Canova a Palazzo Braschi

E’ stata l’ultima mostra che ho visto prima che il lockdown mi chiudesse fuori dai musei e dalle mostre per qualche mese, ma visto che è stata prorogata fino al 21 giugno, voglio guidarvi alla scoperta della figura di Canova, presentato in questa mostra che offre numerosi spunti dal punto di vista artistico.

La mostra si apre con il ritratto di Canova, opera di Martino de Boni, e con i ritratti dei maggiori esponenti della scena artistica romana, dove il giovane Antonio arriva nel 1779, assieme ad alcune opere degli stessi, oltre alla onnipresente timeline, che è sempre gradita per collocare l’artista nel suo contesto. Nella stessa sala è posto il grande autoritratto dello scultore in gesso (come molte delle opere in mostra).

La prima sala ripercorre gli studi di Canova che, come molti artisti del suo tempo, trascorre molto tempo a disegnare le statue antiche che erano visibili in quello che per usare una definizione di Quatremere de Quincy era  il «museo di Roma», fatto «di statue, di colossi, di templi, di terme, di circhi, di anfiteatri, di archi di trionfo, di tombe, di stucchi, di affreschi, di bassorilievi».

Canova si inserisce pienamente nello stile Neoclassico che si impone a partite dal 1770 e realizza in breve tempo due monumenti funerari che vengono apprezzati da tutti: quello a Clemente XIV, posto nella Basilica dei SS. Apostoli e quello per Clemente XIII a S. Pietro, presentati in mostra tramite disegni e modelli in scala

Ma la mostra offre anche alcuni splendidi capolavori in marmo, come la Maddalena penitente, oggi conservata a Genova, che viene esposta nell’allestimento originario in cui era stata concepita, con uno specchio posto dietro,e la statua di Amorino alato, posta su una pedana rotante (come altre nella mostra) messa a confronto con l’Eros alato di età romana.

Una sala ripropone l’allestimento della Sala dei Paragoni di Palazzo Papafava a Padova, dove copie di marmi antichi sono messe a confronto con opere realizzate da Canova in un suggestivo confronto tra antico e moderno.

Nel febbraio 1798 viene proclamata la Repubblica Romana e Pio VI costretto all’esilio. La città è caratterizzata dalla presenza di una serie di installazioni temporanee e Canova, a causa della sua fama, viene coinvolto in questo progetto politico, anche se le sue idee sono differenti, ma ben presto emergono dei dissidi che lo portano ad allontanarsi da Roma e a ritornare alla fine della repubblica.

Nel 1802, in una Roma che ha perso molte delle sue opere d’arte, portate in Francia, Canova riceve l’incarico di Ispettore generale di tutte le belle arti, e si dedica alla tutela del Patrimonio Culturale e all’incremento delle collezioni tramite l’acquisto di una serie di pezzi. In questa attività è guidato da papa Pio VII. con cui ha un rapporto molto stretto e che ritrae nel busto in mostra.

Una sezione della mostra è dedicata ai disegni, attività a cui Canova di dedicava quotidianamente, essendo per lui una base tecnica dove allenarsi per poi passare all’arte scultorea.

Una sala cerca di riprodurre la struttura e le caratteristiche dello studio di Canova, che era posto nelle vicinanze dell’Ospedale di San Giacomo degli Incurabili, nel centro di Roma, pieno di statue e quadri. Nella sala spicca la presenza del modello e del calco dell’Endimione dormente, che permettono di farci un idea del processo lavorativo dell’artista.

Uno spazio è dedicato alle opere di Canova, sparse nelle chiese e nei musei di Roma, con un focus sulla statua di Ercole e Lica, conservata oggi alla GNAM, oltre alla citazione di un caso in cui Canova non riuscì ad opporsi alla volontà di Francesco I che fece portare a Monaco il Fauno Barberini.

Le attività di Canova continuano e le ultime sale sono dedicate agli ultimi capolavori realizzati a Roma, alcuni rimasti incompiuti, come la statua colossale della Religione, di cui resta il busto (in mostra), oppure in altri luoghi, come il monumento agli ultimi Stuart e la statua di Pio VI in preghiera, oggi nelle grotte Vaticane. Completa la mostra una sezione di disegni del Tempio di Possagno, ispirato al Pantheon.

Dopo la mostra fotografica che presenta il tributo di Mimmo Iodice all’opera artistica di Canova, l’esposizione presenta anche il busto di Domenico Cimarosa, realizzato da Canova per essere posto nel Pantheon e la splendida statua della Danzatrice, posta anch’essa su un piedistallo rotante, per fornire l’idea del movimento.

Concludendo, si tratta di una mostra particolarmente ricca, con alcune scelte espositive molto azzeccate, come i piedistalli rotanti; un neo è forse la presenza di troppi gessi, rispetto ai marmi. Ma la mostra inserisce efficacemente Canova nel suo contesto storico ed artistico e fornisce un’immagine molto fedele della sua complessa personalità.
Completano la mostra due video, uno che ripercorre la vita di Canova e l’altro incentrato sul mito di Amore e Psiche.