INSEGNAMI AD USARE BENE IL TEMPO

Dio mio, 

insegnami ad usare bene il tempo che tu mi dai 
e ad impiegarlo bene, senza sciuparne. 

Insegnami a prevedere senza tormentarmi, 
insegnami a trarre profitto dagli errori passati, 
senza lasciarmi prendere dagli scrupoli. 

Insegnami ad immaginare l'avvenire 
senza disperarmi che non possa essere 
quale io l'immagino. 

Insegnami a piangere sulle mie colpe 
senza cadere nell'inquietudine. 

Insegnami ad agire senza fretta, 
e ad affrettarmi senza precipitazione. 

Insegnami ad unire la fretta alla lentezza, 
la serenità al fervore, lo zelo alla pace. 

Aiutami quando comincio, 
perché è proprio allora che io sono debole. 

Veglia sulla mia attenzione quando lavoro, 
e soprattutto riempi tu i vuoti delle mie opere. 

Fa' che io ami il tempo 
che tanto assomiglia alla tua grazia 
perché esso porta tutte le opere alla loro fine 
e alla loro perfezione 
senza che noi abbiamo l'impressione 
di parteciparvi in qualche modo.

(Jean Guitton)

PRENDETE IL TEMPO

 

 

LO SPECCHIO DI CHI AMA

Chi è buono dona un poco, 
chi ama vive per donare. 
Chi è buono sopporta l'offesa, 
chi ama dimentica. 
Chi è buono ha compassione, 
chi ama aiuta. 
Chi è buono sorride, 
chi ama fa sorridere. 
Chi è buono comincia e finisce, 
chi ama comincia per non finire mai. 
Chi è buono fa quel che può, 
chi ama fa l'impossibile. 
Chi è buono aiuta chi sta vicino, 
chi ama sempre sta vicino per aiutare. 
Chi è buono misura il suo aiuto, 
chi ama aiuta senza misura.

(Carlo de Ambrogio)

dono

DIO BUONO!

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:

«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.

Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

(dal Vangelo di Matteo 20,1-16)

Quante volte durante il giorno sentiamo questa esclamazione: “Dio buono”? E’ vero, ne sentiamo tante altre di simili e purtroppo non sempre piacevolissime. Tante volte mi viene chiesto quando una esclamazione con “Dio”, come prima parola, diventa una vera e propria bestemmia. E’ difficile dare una risposta precisa, e parlare di bestemmie oggi sembra un discorso di altri tempi.

La Bibbia, nell’Antico Testamento, espressamente vieta di nominare il nome di Dio direttamente, come segno di rispetto e per rimarcare la distanza tra l’uomo e il suo Creatore e Signore. Mosè addirittura si copre il volto quando gli appare Dio, sapendo che anche il solo guardare Dio per l’uomo è fatale. Nella morale cristiana è rimasta questa legge del “non nominare il nome di Dio invano”, come chiaro invito a non bestemmiare. Mi chiedo se non sia una bestemmia anche dire con superficialità “Dio mio”, oppure “Dio santo, o anche “oh mio Dio”. Anche in questi casi si nomina in modo inutile Dio come fosse un semplice intercalare… Ma non voglio addentrarmi in questioni di parole, ma cogliere il messaggio della pagina del Vangelo di questa domenica.

Gesù, attraverso la parabola di questo padrone che chiama a diversi orari gli operai, parla di Dio e del suo rapporto con gli uomini. E’ lo stesso padrone che alla fine riassume il suo comportamento nell’espressione “…io sono buono”. E’ questa bontà di fondo che può spiegare da sola tutto quello che fa il padrone. Sembra che le questioni della vigna e del guadagno siano davvero secondarie rispetto al desiderio di dare a tutti qualcosa e di non lasciare nessuno escluso e povero.

Se fosse un padrone attento all’economia della sua azienda non darebbe a tutti la stessa paga e forse non chiamerebbe quelli dell’ultima ora, che in fondo fanno solamente un lavoro simbolico. Non si metterebbe a cercare i lavoratori quasi fosse un assistente sociale e non uno che vuole guadagno. Se fosse un padrone “normale” darebbe ragione a chi gli contesta che la paga dei primi non può essere come quella degli ultimi: ci perde lui in fondo per primo.

Come sempre accade la parabola vuole sconcertare chi l’ascolta e forse sollevare qualche protesta (magari avvenisse anche nelle nostre spesso sonnecchianti assemblee…!!). Gesù ci parla di Dio, e vuole convertire il nostro modo di pensarlo e di rapportarci a lui.

Se è una bestemmia nominarlo invano e magari accostare al suo nome espressioni volgari, forse è una bestemmia ancor più grave non conoscerlo e continuare a considerarlo come giudice implacabile e padrone esigente di risultati concreti. In fondo in fondo, è più facile per noi pensare a Dio come uno che dà a chi si merita e punisce chi è stato pigro e mancante nell’eseguire i suoi ordini. E c’è sempre qualcuno che sa esattamente cosa vuole Dio e ce lo ricorda, minacciando castighi e punizioni.

    Ma Dio è buono. Lo è in modo a volte incomprensibile e disarmante. Lui è buono e lo siamo in fondo anche noi. Noi siamo fatti a sua immagine, e Gesù ce lo ha riproposto con la sua bontà e il suo stile di vita.

    E’ la bontà di dare sempre opportunità anche a chi arriva ultimo. E’ la bontà di non cedere alla logica del guadagno nelle relazioni umane (“io ti do se tu mi dai”). E’ la bontà di chi crede che tutti possono dare qualcosa e fare qualcosa di positivo, disinnescando le invidie e le lotte tra persone che portano a divisioni e contrapposizioni violente.

    Quando qualcuno dice “Dio buono” come esclamazione ( e spero sempre che non scappi anche a me) vorrei tanto che dalle labbra scendesse nel cuore, perché non rimanga una vuota espressione ma un dato di fede e di forza interiore.



Giovanni don

 

DAMMI DI ESSERE PAZIENTE

Dammi di essere paziente come il lievito;
tenace come il grano gettato nel solco:
forte nelle tribolazioni, dolce nelle gioie.

Fa' che io ami, senza pretendere nulla;
soffra, senza lamentarmi; lavori, senza posa;
che io senta la solitudine degli altri
senza indugiare e gemere sulla mia. 

Fa' che io non sia tanto un ceppo acceso 
che abbaglia con le sue faville, quanto un caldo braciere,
a cui ci si accosta quando si sente freddo. 

Fa', o Signore, che io sia il primo nel sacrificio
e l'ultimo a chiedere o a pretendere una ricompensa:
poiché servire Dio è già, e sempre, regnare. 

E dammi di ricordare puntualmente che tu
<< non avevi da appoggiare il capo >>.
E, per me e per tutti
lo hai reclinato sulla nuda e cruda croce. 

( Giovanni Pastorino)

 

ERI TU MIO SIGNORE

   Mentre incosciente ti ferivo
scoprivo ch'eri accanto a me.

Lottando inutilmente contro te
sentivo ch'eri tu il mio Signore.

Derubando del mio tributo il tuo onore
vedevo crescere il mio debito con te.

Nuotavo contro corrente di tua vita
solo per sentire la forza del tuo amore.

Per nascondermi da te
ho spento la mia luce,
ma tu m'hai sorpreso con le stelle.

(Rabindranath Tagore)

L'arte del dare

Farò un regalo, un complimento, 
un fiore, una preghiera a chiunque incontri, ovunque vada.
Oggi regalerò qualcosa a tutte le persone
con le quali entrerò in contatto e avvierò così il processo
che fa fluire la gioia, la ricchezza e l'abbondanza
nella mia vita e in quella altrui.

Oggi accoglierò con gratitudine tutti i doni che la vita mi offre.
Accoglierò i doni della natura:
il sole, il cinguettio degli uccelli o le piogge primaverili,
o la prima neve dell'inverno.
Inoltre sarò disponibile a ricevere anche i doni degli altri,
che siano oggetti, complimenti, preghiere.

(anonimo)

L'arte del dare

ESALTAZIONE DELLA CROCE

O legno tre volte beato! 
Su di esso fu crocifisso Cristo Re e Signore,
con esso venne abbattuto chi aveva ingannato col legno
e a sua volta si lasciò ingannare da Dio che vi era inchiodato
nella sua carne e che da la pace alle anime nostre.

 
Su di te, legno oggetto dei nostri canti,
Cristo fu disteso;
sei tu che la spada fiammeggiante custodiva nell’Eden,
ma l’arma terribile del cherubino indietreggiò
davanti a Cristo crocefisso su di te
e che da la pace alle anime nostre.
 
Le potenze infernali nemiche della croce
tremano alla vista di questo segno tracciato
nell’aria dove si muovono;
ma la stirpe degli abitanti dei cieli e della terra
piega il ginocchio davanti a Cristo
che da la pace alle anime nostre.
 
Risplendente di fulgida luce la divina croce
appare alle nazioni ottenebrate e smarrite nell’errore,
e diffondendo luce divina, le porta a Cristo che su di essa
fu inchiodato e che da la pace alle anime nostre.

(dalla liturgia ortodossa)
 
ESALTAZIONE DELLA CROCE

LASCIO APERTA LA FINESTRA

Lascio aperta la finestra, Signore.
Entra quando vuoi.
Non badare alla mie troppe parole,
non fare caso alle mie lacrime,
non dare peso alle mie proteste:
sono soltanto sussulti,
scosse di assestamento
del mio spirito sismico.
Non mi stanco di aspettare.
Lascio aperta la finestra,
scosto le tendine,
spargo briciole di me
sul davanzale.
Tu la strada la consoci.
Io non mi muovo.
Mi troverai a due passi dalla fede.

Emily Shenker

LASCIO APERTA LA FINESTRA

MADRID GMG 2011 – 3

Dopo la sveglia di routine e una rapida doccia, ci siamo diretti verso la parrocchia per la colazione e, dopo un rapido caffè in un bar delle vicinanze, siamo tornati alla parrocchia per iniziare la catechesi e il successivo lavoro di gruppo, per il quale eravamo stati suddivisi il giorno prima. le catechesi erano divise per gruppi linguistici e il nostro gruppo ha avuto padre Massimo Rocchi, che ci ha fatto una bellissima catechesi su Maria, partendo dalla sua personale esperienza a Medjugorie, ci ha presentato la figura della Vergine, servendosi anche di strumenti di tipo multimediale. Dopo la catechesi, ci siamo riuniti in gruppi, dove abbiamo discusso grazie anche a una serie di domande presentateci da P. Massimo. Successivamente abbiamo fatto un momento di preghiera in onore della Vergine nella chiesa e abbiamo ascoltato due bellissime testimonianze: quella di Cristina Casaro, che collabora coi giuseppini nella casa di Fier e poi quella dei ragazzi provenienti dalla Sierra Leone. Poi siamo riusciti nel cortile per prendere la cena. Dopo, divisi in gruppi, siamo andati a mangiare al ristorante per consumare il primo pranzo della GMG. Dopo, sempre in gruppo, abbiamo iniziato a girare per Madrid e prima siamo andati ad ascoltare un concerto di musica brasiliana, facendo un bel percorso lungo il fiume Manzanarre e vedendo lo stadio dell'Atletico Madrid. Dopo siamo ritornati verso il centro, abbiamo visitato la bellissima stazione di Atocha e poi ci siamo fermati per mangiare davanti al Museo del Prado. Dopo abbiamo ripreso a passeggiare e, passando attraverso il Parco del Retiro, siamo andati a riprendere la metropolitana per tornare a casa.

 

momento di relax

il vicente Calderon

il manzanarre

durante lo spettacolo

la stazione di Atocha

 

NEL FIUME DEL PERDONO

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.

Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.

Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.

Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

(dal Vangelo di Matteo 18,21-35)

E’ davvero significativo che il vangelo del perdono cada in una data così piena di ricordi tragici come è l’11 settembre.

Tutti sanno cosa è successo 10 anni fa negli Stati Uniti, quando un attacco terroristico di portata mai vista seminò morte e terrore. Ed è stata una semina che ha fatto crescere abbondantemente la pianta dell’odio, e ha fatto crescere la già vasta piantagione della guerra. In quella data vediamo riassunti anche tanti altri atti di violenza terroristica di cui magari non ricordiamo bene il quando e il dove, ma che hanno segnato la coscienza collettiva del mondo e lo stesso modo di rapportarci tra popoli e culture.

Vorrei prendere questa coincidenza tra il decennale degli attacchi terroristici di New York e Washington e il Vangelo come una sfida ulteriore a credere che davvero le parole di Gesù rimangono l’unica vera strada da percorrere per l’umanità.

Difficile parlare di perdono e soprattutto metterlo in pratica quando il torto subito è così grande e devastante. A Pietro che chiede a Gesù se c’è una misura del perdono, il Maestro toglie la misura e pone il limite massimo della capacità di perdonare sul segno di “infinito”. E’ questo che vuole dire con l’espressione “settanta volte sette”. Già “sette” era il numero della pienezza, ma aumentandolo a “sette per dieci per sette”, Gesù dice a Pietro che davvero non c’è limite alla possibilità di perdonare.

Il perdono però a questo punto sfugge al semplice sforzo dell’uomo, che difronte all’immensità di certi torti non riesce a pensare il perdono, anzi gli sembra quasi una cosa blasfema e il sommo dell’ingiustizia!

Ma Gesù non si sta appellando alla buona volontà di Pietro, anche se è tanta. Gesù mette in campo se stesso e il rapporto con Dio. Gesù dice a Pietro e alla comunità che il perdono è dono di Dio, parte da Dio e vuole inondare la terra fino ad arrivare ad ogni singolo rapporto umano.

La parabola di Gesù infatti parla proprio di questo. Il servo che non è capace di perdonare il piccolo debito che ha con il suo simile è malvagio non perché ha un debito con il padrone, un debito davvero infinitamente più grande di quello che ha con l’altro servo come lui. Infatti, parlando di un debito di diecimila talenti, Gesù volutamente esagera, ben sapendo che una cifra così era impensabile da rimediare (al calcolo attuale sono circa 20 anni di stipendio di un lavoratore medio di oggi!). La malvagità del servo sta nell’aver interrotto il flusso di perdono che è partito dal padrone e si è riversato su di lui, ma che da lui non è rimbalzata sull’altro servo. Il servo malvagio ha “bloccato” il perdono, dimenticando subito che lui stesso era stato oggetto di condono. Bloccare il flusso del perdono che viene da Dio è condannare il mondo alla logica della vendetta e della ritorsione. Il servo è malvagio perché non si ricorda quello che ha ricevuto e ha subito dimenticato la bontà del padrone e la sua uguaglianza con l’altro servo.

    Perdonare secondo questa pagina del vangelo non è dunque esperienza eroica di perdono personale, ma è riconoscere che davvero la strada della vendetta e della riscossione del debito a tutti i costi non è la strada più felice. Perdonare è riconoscere che siamo stati perdonati da Dio continuamente, e che a nostra volta possiamo partecipare di questa azione divina. Ciò che ci dà la forza di perdonare è proprio il dono a nostra volta ricevuto. E se facciamo questo aiutiamo anche il nostro prossimo a diventare più buono e capace lui stesso di perdono, magari con noi stessi o con altri. Il perdono che diamo non è mai un atto singolo chiuso in se stesso, ma genera perdono e migliora davvero il mondo. Perdonare non è dunque dimenticare, ma il contrario. E’ ricordare quello che abbiamo dato e anche ricevuto. Il cristiano in questo ha davvero un compito fondamentale: crede nel perdono perché lo ha sperimentato. Il cristiano sa che il perdono lo ha “liberato” dal peso di restituire qualcosa, ma sa anche che questa liberazione ricevuta non funziona se non libera a sua volta altri.

    Dopo 10 anni dai fatti terribili dell’11 settembre americano, durante i quali altri fatti altrettanto terribili hanno scosso il mondo, i cristiani si impegnano a predicare non il Dio vendicativo ma il Dio che Gesù ha raccontato con la sua stessa vita: Dio è il padrone buono che crede nella capacità di perdonare dei suoi servi-figli, che siamo noi; Dio è il padrone che non riconosce come suoi servi-figli coloro che dimenticano e si vendicano.



Giovanni don