GMG MADRID 2011 – 5

Dopo la sveglia musicale che ci ha accolto dopo una notte sempre più tranquilla (la stanchezza iniziava a farsi sentire), siamo andati in parrocchia per la colazione, Dopo il sempre più immancabile rito del caffè, sono iniziati i lavori della giornata con i canti diretti da P. Juanco a cui ha fatto seguito la catechesi diretta dal P. Generale Mario Aldrigani che ci ha presentato il carisma spirituale di San Leonardo Murialdo, ponendo l'accento su alcuni aspetti centrali della sua spiritualità e della sua vita, come la consapevolezza del peccato, unita però alla certezza dell'Amore Misericordioso di Dio e del ruolo della Provvidenza nella sua vita, oltre alla centralità della vita di preghiera. Dopo siamo scesi nella sala riunioni per assistere tutti assieme a un bel musical sulla vita di San Leonardo Murialdo, presentatoci dalla comunità di Montecchio che, in maniera semplice e diretta, ha riassunto l'insegnamento e la vita del Santo. Dopo siamo risaliti su per la Messa con il Padre Generale. Terminata la messa, siamo andati a pranzo e poi ci siamo diretti verso la Gran VIa, dove ci siamo recato presso una chiesa per un bellissimo momento di liturgia penitenziale rivolto a tutti i pellegrini di lingua italiana, mentre fuori dalla Chiesa la gente aumentava sempre di più, in attesa dell'arrivo di Benedetto XVI. Era una folla sterminata di ogni nazione e vedere le diverse bandiere del mondo garrire al vento era di una bellezza unica. Si sentiva una forte emozione nell'aria e tutto si concretizzò all'arrivo del Papa, che noi potevamo soltanto vedere tramite i maxi-schermi e sentire nelle radioline. Dopo aver salutato i pellegrini nelle maggiori lingue, il Papa ha ricevuto il saluto dei rappresentanti dei giovani dei cinque continenti e successivamente ha pronunciato il suo primo discorso ai giovani, in cui ricordava il motivo della loro presenza e li invitava a trarre il massimo giovamento da questa Giornata Mondiale.
Dopo aver salutato il Papa ci siamo mossi in mezzo alla folla di gente e abbiamo trovato una piazzetta per andare a mangiare in tranquillità, incontrando gente di altre nazioni. Dopo siamo andati a prendere la metro e siamo tornati a casa, per fare il nostro cerchio di esperienze. 

P. Mario durante la catechesi

Un momento dello spettacolo

La compagnia

Momento della Messa

Aspettando il Papa

Ormai è sera…

Un bel gemellaggio!

FACILE E DIFFICILE

Facile è occupare un posto nell'agenda telefonica.
Difficile è occupare il cuore di qualcuno.

Facile è giudicare gli errori degli altri.
Difficile è riconoscere i nostri propri errori.

Facile è ferire chi ci ama.
Difficile è curare questa ferita.

Facile è perdonare gli altri.
Difficile è chiedere perdono.

Facile è esibire la vittoria.
Difficile è assumere la sconfitta con dignità.

Facile è sognare tutte le notti.
Difficile è lottare per un sogno.

Facile è pregare tutte le notti.
Difficile è trovare Dio nelle piccole cose.

Facile è dire che amiamo.
Difficile è dimostrarlo tutti i giorni.

Facile è criticare gli altri.
Difficile è migliorarne uno.

Facile è pensare di migliorare.
Difficile è smettere di pensarlo e farlo realmente.

Facile è ricevere.
Difficile è dare.

CON ME C'E' TUTTO

Con me c'è tutto
Signore,
porto tutto con me:
la mia paura,
la mia solitudine,
insuccessi e tristezza,
la mia debolezza
e le mie tendenze indegne.
Anche il mio coraggio,
i miei successi,
la mia gioia d'esistere,
il mio amore
e la mia fiducia,
in modo che niente
possa cadere dalle tue mani.
Porto con me
anche il mio scoraggiamento,
sento con evidenza
quanto io sia debole.
Poi penso di non farcela più,
tutto si intristisce,
non posso né sentirti
né dimostrare che esisti.
Magari non ci sei…
Tuttavia, credo che sia tu colui
che poi mi aiuta a rialzarmi,
che fa succedere qualche cosa
che rende contenti.

Elke Fisher

 

IL SAGGIO E' ATTENTO A NOVE COSE

Il saggio dedica pensosa attenzione a nove cose:
nel guardare ha cura di veder chiaro,
nell'ascoltare di intendere,
nell'espressione di essere gentile,
nel tratto di essere rispettoso, 
nelle parole di essere leale,
negli affari di essere reverentemente cauto, 
nel dubbio di interrogare, 
nell'ira pensa alle conseguenze che ne susseguono, 
nel vedere il profitto pensa alla giustizia. 

(CONFUCIO)

PER CHIEDERE A DIO LA GENEROSITA'

Signore, tu mi chiami ed io ho paura a dirti di si.

Tu mi vuoi ed io cerco di sfuggirti.

Tu chiedi di entrare nella mia vita, ed io mi rifiuto.

Così non capisco tutto quello che vuoi da me.

Tu ti aspetti il dono completo: questo è certo.

E io talvolta sono pronto a farlo,

nei limiti delle mie possibilità.

Quando la tua grazia mi spinge di dentro,

allora tutto mi pare facile.

Ma appena mi accorgo di quello che devo abbandonare

come è doloroso decidermi!

Allora mi fermo, esito.

O Signore, dammi la forza di non tirarmi indietro.

Aiutami a scegliere quello che vuoi tu.

Io sono pronto.

  Lebret

CHE VE NE PARE?

escort e politica (colored)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».

E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

(dal Vangelo di Matteo 21,28-32)

Questo dialogo che ascoltiamo tra Gesù e i capi religiosi si svolge in uno dei luoghi più “pericolosi” per Gesù: il Tempio di Gerusalemme. Nel Tempio, centro della vita religiosa e punto di riferimento per gli ebrei del tempo, Gesù si trova spesso a discutere e a dibattere con quelli che sono i suoi “nemici” e che lo porteranno alla croce proprio come bestemmiatore e “nemico della religione”. Poche righe prima, sempre nel capitolo 21, l’evangelista Matteo racconta di come Gesù, entrato nel Tempio, si scontra con i venditori e con coloro che hanno permesso che il luogo dell’incontro con Dio diventasse un mercato.

Alberto Maggi, grande e profondo biblista, in una conferenza dov’ero presente qualche tempo fa, faceva notare come Gesù è davvero più a suo agio con quelli che sono considerati “lontani” rispetto a quelli che sono i più “vicini” a Dio, le persone religiose del suo tempo. Basta pensare che i primi ad accogliere il messia, dopo i suoi genitori, sono proprio i pastori e non i capi religiosi del suo tempo, e dopo i pastori i lontani e misteriosi Magi venuti dall’Oriente e non dalla vicina Gerusalemme. Lungo tutto il racconto del Vangelo Gesù dona i suoi più grandi insegnamenti proprio alle folle piene di pubblicani e prostitute, dalle quali non si fa problemi a farsi toccare. E anche i suoi più stretti collaboratori non se li sceglie tra i teologi contemporanei, ma fra pescatori ed esattori delle tasse. E non possiamo dimenticare come proprio nella sua patria, Nazareth, Gesù troverà poco spazio e accoglienza.

Il Tempio dunque è un luogo difficile per Gesù, e questo davvero suona strano e fuori di logica. Come mai il luogo dove maggiormente ci sono i segni e gli insegnamenti di Dio, è anche il luogo che accoglie più difficilmente la novità del Vangelo? E qui scatta la domanda per me e per noi oggi: “Che ve ne pare?”

    Gesù racconta la parabola dei due figli (che ricorda molto quella più lunga e articolata che troviamo nel Vangelo di Luca, la parabola del figliol prodigo) ai capi religiosi. Sono coloro che credono di stare dalla parte di Dio solo perché insigniti del ruolo di capi e perché non sono pubblicani e peccatori. La loro arroganza religiosa li porta a sentirsi separati da quelli che non sono in linea con il giusto comportamento morale. Sentono di avere il diritto di giudicare da loro stessi chi è dentro e chi fuori, chi giusto e chi ingiusto, chi è con Dio e chi è contro Dio.

    Gesù appositamente parla di due figli, nei quali possiamo riconoscere da una parte i pubblicani e prostitute e tutti coloro che sono considerati lontani, e dall’altra questi capi dei sacerdoti e anziani del popolo. Gesù già con la scelta di parlare di due figli, dice che in fondo tutti sono figli, allo stesso modo, con la stessa dignità di base, con lo stesso trattamento da parte di Dio. Per Dio tutti siamo figli, anche se noi spesso facciamo di tutto per separare in base alla razza, alla condizione sociale, alle capacità e abilità, alla ricchezza e anche alla vita morale. Siamo subito pronti a sottolineare le differenze tra di noi, e cosa ci rende migliori o peggiori gli uni dagli altri, rimanendo sempre in bilico tra incontrarsi e farsi la guerra.

    Per Dio, così come Gesù continuamente insegna, siamo tutti figli. A tutti vengono date le stesse possibilità di fare la sua volontà, anche se in situazioni e occasioni diverse.

    L’unica differenza che c’è è l’accogliere o meno la volontà di Dio nella propria vita, che tradotto in altri termini, è accettare di far diventare vita concreta, là dove siamo e nella condizione dove ci troviamo, gli insegnamenti di Gesù.

    Noi da che parte stiamo? Ci riconosciamo più nel primo o nel secondo figlio?

    Personalmente mi sento a volte l’uno e a volte l’altro. A volte mi sembra di vivere una religiosità di facciata che dice “si” con le labbra, ma nel cuore e poi nei fatti concreti va da un’altra parte. Altre volte mi sento come il secondo figlio, cioè avverto la difficoltà di essere cristiano fino in fondo e mi trovo spesso distante nel vivere la mia fede, ma accetto di rimettermi nella strada delineata da Gesù nel Vangelo.

    E sento che in questo cammino quotidiano di metter in pratica la parola di Dio, non sono solo. Ci sono altri come me, figli e figlie di Dio come me che hanno le stesse fatiche ma anche la stessa voglia di vivere il Vangelo.

    Che ve ne pare?

Giovanni don (www.gioba.it)

 

GMG MADRID 2011 – 4

Dopo la notte, abbastanza tranquilla, e la solita sveglia sempre meno traumatica, una rapida doccia, siamo andati in parrocchia per la messa e poi ci siamo messi in fila per la colazione; dopo una corsa a prendere un caffè abbiamo iniziato la giornata che ci ha visto dividerci nuovamente per aree linguistiche per ascoltare la catechesi, per gli italiani guidata da P. Giuseppe D'Oria, che ci ha presentato in maniera affascinante la figura di S. Giuseppe evidenziando come nella sua vita la componente dei sogni sia stata fondamentale: come da un sogno sia stato avvertito di prendere in sposa Maria, mentre pensava, da uomo giusto, di ripudiarla nel silenzio, così sia stato avvisato di fuggire in Egitto. Inoltre ha ribadito la fiducia che Giuseppe ha avuto nel Signore, anche quando gli ha chiesto cose difficile da capire e poi ha spostato il tutto nella nostra vita, introducendo il lavoro di gruppo che sarebbe iniziato subito dopo. Nello stesso gruppo del giorno prima ci siamo confrontati con i nostri punti di forza e le nostre problematiche per quanto concerne il rapporto di fede e abbiamo discusso, sintetizzando il tutto in un poster che poi è stato unito agli altri nella celebrazione finale, dove i diversi fogli hanno ricomposto l'immagine della Sacra Famiglia. Successivamente abbiamo ascoltato alcune bellissime testimonianze: quella di Emilio che, recatosi in Bolivia come volontario ha realizzato un corso di giocoleria, di Luigi che in Argentina per quattro anni ha lavorato nei progetti dell'ENGIM (l'ente internazionale dei Giuseppini) e, purtroppo solo in video, quella del lavoro compiuto in questi anni a Medellin in Colombia.
Dopo ci siamo divisi per il pranzo e poi abbiamo girato per Madrid, sempre più piena di pellegrini, per quelli che sarebbero stati i giorni centrali della GMG . Siamo passati davanti al bellissimo monumento di Cervantes e al tempio egizio di Debod fu donato dall’Egitto alla Spagna nel 1968 come ringraziamento per l’aiuto a salvare i templi egizi di Nubia e Abu Simbel dall’allagamento dovuto alla costruzione di una diga. Dopo una breve pausa sull'erba siamo discesi per andare a prendere la metropolitana e ci siamo diretti verso il parco, situato vicino al Planetario dove abbiamo assistito a un musical della comunità Cenacolo che ha riletto e presentato la vita di Gesù, con molta attenzione all'aspetto scenografico. Dopo siamo tornati indietro, abbiamo fatto il nostro cerchio di gruppo e siamo andati a casa per fare una doccia volante prima di andare a letto.

DECALOGO DELLA GENTILEZZA

Sorridi, nella monotonia del dovere quotidiano,
per non rattristare il fratello. 

Taci, quando qualcuno ha sbagliato, 
per non umiliarlo.

Elogia il fratelo che ha operato il bene.

Rendi un servizio a chi ti è accanto.

Stringi cordialmente la mano al fratello 
che è nella tristezza.

Guarda con attenzione chi cela un dolore.

Riconosci umilmente il torto che hai commesso.

Saluta affabilmente coloro che vedi dimenticati.

Parla con dolcezza agli impazienti ed importuni. 

Fa in modo che tuo fratello sia sempre contento di te.

(Anonimo)

 

NON TI PENTIRAI MAI

Non ti pentirai mai di 

Fare del tuo meglio

Di essere gentile con tutti,

ascoltare prima di giudicare

riflettere prima di parlare,

essere fedele ai tuoi principi,

chiudere le orecchie ai pettegolezzi,

essere benevolo con i nemici,

chiedere scusa quando sbagli,

essere onesto nel lavoro, aiutare uno sfortunato, 

mantenere le promesse,

vedere il meglio nelle azioni degli altri.


I traguardi raggiunti dagli uomini grandi, 
non sono stati conseguiti con un volo improvviso.
Essi, di notte mentre i loro compagni dormivano,
lavoravano intensamente.

J. MAURUS 

 

LA CONOSCENZA DELLA FELICITA'

Mai si è troppo giovani o troppo vecchi
per la conoscenza della felicità.
A qualsiasi età è bello occuparsi
del benessere dell‘animo nostro.
Chi 
sostiene che non è ancora giunto
il momento di dedicarsi alla
conoscenza di essa,
o che è ormai troppo tardi,
è come se andasse
dicendo che non è ancora
il momento di essere felice
e che ormai l‘età 
è passata. 
Da giovani come da vecchi è giusto
che noi ci dedichiamo a
conoscere la felicità.

(Epicuro)
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La ricetta della felicità