Vivere, per Dio e l’uomo, è essere in comunione

 

Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Dogma della Trinità, ovvero quando il racconto di Dio diventa il racconto dell’uomo. La dottrina di Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo non racchiude un freddo distillato di pensieri, ma tutta una sapienza del vivere, colma di indicazioni esistenziali che illuminano la mia vita. Infatti Adamo è creato più ancora che ad immagine di Dio, a somiglianza della Trinità, a immagine di un legame d’amore, di un Dio che non è solitudine. Dove vivere, per Dio e per l’uomo, è essere in comunione. In principio, la relazione; in principio, il legame.

Per questa memoria festosa della Trinità il Vangelo non offre formule, ma riferisce di un appuntamento, di un

monte scalato con il batticuore, perché la fede prima di tutto è desiderio d’incontro: andarono sul monte che Gesù aveva loro fissato.

Alcuni, però, dubitavano. Ci riconosciamo tutti quanti in questa comunità che crede e dubita al tempo stesso. Eppure il dubbio e la poca fede dei discepoli non fermano né scoraggiano il Signore. Anzi fanno nascere una reazione bellissima, invece di rimproverarli, Gesù si fa ancora più vicino: avvicinatosi a loro disse… Ancora non è stanco di parlare, di farsi vicino, delicatamente e senza imporsi, e salvando perfino la loro libertà di dubitare.

Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Potere è parola che in bocca a Gesù cambia di segno: non il potere del mondo, che evoca violenza e sopruso, ma la forza di un Dio che può soltanto ciò che l’amore può.

Andate e battezzate nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito. Andate: Dio si è appena fatto trovare e già t’invita ad andare oltre, per “battezzare”, che significa “immergere” il mondo nel mare di Dio.

I nomi che Gesù sceglie per dire Dio, sono nomi di famiglia, di affetto: Padre e Figlio, nomi che abbracciano, che si abbracciano. Spirito è nome che dice respiro, dice che ogni vita prende a respirare quando si sa accolta, presa in carico, abbracciata. Dio non è in se stesso solitudine, l’oceano della sua essenza vibra di un infinito movimento d’amore: essenza della Trinità.

Insegnate loro ad osservare tutto ciò che vi ho insegnato. Il tutto che Gesù ha insegnato è che la nostra vita è immersa in un mare d’amore. Ai suoi raccomanda: insegnate ad amare. Ed è detto tutto.

Io sarò con voi tutti i giorni. Fino alla fine del mondo. Senza condizioni. Su queste parole si chiude il Vangelo di Matteo e si apre, si fonda la nostra vita.

Tutti i giorni, fino al consumarsi del tempo, dentro gli abbandoni e le solitudini, quando ti sfiora l’ala severa della morte e quando ti pare di volare, Lui sarà con te, sempre. E senza porre mai condizioni.

(p. E. Ronchi)

Lo Spirito ci fa liberi, è vento nel mare di Dio

26Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

Gli Atti degli apostoli raccontano la Pentecoste con i colori dei simboli: il primo è la casa. Mentre si trovavano tutti insieme… un vento riempì la casa.

Un gruppo di uomini e donne dentro una casa qualunque:»la gioia che nessun tempio /ti contiene /o nessuna chiesa /t’incatena:/Cristo sparpagliato/ per tutta la terra,/ Dio vestito di umanità». (Turoldo).

Le case, le creature non sono sante perché ricevono l’acqua benedetta, ma sono degne di ricevere l’acqua benedetta perché sono sante.

Venne dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, che scuote la casa, la riempie, dilaga e passa oltre; un vento che porta pollini di primavera e «non lascia dormire la polvere» (Turoldo). Che è, al tempo stesso, brezza e uragano, che conforta e incalza.

«Lo Spirito santo è il vento che fa nascere i cercatori d’oro» (Vannucci), che apre respiri ed orizzonti, che riempie le forme, le abbandona e passa oltre.

Apparvero lingue come di fuoco che si posarono su ciascuno. Il fuoco è il simbolo di Dio e della nostra vita accesa.

Gli uomini, i bambini, nascono accesi, poi i colpi della vita possono spegnerci. E lo Spirito Santo, vento sugli abissi, Amore in ogni amore, viene a sostenerci nel compito di non lasciarci invadere dal freddo delle relazioni, il rischio che Gesù denuncia: «L’amore di molti si raffredderà in quei giorni» (Mt 24,12).

Nel vangelo Gesù sembra ritrarsi e aprire l’era dello Spirito: Molte cose ho ancora da dirvi. Lo fa con umiltà: non pretende di aver risolto o detto tutto, molte cose restano non dette, molti problemi nuovi sorgeranno lungo il cammino e dovranno avere risposte nuove!

Ma per ora non potete portarne il peso: la sua pazienza per la nostra povera misura, per noi che capiamo a poco a poco le cose. I discepoli sono “quelli della via”, secondo gli Atti degli apostoli; quelli che sono in viaggio, vele che fremono sotto il vento dello Spirito “lui vi guiderà alla verità tutta intera”. I discepoli di Gesù non sono stanziali, camminano verso le “molte cose” ancora da scoprire, verso profondità e intuizioni inattese. La nostra vita è un albeggiare continuo, non un ripetere pensieri già pensati da altri.

La Bibbia risuona da un capo all’altro di un imperativo: alzati e va’! Il verbo più caratteristico dell’uomo di Dio è camminare, avanzare, Gesù stesso dice di sé: Io sono la via.

La sua pedagogia non è arrivare o concludere ma avviare percorsi, iniziare processi: la verità completa è avanti, una scoperta progressiva, un fiorire perenne.

Lo Spirito ci fa liberi e creativi, ci manda al largo nel mare della storia e di Dio, a scoprire nuovi mari quanto più si naviga: noi la vela e lo Spirito il vento.

(E. Ronchi)

Nel Flusso dell’Amore di Dio

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
(dal Vangelo di Giovanni 15,9-17)

Ci sono esperienze nella vita che non è possibile raccontare e spiegare senza la consapevolezza che vengano di fatto “ridotte” da qualsiasi parola si usi.
Impossibile raccontare quello che si prova quando ci si innamora. E’ davvero arduo trasmettere con le parole la bellezza di un paesaggio meraviglioso. Anche una esperienza di dolore profondo e un lutto non sono mai pienamente descrivibili con le parole specialmente se l’esperienza di dolore ci tocca da vicino. Le parole aiutano a capire le esperienze vissute ma spesso le semplificano troppo e succede anche che sminuendole le “rovinino”. Forse solamente i grandi poeti sanno usare le parole nel modo giusto per raccontare la vita, i sentimenti e l’amore…
Ma io non sono un poeta, e ho paura nel cercare di “spiegare” le parole del Vangelo di questa domenica senza di fatto “ridurle”. Sento infatti le parole del Vangelo “avvolgenti” e indescrivibilmente luminose per il cuore e la vita.
E’ dunque questa la mia proposta di spiegazione per questo brano di Vangelo che nel capitolo 15 di Giovanni: lasciamoci avvolgere da queste parole di Gesù immaginandoci il Maestro che sta parlando a me, a noi adesso.
Questo amore che viene da Dio è proprio una linfa vitale che scorre dalla vite e vuole arrivare fino all’ultimo tralcio perché riesca a portare quel frutto d’amore che può far nascere.
Leggendo e rileggendo le parole di Gesù che l’evangelista e discepolo Giovanni riporta in questo brano, sento che la direzione dell’amore è principalmente da Dio verso l’uomo, verso di me, e non il contrario, se non in minima parte. “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi… rimanete nel mio amore… perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena… Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”.
Prima ancora che nella testa come ragionamento, sento queste parole come dono spirituale profondo che vuole dare vita a tutto quello che sono: mente, cuore, azioni, relazioni… E’ un flusso di amore che mi fa intravedere il cielo aperto realmente anche in quei momenti in cui mi sento solo, o quando la vita mi mette alla prova e ho la tentazione di pensare che prevalga il male dentro e fuori di me.
Sento che queste parole mi portano a guardare con fiducia il mondo ed ad amarlo con quell’amore che viene dal cielo senza interruzione.
Sento che queste parole mi invitano a non fuggire dalla realtà della mia vita e della storia ma ad affrontarla con quella fiducia che anche Dio possiede e che lui stesso mi ha messo dentro. Il Padre ama l’umanità e lo dimostra mandando il Figlio Gesù che mette se stesso nelle mani degli uomini chiamandoli amici e non trattandoli mai da servi.
Voglio avere anche io questa fiducia e questo sguardo positivo, superando la logica che spesso porta gli uomini a servirsi l’uno dell’altro, ma sentendo il mio prossimo come amico e fratello per il quale dare la mia vita come ha fatto Gesù.
Sembra incredibile, ma le parole di Gesù suggeriscono al mio cuore di non mettere al primo posto Dio, ma di mettere l’uomo al primo posto nel mio impegno concreto di amare. Se quale volta è bene che alzi lo sguardo al cielo pensando a Dio, è più importante che abbassi lo sguardo verso l’uomo e non smetta di amare, proprio come fa il Padre, con quell’amore che dall’alto è sceso in me, perché porti frutto e io sia felice di amare e sentirmi amato.

Giovanni don

 

Mi scappa da ridere…

Succede nei momenti più impensati:
a scuola, sull’autobus
o mentre tutti, intorno a me,
sono seri e pensierosi.
Non so perché accada,
ma sento in me
il brivido elettrizzante della vita
e non posso fare a meno
di lasciarlo scivolare sulla pelle
come una carezza
a lungo sperata.
Mi scappa da ridere, Signore,
e sulle labbra assaporo
tutta la dolcezza dell’allegria
che questi anni mi regalano.
Mi scappa da ridere, Signore,
perfino al mattino presto
quando mi infilo il maglione
e fuori dalla finestra
il sole non vuol saperne
di uscire dalle coperte della notte.
Mi scappa da ridere, Signore,
e a volte mi vergogno un po’
perché i miei amici mi guardano
come fossi una pazza.
Ma l’allegria che mi sgorga da dentro
non è follia,
forse è preghiera,
o forse è il tuo Spirito
che fa il solletico alla mia anima.
Mi scappa da ridere, Signore,
e sono certa
che anche tu ridi con me.
Amen.

Emily Shenker

Adesso esisto io

Ho voglia di tornare a sorridere, di respirare aria nuova e pulita, ho voglia di buttarmi alle spalle le preoccupazioni e le persone che hanno infangato la mia anima. Ho voglia di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, ho voglia di recuperare ogni briciola di dignità che avevo seminato percorrendo un cammino che non mi apparteneva. Adesso esisto io, il mio mondo e il mio sorriso.

(D. Antonelli)

 

Tagliare per vivere

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
(dal Vangelo di Giovanni 15,1-8)

In questo tempo di profonda crisi economica, nella quale siamo ancora immersi nonostante gli annunci di un miglioramento, la ricetta più usata per risollevare i conti sia a livello statale che locale è stata senza dubbio quella dei tagli. Tagliare risorse, sovvenzioni e investimenti per risparmiare e poter far fronte ai debiti. Non entro nel merito, perché la mia competenza in campo economico è minima, ma da più parti è stato detto che non sempre il tagliare è positivo, specialmente quando colpisce le fasce più deboli della popolazione e anche quando colpisce ricerca, scuola e investimenti… Se per risparmiare si taglia indiscriminatamente, alla fine si taglia anche il futuro di giovani e famiglie.
Nella crisi della storia a livello umano, anche Dio opera dei taglia, e Gesù ci parla di Lui come di uno con la forbice in mano. E’ il coltivatore della vigna che con il suo strumento tagliente si aggira per il vigneto ma con un occhio sapiente e con intenzioni buone e non per praticare tagli indiscriminati. Dio guarda l’umanità con la piena fiducia che essa può portare un ottimo frutto, perché nel buon frutto dell’umanità Dio trova la propria gloria. Lui non taglia in modo indiscriminato e per capriccio, ma pratica una “purificazione” (questo è il termine esatto quando Gesù dice “lo pota perché porti più frutto”) che ha lo scopo di esaltare il prodotto e non deprimerlo.
E’ un’immagine molto bella questa della vigna, perché ci dà una immagine efficacemente immediata di cosa significa essere uniti a Cristo e quale vantaggio abbiamo nel sperimentare questa unione.
Gesù sta parlando ai suoi discepoli non per metterli in guardia in modo minaccioso, ma prima di tutto per rivelare la loro condizione positiva nell’avere un profondo legame con lui, un legame che è stato loro donato perché la loro vita di uomini e credenti non rimanga infruttuosa.
Noi come discepoli abbiamo un legame speciale con Cristo, e attraverso di lui Dio ci guarda in modo buono e speranzoso, forse di più di come noi guardiamo noi stessi e tra di noi.
Spesso come uomini, e anche come cristiani, siamo tentati di guardarci gli uni gli altri in modo negativo, pronti a giudicarci e “tagliarci” gli uni dagli altri. E invece Gesù ci ricorda che l’unico che ha potere di tagliare e separare è Dio. E’ lui che ha la forbice in mano, e il suo desiderio non è far morire l’umanità, ma farla fruttare con quell’amore che Lui ha messo dentro di noi, e che scorre come linfa dentro ogni singolo tralcio. E ogni singolo tralcio, che è ogni singolo uomo, ha un legame profondo con la pianta centrale piantata nella storia, Gesù Cristo.
Dio non taglia, ma purifica, cioè ci suggerisce di togliere e levare dalla nostra vita tutto quello che ci impedisce di portare frutti di amore. E in questa opera di potatura/purificazione la Parola di Gesù diventa lo strumento più efficace: “Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato”
Quindi anche Dio, come ricetta alla crisi della nostra umanità, così evidente quando ci sono violenze, guerre e sopraffazioni, ci invita ad operare dei tagli, ma secondo la sua logica e non la nostra. Ci invita ad operare tagli a tutto ciò che non è amore, a tutto ciò che significa giudizio e separazione tra gli uomini. Ci invita a operare tagli a tutto quello che ci rende ciechi di fronte alla sofferenze dell’umanità. Ci invita a tagliare sicuramente le tante inutili ricchezze personali e comunitarie che impoveriscono il prossimo e lo abbandonano alla sua povertà. Ci invita a tagliare come ha fatto Gesù, quando per amore del povero che aveva davanti era disposto anche a rimetterci la faccia e il buon nome.
Tutte queste sono potature benefiche per l’umanità, affinché porti quel frutto abbondante e buono per il quale è stata piantata nel terreno del mondo e della storia da un vignaiolo straordinario, Dio, che crede profondamente nella sua pianta ed è disposto a tutto per lei.

Giovanni don