donbosco5

31 GENNAIO 2006
SAN GIOVANNI BOSCO, SACERDOTE

Il migliore consiglio è di fare bene quanto possiamo e poi non aspettarci la ricompensa dal mondo ma da Dio solo.

I due sostegni più forti per sostenervi e camminare per la strada del Celo sono i Sacramenti della Confessione e Comunione. Perciò guardate come gran nemico dell’anima vostra chiunque cerca di allontanarvi da questi due Sacramenti.

Tutti dobbiamo portare la croce come Gesù, e la nostra croce sono le sofferenze che tutti incontriamo nella vita.

Ricordatevi, che ogni cristiano è tenuto di mostrarsi propositivo verso il prossimo, e che nessuna predica è più vera del buon esempio.

Quando si tratta di qualche cosa che riguarda la grande causa del bene, don Bosco vuol essere sempre all’avanguardia del progresso.

Tenete a memoria, che la solita parola che usa il demonio quando vuole spingerci al male è: Oh! è niente!

Tutto passa: ciò che non è eterno è niente!

Un grosso ciao a tutti gli amici di Luca!

Sono don Marco, giovane sacerdote della diocesi di Milano.

Le vie che mi hanno portato a conoscere Luca sono le vie della rete, una cosa splendida, una scoperta per me…

Ringrazio Luca che mi ha invitato a collaborare.

Condivido con voi l’omelia di ieri, se può fare del bene…

A presto!

Don.

“Fa’ che in noi crescano la luce della tua verità e la forza della tua grazia”: abbiamo pregato così nella prima orazione di questa celebrazione.

Abbiamo chiesto di essere nella luce della verità: ma cosa vuol dire essere nella luce della verità? Il vangelo che abbiamo ascoltato ci presenta una situazione opposta: l’uomo che sta davanti a Gesù, posseduto da uno spirito immondo, segno del male, non è nella verità, vive in una situazione “di comodo” da cui non vuole uscire: “Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci!” Sei venuto a mettere in discussione i nostri equilibri, le nostre certezze, i nostri schemi… fragili equilibri, certezze vane, schemi egoisti!

Davanti a Gesù veniamo alla luce per quello che siamo, viene alla luce la nostra verità e la sua parola ci ridona la vita: “Taci! Esci da quell’uomo. E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.” È la forza della grazia di Dio, che abbiamo invocato sempre nella prima orazione, grazia di Dio che si esprime nella parola di Gesù che conduce alla verità…
Ma quando siamo nella luce della verità? L’indemoniato viene riportato alla verità attraverso l’ascolto della parola: siamo nella verità quando ascoltiamo la Parola!

Ascoltare: è un verbo che ricorre più volte nelle letture di questa domenica:

ü      Nella prima lettura Dio parla così al popolo attraverso Mosè: “Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto.”
ü      E poi ancora: “Se qualcuno non ascolterà le parole, che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto.”
ü      Nel salmo responsoriale abbiamo ripetuto più volte: “Fa’ che ascoltiamo, Signore, la tua voce.”
ü      E ancora il salmista ci ha invitato così: “Ascoltate oggi la sua voce”
ü      Nel vangelo la folla si mette in ascolto delle parole di Gesù e ne riconosce l’autorità.  
ü      L’indemoniato ascolta Gesù e reagisce urlando.
ü      Infine anche lo spirito immondo ascolta Gesù e se ne va dalla vita di quell’uomo.

Ascoltare, ascoltare perché la Parola di Dio è una parola che compie, realizza, attua ciò che dice. La parola di Dio è una parola che accade… “Taci! Esci da quell’uomo”: e lo spirito immondo se ne va… è bastata una sola parola, una sola, semplice, ed è accaduta! Accade la parola, accade la liberazione perché io mi pongo in ascolto della parola!
Ascoltare come atteggiamento concreto del mio vivere, del mio esistere: a partire dalla famiglia, tra coniugi, tra genitori e figli, sui luoghi di lavoro con i colleghi, nella società tra chi guida le sorti dei popoli e chi è nel bisogno: ascoltare per comprendersi, per mettersi in gioco e per camminare insieme nella vita!

L’ascolto ci fa essere nella luce della verità!
Ascoltare e vivere la Parola è essere nella luce della verità: ma cosa è questa verità? È la domanda che ci siamo posti all’inizio…
E sembra quasi che tutti, nella nostra società siano lì, pronti a dare una risposta a questa domanda; viviamo in una società e in un mondo che pretendono di colmare le nostre esistenze e i nostri giorni di tutto: la verità è il tuo successo, la verità sono i soldi che hai nel portafoglio, la verità è la tua carriera ad ogni costo… quante persone vivono inseguendo queste lucciole come se fossero la verità!

Il cristiano invece sa che la verità è altro, è una persona: Gesù ha detto, “Io sono la verità!” Lui è la verità del nostro esistere, è il compimento, la realizzazione piena della nostra vita.
Lui è ciò che solo può dare un significato allo scorrere dei giorni: noi riempiamo le nostre giornate di tante cose, di tanti incontri, di tante parole… ma se in tutto questo Lui non c’è le nostre giornate sono piene di vuoto, di nulla, e noi ci affatichiamo e continuiamo a riempirle di vuoto e di nulla!
Abbiamo bisogno di riscoprire dove sta la verità della nostra vita!
Ci conceda allora il Signore “la luce della sua verità e la forza della sua grazia” perché possiamo sempre riscoprire la grandezza del dono di Dio che la vita ci chiama a vivere!

Passi il tuo soffio

Vieni, Signore, passi il tuo soffio
come la brezza primaverile
che fa fiorire la vita
e schiude l’amore,
o come l’uragano che scatena
una forza sconosciuta
e solleva energie addormentate.

Passi il tuo soffio nel nostro sguardo
per portarlo verso orizzonti
più lontani e più vasti.

Passi il tuo soffio sui nostri volti rattristati
per farvi riapparire il sorriso,
sulle nostre mani stanche per rianimarle
e rimetterle gioiosamente all’opera.

Passi il tuo soffio fin dall’aurora
per portare con sé tutta la nostra
giornata in uno slancio generoso.

Passi il tuo soffio
all’avvicinarsi della notte
per conservarci nella tua luce
e nel tuo fervore.
Passi e rimanga in tutta la nostra vita
per rinnovarla e donarle le dimensioni
più vere e più profonde.

P. MAIOR

IL GIORNO DELLA MEMORIA

Oggi è il Giorno della Memoria, e questo giorno per me ha sempre un’impatto forte…. quest’anno ho deciso di ricordare la memoria di uno tra i molti italiani che hanno rischiato la loro vita per salvare migliaia di ebrei dalla morte e che sono annoverati tra i Giusti delle Nazioni.

30 dicembre, sabato
La notte scorsa è successo un fatto terribile. Hanno preso un gruppo di ebrei del ghetto e li hanno trucidati in piazza Ferenc Liszt e in via Eötvös. Abbiamo prima udito le grida e le suppliche di centinaia di persone, e poco dopo gli spari.
All’alba mi sono recato sul posto e ho visto che i morti erano per la maggior parte donne e bambini. La mattina sono andato all’hotel Hungaria per incontrare il delegato della Croce Rossa Internazionale, Weyermann. Improvvisamente mi si è avvicinato un ufficiale ungherese, pregandomi di andare con lui in riva al Danubio. I miei carabinieri hanno tentato di mandarlo via, temendo un attentato. Poi si sono limitati a rimanermi vicino, ma con i mitra puntati sull’ufficiale.
Tutta la riva del fiume era ricoperta da neve, ma davanti ai caffè Hungaria e Negresco il colore era diventato rosso sangue. Nel fiume si vedevano i corpi nudi di centinaia di morti, che l’acqua non aveva potuto trascinare con sé a causa della presenza di blocchi di ghiaccio. Queste persone erano state ammazzate durante la notte e poi gettate in acqua.
Ho detto all’ufficiale che avevo visto qualcosa di simile vicino al ponte Margherita e gli ho chiesto perché mi avesse invitato qui. Il suo scopo era quello di convincere gli stranieri che l’esercito era estraneo a questi fatti. E’ vero, gli ho risposto, ma l’esercito serve per far rispettare la legge e tutelare i diritti dei cittadini, non per assistere a simili atrocità. Mi hanno raccontato che le vittime erano state costrette a camminare per circa due chilometri, in fila per due, con le mani legate, a piedi scalzi e completamente svestite. Le avevano poi fatte inginocchiare sulla riva del fiume e avevano sparato loro alla nuca.
L’ufficiale mi ha consegnato una donna che si era salvata per essere caduta in acqua prima degli spari. L’avevano slegata e la stavano frizionando con della canfora. L’ho portata con me all’ambasciata.

Da: Enrico Deaglio, LA BANALITA’ DEL BENE Storia di Giorgio Perlasca, Tempo ritrovato, Feltrinelli

Per altre testimonianze e informazioni sul Giorno della Memoria c’è il seguente sito


Tacere

Tacere nell’offesa
è saper conservare
le proprie forze.
Tacere nella preghiera
è l’estasi della preghiera:
quando si ama molto
non lo si sa esprimere.
Tacere nella sofferenza
è adorazione, abbandono cieco
di se stessi all’Amore.
Tacere nel lavoro
è abitare anticipatamente nei cieli,
perché l’unica occupazione dei beati
è di amare in silenzio.
Tacere di se stessi
è sapersi dimenticare.
Tacere nelle contraddizioni
è umiltà.
Tacere con se stessi
è vivere in Dio,
nella solitudine infinita
in cui egli abita.

SUOR MARIA TERESA DELL’EUCARESTIA

Il segno della Croce

Quando fai il segno della croce, fallo bene. Non così affrettato, rattrappito, tale che nessuno capisce , cosa debba significare. No, un segno della croce giu­sto, cioè lento, ampia, dalla fronte al petto, da una  spalla all’altra. Senti come esso ti abbraccia tutto? ! Raccogliti dunque bene; raccogli in questo segno tutti  i pensieri e tutto l’animo tuo, mentre esso si dispie­ga dalla fronte al petto, da una spalla all’altra. Allora tu lo senti: ti avvolge tutto, corpo e anima, ti racco­glie, ti consacra, ti santifica.

 

Perché? Perché è il segno della totalità ed è í1 segno della redenzione. Sulla croce nostro Signore ci ha redenti tutti. Mediante la croce Egli santifica l’uomo nella sua totalità, fin nelle ultime fibre del suo essere.

 

Perciò lo facciamo prima della preghiera, affinché esso ci raccolga e ci metta spiritualmente in ordine; concentri in Dio pensieri, cuore e volere; dopo la pre­ghiera affinché rimanga qui in noi quello che Dio ci ha donato. Nella tentazione, perché ci irrobustisca. Nel pericolo, perché ci protegga. Nell’atto della bene­dizione, perché la pienezza della vita divina penetri nell’anima e vi renda feconda e consacri ogni cosa.

 

Pensa quanto spesso fai il segno della croce. È il segno più santo che ci sia. Fallo bene: lento, ampio, con­sapevole. Allora esso abbraccia tutto l’essere tuo, corpo e anima, pensieri e volontà, senso e sentimento,  agire e patire, e tutto diviene irrobustito, segnato, ! consacrato nella forza di Cristo, nel nome del Dio  uno e trino.

 

 

Domani, festa della Conversione di san Paolo, Benedetto XVI donerà alla Chiesa – e a noi – la sua prima Enciclica, intitolata Deus caritas est. Ha affermato: “In questa Enciclica vorrei mostrare il concetto di amore nelle sue diverse dimensioni”, perché “oggi, nella terminologia che si conosce, ‘amore’ appare spesso molto lontano da quanto pensa un cristiano se parla di carità”.

Che questa Enciclica ci sia di aiuto per comprendere l’importanza che l’amore ha nella nostra vita, perché, come ha scritto san Giovanni della Croce: "Alla fine della vita saremo giudicati sull’amore". Grazie Benedetto XVI.

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GRAZIE
Ringrazia sempre per quel che ricevi. Accorgiti di ciò che ti viene dato e siine riconoscente. Nulla ci è dovuto, tutto è un dono. E’ per questo che senti nascere il grazie ogni volta che qualcuno ti fa più ricco di amicizia, di amore, di gioia, di ogni premura, anche piccola. Il grazie puoi dirlo a parole a non esserne avaro, ma puoi dirlo con tutto te stesso, con ciò che provi, che senti dentro e che puoi manifestare in tanti modi. Dire grazie a volte può essere superfluo per chi lo riceve, ma è sempre una esigenza per te che lo dici. Non manca mai di nulla che sa dire grazie.

Una lieta notizia ci hai portato: è venuta l’ora di Dio. A noi, Signore, indichi come vivere da salvati. – Una lieta notizia ci hai annunciato: il regno di Dio è il regno di pace. A noi, Signore, indichi il cambiamento dei cuori. – Una lieta notizia: morte e solitudine, violenza e ingiustizia sono sconfitte! – A noi, Signore, proponi di collaborare con te per trasformare il mondo in un regno d’amore. -Vogliamo diventare come i primi discepoli Pescatori di uomini e dire: Ti seguiamo.
Madì Drello