Inquietami!

Amami di più, Signore, affinché io ti ami. 
Cercami di più, affinché io possa trovarti. 
Inquietami, perché io non ti cerco. 
Potami di più, affinché possa fiorire di più. 
Spogliami, affinché io non ti camuffi. 
Insegnami ad accogliere, affinché io ti aspetti. 
Guardami in tutti, affinché ti veda in tutti. 
Per quelli che non hanno saputo aspettare te, 
per quelli che hanno paura di incontrarti, 
per quelli che pensano di averti perso, 
per tutti quelli che attendi nella morte, 
riconoscente, voglio cantarti, Amore, 
perché finiamo sempre per vincerti!

(P. Casaldàliga)

Non si può servire Dio e la ricchezza

La parabola del fattore infedele si chiude con un messaggio sor­prendente: l’uomo ricco loda il suo truffatore. Sor­preso a rubare, l’ammini­stratore capisce che verrà licenziato e allora escogi­ta un modo per cavarsela, un modo geniale: adotta la strategia dell’amicizia, creare una rete di amici, cancellando parte dei lo­ro debiti. Con questa scel­ta, inconsapevolmente, e­gli compie un gesto profe­tico, fa ciò che Dio fa ver­so ogni uomo: dona e per­dona, rimette i nostri de­biti. Così da malfattore di­venta benefattore: regala pane, olio, cioè vita, ai de­bitori. Lo fa per interesse, certo, ma intanto cambia il senso, rovescia la dire­zione del denaro, che non va più verso l’accumulo ma verso il dono, non ge­nera più esclusione ma a­micizia.

Il personaggio più interes­sante della parabola, su cui fermare l’attenzione, è il ricco, figura di un Signore sorprendente: il padro­ne lodò quell’amministra­tore disonesto, perché ave­va agito con scaltrezza, aveva puntato tutto sull’a­micizia. Qui il Vangelo re­gala una perla: fatevi degli amici con la disonesta ricchezza perché quando es­sa verrà a mancare vi ac­colgano nelle dimore eter­ne. Fatevi degli amici. Amicizia diventata coman­damento, umanissimo e gioioso, elevata a proget­to di vita, fatta misura dell’eternità. Il messaggio della parabola è chiaro: le persone contano più del denaro.

Amici che vi accolgano nel­la casa del cielo: prima di Dio ci verranno incontro coloro che abbiamo aiutato, nel loro abbraccio ri­conoscente si annuncerà l’abbraccio di Dio, dentro un paradiso generato dal­le nostre scelte di vita.

Nessuno può servire due padroni. Non potete servi­re Dio e la ricchezza. Af­fermazione netta: il dena­ro e ogni altro bene mate­riale, sono solo dei mezzi utili per crescere nell’a­more e nella amicizia. So­no ottimi servitori ma pes­simi padroni. Il denaro non è in sé cattivo, ma può diventare un idolo e gli i­doli sono crudeli perché si nutrono di carne umana, aggrediscono le fibre inti­me dell’umano, mangiano il cuore. Cominci a pensa­re al denaro, giorno e not­te, e questo ti chiude pro­gressivamente in una prigione. Non coltivi più le a­micizie, perdi gli amici; li abbandoni o li sfrutti, op­pure saranno loro a sfruttare la situazione.

La parabola inverte il pa­radigma economico su cui si basa la società contem­poranea: è il mercato che detta legge, l’obiettivo è u­na crescita infinita, più de­naro è bene, meno dena­ro è male. Se invece legge comune fossero la so­brietà e la solidarietà, la condivisione e la cura del creato, non l’accumulo ma l’amicizia, crescerebbe la vita buona.

Altrimenti nessun povero ci sarà che apra le porte della casa del cielo, che a­pra cioè fessure per il nascere di un mondo nuovo.

(p. Ermes Ronchi)

Le tempeste della vita

Comprendete l’ora della tempesta e del naufragio, è l’ora della inaudita prossimità di Dio, non della sua lontananza. Là dove tutte le altre sicurezze si infrangono e crollano e tutti i puntelli che reggevano la nostra esistenza sono rovinati uno dopo altro, là dove abbiamo dovuto imparare a rinunciare, proprio là si realizza questa prossimità di Dio, perché Dio sta per intervenire, vuol essere per noi sostegno e certezza. Egli distrugge, lascia che abbia luogo il naufragio, nel destino e nella colpa; ma in ogni naufragio ci ributta su di Lui. Questo ci vuole mostrare: quando tu lasci andare tutto, quando perdi e abbandoni ogni tua sicurezza, ecco, allora sei libero per Dio e totalmente sicuro in Lui. Che solo ci sia dato di comprendere con retto discernimento le tempeste della tribolazione e della tentazione, le tempeste d’alto mare della nostra vita! In esse Dio è vicino, non lontano, il nostro Dio è in croce. La croce è il segno in cui la falsa sicurezza viene sotto posta a giudizio e viene ristabilita la fede in Dio.

(D. Bonhoeffer)

Signore, donaci il vino della gioia

Qualche volta 
le nostre vite sono come stelle senza luce, 
come arcobaleno senza colore, 
come musica senza suono. 
Qualche volta alle nostre vite manca la gioia. 
Eppure, tu, Signore ci affidi la responsabilità 
di diffondere la gioia che viene dall’averti conosciuto, 
la gioia che viene dal saperci amati da te. 
Tu deponi questo tesoro dentro di noi, 
lo metti nelle nostre mani, 
affinché noi lo moltiplichiamo 
e lo condividiamo. 
Ogni nuovo giorno che nasce, 
è un dono che tu ci fai 
per accrescere in noi la gioia. 
Tu desideri solo 
che prendiamo coscienza 
della gioia che è in noi. 
Allora aiutaci a conquistarla 
anche quando la nostra vita 
sembra naufragare 
tra le onde della rassegnazione. 
Cambia la nostra tristezza in vita, 
cambia la nostra ombra in luce, 
cambia la nostra acqua in vino nuovo 
e trasformala in fontana di gioia, 
per noi e per tutti i fratelli. 
Amen

(D. Angelo Saporiti)

Senza inchiostro

Senza inchiostro non si stampa sul bianco.
Senza l’abisso non risalta la montagna.
Senza il vuoto l’acqua non modella il mare.
Senza la miseria Dio non scrive la misericordia.
Senza la notte non si vedono le stelle.
Senza il tramonto non nasce l’aurora.
Senza il dolore non si conosce l’amore
Senza la morte non arriva la vita

(P. Andrea Panont)

Gesù senza filtri

filtri per Gesù (colored)

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrubedi cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
(dal Vangelo di Luca 15,1-32)

Qualche giorno fa mi è capitato di fare per conto di una amica, poco esperta di web, l’attivazione di una promozione via internet. Si trattava di scrivere al sito internet della casa produttrice del telefono appena acquistato in negozio, e farsi così spedire a casa un regalo che legato al prodotto.
Sembrava a una cosa veloce, da come era descritta nel volantino e anche dalle parole del venditore. Ma non è stato poi così semplice.
Anche se non sono nuovo nella navigazione internet e negli acquisti on line, devo dire che ad un certo punto di tutto il processo di attivazione della promozione, ho avuto la sensazione che sotto la facciata bella e accattivante della promozione stessa ci fosse in realtà l’intenzione di scoraggiare chi avesse proceduto a fare tutta la trafila di dati da inserire e di link da cliccare…
Ma essendo un po’ testardo in queste cose, alla fine ci sono riuscito. Se avesse provato la mia amica, si sarebbe arenata dopo il secondo passaggio.
Gesù dà fastidio ai suoi contemporanei, specialmente a coloro che pensano di detenere l’unica via di accesso a Dio. Gesù è troppo accessibile, viene troppo facilmente avvicinato come maestro e rende Dio troppo vicino a chiunque. Anzi sembra che coloro che nella mentalità del tempo sono i lontani da Dio e dalle sue leggi, siano proprio quelli che più facilmente ricevono il tocco personale di Gesù e addirittura il perdono di Dio per mezzo suo.
Questa è la cornice che contiene le tre parabole della misericordia, di cui la più famosa è quella cosiddetta del figliol prodigo. Ma anche le altre due, quella della pecora perduta e ritrovata dal pastore e quella della moneta persa e ritrovata dalla donna, sono all’interno di questo contesto di azione di Gesù.
L’evangelista racconta le tre parabole proprio per questi religiosi del suo tempo scandalizzati dalla sua azione. Ai peccatori e alle prostitute, che stanno con lui, non ha bisogno di raccontare e spiegare nulla, perché toccano con mano e fanno esperienza diretta dell’infinita misericordia di Dio.
Forse Luca riprende questi insegnamenti di Gesù proprio per i cristiani del suo tempo, che formavano una piccola comunità sicuramente già segnata dai limiti che ancora oggi fanno parte dell’esperienza della Chiesa. Penso infatti che anche oggi rischiamo come Chiesa di ripetere l’errore degli scribi e farisei del tempo di Gesù, mettendo più o meno consapevolmente dei paletti rigidi all’esperienza di incontro con Dio. L’insegnamento morale, che rimane fondamentale e irrinunciabile, non può però mai venir prima dell’annuncio di chi è Gesù e dell’infinita capacità di accoglienza che caratterizza lui e i suoi discepoli, allora come oggi. Gesù davvero incontrava chiunque e senza filtri e paletti (“…se non sei così o se fai quel peccato non puoi avvicinarti e fare parte del gruppo…” ecc). Forse l’unico filtro è la disponibilità ad ascoltarlo. Ma sembra proprio che avesse una tale capacità di amare che anche il più lontano si sentisse attratto. E quando sulla croce sarà invece abbandonato da tutti, proprio li con le braccia aperte consegnerà la sua vita per tutti, compresi i suoi nemici. I chiodi della croce non bloccano l’amore ma lo amplificano!
Il mormorio dei religiosi del tempo di Gesù interrogano anche me e la mia capacità di accoglienza e di testimonianza della misericordia di Dio.
Mi domando se sono capace anch’io di fare della mia vita un racconto dell’amore di Gesù. Mi domando se nelle mie scelte anche piccole di vita mostro la capacità infinita di amare di Gesù, anche rischiando di fare brutta figura e di scandalizzare qualcuno di mentalità più ristretta.
In questa domenica con la mia comunità parrocchiale, festeggio i 20 anni di ministero presbiterale. E’ una occasione ulteriore di fare un bilancio, non tanto di quello che materialmente ho fatto (e ho fatto ben poco… non ho chiese o strutture alle mie spalle), ma di quanto ho mostrato il Gesù di questa pagina di Vangelo, cioè aperto e misericordioso.
E’ anche tempo di fare il bilancio di quanto ho fatto io esperienza di accoglienza da parte di altri che con le loro braccia aperte mi hanno fatto sperimentare la misericordia di Gesù. E devo dire che la pagina del Vangelo per me è davvero diventata concreta e sperimentata nel corso della mia vita e specialmente di questi 20 anni.
Di questo sono davvero immensamente grato al Signore.

Grazie Signore per tutte le volte che mi hai abbracciato con le braccia di chi mi ha accolto così come sono, senza filtri e senza pretese.
Grazie Gesù che mi hai fatto sentire le tue parole di perdono con le parole di chi mi ha perdonato anche quando non avevo nessun merito di essere perdonato.
Grazie Dio perché mi hai sempre cercato anche quando mi sono messo su strade sbagliate e pericolose, ma mai irraggiungibili dalla tua bontà.
Grazie perché mi hai fatto sentire prezioso come quella moneta persa in casa e che qualcuno cerca in tutti i modi anche se ne ha già altre. Mi hai cercato e ritrovato, e mi spingi a fare altrettanto specialmente con chi si sente perduto e lontano, non solo da te, ma anche da se stesso e dalla propria felicità.
Grazie Signore Gesù, perché ho capito che non sei difficile da trovare e non metti filtri come posso fare io con qualche scusa o con la mancanza di speranza.
Non sei difficile da incontrare! Fa che possa dirlo anch’io a chiunque ti cerca e anche a coloro che hanno smesso di cercarti pensando di essere troppo lontani e troppo peccatori…

 

Giovanni don

L’amore

Un giorno un uomo si recò da un vecchio saggio per chiedergli consiglio. Disse che non amava più la sua sposa e che pensava di separarsi da lei. 
Il saggio lo ascoltò, lo guardò negli occhi, e disse solamente una parola: 
“Amala” e tacque. 
“Ma io non provo più nulla per lei”. 
“Amala”, ripeté il saggio. 
Di fronte allo sconcerto del visitatore, dopo un opportuno silenzio, il vecchio saggio aggiunse: 
“Amare è una decisione, non solo un sentimento, amare è dedicarsi ed offrirsi, amare è un verbo e il frutto di questa azione è l’amore. L’amore è simile al lavoro di un giardiniere: egli strappa ciò che fa male, prepara il terreno, coltiva, innaffia e cura con pazienza. Affronta periodi di siccità, grandine, temporale, alluvione, ma non abbandona mai il suo giardino. Ama la tua compagna, accettala, valorizzala, rispettala, dalle affetto e tenerezza, ammirala e comprendila. 
Questo è tutto; amala”. 

La vita senza amore potrebbe avere queste conseguenze:
L’intelligenza senza amore ti renderebbe insensibile.
La giustizia senza amore ti renderebbe ipocrita.
Il successo senza amore ti renderebbe arrogante.
La ricchezza senza amore ti renderebbe avaro.
La docilità senza amore ti renderebbe servile.
La bellezza senza amore ti renderebbe superbo.
L’autorità senza amore ti renderebbe tiranno.
Il lavoro senza amore ti renderebbe schiavo.
La preghiera senza amore ti renderebbe arido.
La fede senza amore ti renderebbe fanatico.
La croce senza amore si convertirebbe in tortura.
La vita senza amore non avrebbe alcun senso.
Nella vita l’amore è tutto…

(anonimo)

La croce gloriosa

C’è lo sguardo di chi giudica,
la parola che critica,
c’è l’ambizione di arrivare,
il bisogno di sicurezze…
Ma tu, mio Dio, sei solo Amore!
E questo cambia tutto!
Tu vieni ad ogni istante
a cambiare il mondo:
insegnaci “i gesti che salvano”,
donaci di saperci scambiare
la dolcezza del tuo sguardo,
la pazienza del tuo cuore…
Insegnaci ad entrare
nella pace del silenzio,
nella tenerezza dell’accoglienza.
Amen.

(Anne Sophie)

Come vorrei che tu venissi

Come vorrei che tu venissi tardi, 
per avere ancora tempo di annunciare 
e di portare la tua carità agli altri. 

Come vorrei che tu venissi presto, 
per conoscere subito, alla fonte, il calore della carità. 

Come vorrei che tu venissi tardi, 
per poter costruire nell’attesa, 
un regno di solidarietà, di attenzione ai poveri. 

Come vorrei che tu venissi presto, 
per essere subito in comunione piena e definitiva con te. 

Come vorrei che tu venissi tardi, 
per poter purificare nell’ascesi, 
nella penitenza, nella vita cristiana la mia povera esistenza. 

Come vorrei che tu venissi presto, 
per essere accolto, peccatore, nella tua infinita misericordia. 

Come vorrei che tu venissi tardi, 
perché è bello vivere sapendo che tu ci affidi 
un compito di responsabilità. 

Come vorrei che tu venissi presto, 
per essere nella gioia piena. 

Signore, non so quello che voglio, 
ma di una cosa sono certo: 
il meglio è la tua volontà. 

Aiutami ad essere pronto a compiere 
in qualsiasi tempo e situazione 
la tua volontà d’amore per noi, 
adesso e al tempo della mia morte. Amen. 

(Anonimo, da alcuni attribuito a Giovanni Paolo II)

Gesù non vuole ammiratori ma discepoli

Gesù hippy (colored)

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
(dal Vangelo di Luca 14,25-33)

E’ davvero molto strano Gesù…
Se fosse l’amministratore delegato di qualche azienda verrebbe probabilmente licenziato per quello che oggi dice nel Vangelo.
Il Vangelo di Luca inizia con le folle che seguono questo Maestro. Sembra proprio che abbia il successo sperato e per il quale ha lavorato molto predicando per villaggi e città.
Il successo è stato raggiungo, ma invece di tenersi stretti le folle di ammiratori, Gesù inizia a parlare in maniera molto dura, con espressioni che rischiano di ferire e allontanare proprio quelli che gli stanno attorno.
Per ben tre volte dice “…non può essere mio discepolo”, mettendo delle clausole che sembrano davvero difficili da accettare. Ma Gesù vuole avere si o no dei discepoli? E’ interessato ad essere seguito?
La risposta è ovviamente “si”. Dio non sarebbe uscito dall’Eternità diventando uomo fino alla morte se non avesse voluto incontrare davvero l’umanità e stringerla a se con un legame sempre più forte. Ma il legame che Gesù vuole costruire con gli uomini non è certamente superficiale e passeggero, come quello di uno spettatore che segue distrattamente una trasmissione televisiva pronto a cambiare facilmente canale appena è meno interessante.
Gesù non vuole folle di seguaci distratti e superficiali. Vuole amici stretti pronti a dare per Lui non qualcosa, ma tutto, proprio come Lui ha dato tutto se stesso per loro.
In questa ottica si capiscono bene quelle espressioni difficili del vangelo che devono essere comprese a fondo per non essere travisate. La traduzione una volta metteva in bocca a Gesù una parola che nel significato originale non è corretta, e cioè “odiare il padre, la madre… e la propria vita”. La traduzione oggi coglie il vero significato e mette così : “…Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre… ecc”. Gesù è davvero sopra tutto e sopra ogni altro amore, persino quello per la propria vita. Questo non è certo un invito ad odiare se stessi e gli altri, ma l’opposto! Amare Gesù porta ad amare tutto quello che siamo e chi ci sta attorno con una forza di amore davvero più grande, arrivando ad amare persino i propri nemici. Anzi la misura del nostro amore per Dio la calcoliamo proprio dalla capacità di amare la vita e le persone, i nostri cari come anche gli stranieri, i poveri e i nemici. E mettere al primo posto Dio significa anche diventare liberi da ogni forma di accumulo di ricchezza di dipendenza da essa. Avere l’amicizia di Dio e il suo amore dentro di noi ci rende liberi dalla dipendenza che spesso sentiamo di avere dai beni, una dipendenza che ci pesa e ci rende schiavi e tristi.
Siamo in un periodo storico dove sembra smarrita la via per seguire Gesù. E non lo vediamo solo perché le Chiese sono più vuote alla domenica, ma dalla minor capacità di amarsi, di volersi bene nella società e dal costante pericolo di farci guerra. L’uomo non è discepolo di Dio solo quando dedica qualche momento di culto e di preghiera. L’uomo segue Dio quando in ogni aspetto della vita mette in pratica i suoi insegnamenti dell’amore, e ama la sua legge più di tutte le altre leggi e consuetudini umane.
Un grande Vescovo, Tonino Bello, di cui ricorre quest’anno il ventesimo anniversario della morte, ci ha lasciato tra i vari scritti questo invito alla pace. Amare la pace e metterla come obiettivo obbligato per la propria vita è proprio di ogni discepolo vero di Gesù. Se vogliamo essere suoi discepoli, e non dei distratti ammiratori, dobbiamo amare la pace che lui ci insegna e ci dona.

Giovanni don

SPEZZATI IN QUATTRO PER LA PACE
di don Tonino Bello

Prega per la pace. La pace vera, quella totale, completa, è un dono di Dio. Non è solo frutto degli sforzi umani. Se tu la implorerai come dono di Dio, la pace diventerà anche storicamente possibile, politicamente raggiungibile e diplomaticamente realizzabile.

Allenati al dialogo. Fin da ora. Con i genitori. Con gli educatori. Con i compagni. Con chi non la pensa come te. Combatti contro la corsa alle armi. Grida a tutti che è una cosa ingiusta fabbricare armi mentre la gente muore di fame.

Cambia il tuo cuore. È dal cuore vecchio che nasce la guerra. Chiedi al Signore che ti tolga il cuore di pietra e te ne dia uno di carne.

Educati alla pace. Si, perché la pace è anche un’arte che si impara. Non basta lo slogan. Non basta una marcia. Non basta un cartello. Ci vuole lo studio. Occorre il confronto. Occorre soffrire. Ti sarà necessario anche prendere posizione: l’equilibrismo non è il modo giusto per difendere la pace.

Per la pace fatti in quattro pure tu! Ce la farai!