasto e poi in chiave positiva ,
come qualcosa in cui si gioca e si
arriva a soffrire per essa.
Oltre a questo occorre uno sguardo di fede che
permetta di vedere la Chiesa alla stesso modo
di come si vede il rapporto
con Dio, con un Dio che non si manifesta in segni robusti,
ma in modo semplice e discreto.
La Chiesa è quindi amata da Dio, arricchita da doni
che si vedono nella storia, ma è anche
segnata da pesantezze, rughe e
peccati, a partire da quelli compiuti da ognuno di noi.
Dunque per amare la
Chiesa occorre avere una grande fede
che permette di andare oltre una
visione limitata della realtà della Chiesa.
Questa, come le meditazioni
successive, è stata seguita da un momento
di adorazione e di riflessione
personale che poteva essere fatta davanti al
Santissimo oppure in giro per
la struttura… La sera abbiamo vissuto un momento
di animazione in stile salesiano prima di fare una
Via Crucis meditata che riprendeva quella fatta
durante la GMG di Roma del 2000
con alcune preghiere molto forti, una via
crucis fatta non camminando dietro
alla croce ma stando davanti ad essa e
pregando. 

 Il sabato abbiamo avuto la giornata
più impegnativa, ma anche più ricca.
Dopo un buon risveglio e una ricca colazione,
ci siamo recati in cappellina per la
preghiera delle Lodi e poi abbiamo
ascoltato la predicazione sul Vangelo
della samaritana,un vangelo molto complesso
basato sul dialogo tra questa donna samaritana e Gesù,
che si conclude con il riconoscimento da parte
della donna che Gesù è il Messia. Un vangelo basato su
un dialogo che spesso sembra condotto su piani diversi,
come se la donna e Gesù non si capissero
ma che poi culmina con questo riconoscimento
e l’adesione al suo messaggio. Don Mario inoltre ha
attualizzato questo vangelo alla nostra situazione di
animatori salesiani sottolineando come bisogna
essere ai crocicchi della storia dei nostri giovani
e come siamo chiamati ad esserci nei nostri
limiti ( Gesù al pozzo era stanco… ). Ci ha sollecitato a
lasciare le nostre brocche basate sul linguaggio
non comprensibile  per andare incontro ai giovani
e ai loro bisogni più profondi, alla loro sete.
Dopo il momento di adorazione e il pranzo ci saremmo
voluti rilassare in cortile ma il tempo non l’ha permesso
e allora una bella suonata in allegria che è durata
fino alla terza meditazione, incentrata sul vangelo
di Emmaus, su quest’incontro che,in filigrana, ci ricorda
quello che noi viviamo ogni domenica con Gesù che
si fa compagno di viaggio, spiega la Parola, spezza il pane,
e ci chiama ad essere testimoni sulle strade del mondo.
Come educatori siamo chiamati a farci compagni di viaggio
dei giovani, con una presenza che condivide la fatica del
cammino e sa essere amica. In quest’ottica l’episodio di
Emmaus diventa una pedagogia della fede, che trova
nella celebrazione e nell’Eucarestia la fonte e la meta.
Dopo la riflessione sul vangelo di Emmaus
ci siamo ritrovati per celebrare l’Eucarestia e poi ci siamo recati a cena.
Dopo cena abbiamo voluto passare un momento di
fraternità e di gioia insieme con giochi, canti e scenette
prima di recarci nuovamente in cappellina per l’adorazione
con cui abbiamo ringraziato il Signore per i molti doni
che ci ha fatto durante questi esercizi.
La domenica ci ha visto nuovamente impegnati nella
riflessione grazie al Vangelo del Buon Samaritano
che per gli educatori presenta  alcuni elementi importanti
su cui riflettere: innanzitutto il fatto che siamo
chiamati a vedere il prossimo non solo con
gli occhi della vista , come hanno fatto il sacerdote
e il levita che sono passati oltre, ma con il cuore
come il samaritano che ne ebbe compassione..
e da quell’averne compassione
derivano le altre azioni. Inoltre il prossimo non
può essere deciso a priori o incasellato in una casistica
come pretendeva il dottore della legge.
Chiunque ha bisogno di noi e ci
interpella, è il nostro prossimo, da amare e da servire.
Da qui il collegamento con il trinomio
salesiano che è alla base del sistema preventivo:
ragione religione e amorevolezza.
Il centro di tutto però non è capire chi sono i nostri
destinatari, ma che noi  dobbiamo diventare amorevoli,
compassionevoli,essere coinvolti, vicini…
in una parola farci prossimi dei giovani.
Nella riflessione di gruppo abbiamo analizzato ancora
questi problemi cercando di chiarire più a fondo
il nostro essere educatori e farci prossimi dell’altro.
Nel pomeriggio abbiamo racchiuso tutto nell’Eucarestia
conclusiva che ha terminato
questa bellissima esperienza richiamandoci
all’impegno nel quotidiano.

foto di gruppo

foto a pranzo