Fermati…

Non hai tempo per sostare? Sii leale, vi sono sempre dei momenti di vuoto nelle tue attività. Non affrettarti a colmarli cercando il chiasso, un giornale, una conversazione, una presenza… Quando puoi concederti un momento di silenzio, non mettere subito un disco.  Fermati… Se ti fermi, è per prendere coscienza di te, riunire tutte le tue forze, riordinarle e dirigerle, al fine di impegnarti tutto intero nella tua vita. Accettare di fermarsi, è accettare di guardare se stesso e, accettare di guardarsi, è già impegnarsi, perché è far penetrare lo spirito nell’interno della propria casa.

(M. Quoist)

Voglio gridare

Voglio gridare che la vita è indistruttibile, nonostante la morte; che la speranza è la brezza che spazza la disperazione; che l’altro è un fratello prima d’essere un nemico; che non bisogna mai disperare di se stessi e del mondo; che le forze che sono in noi sono forze che possono sollevarci e sono inesauribili; che si deve parlare l’amore, e non parole di tempesta e caos; che la vita incomincia oggi e ogni giorno, e che è Speranza.

(M. Gray)

Lo Spirito Santo è Il respiro del Signore

Mentre erano chiuse le porte del luogo per paura dei Giudei… Ac­cade sempre così quando agisci seguendo le tue paure: la vita si chiude. La paura è la paralisi della vita. I discepoli han­no paura anche di se stessi, di come lo han­no rinnegato. E tuttavia Gesù viene. È una comunità dalle porte e finestre sbarrate, dove manca l’aria e si respira dolore, una comunità che si sta ammalando. E tutta­via Gesù viene. Papa Francesco continua a ripetere che una chiesa chiusa, ripiegata su se stessa, che non si apre, è una chiesa malata. Eppure Gesù viene.Viene in mezzo ai suoi, prende contatto con le loro paure, con i loro limiti, senza temerli. Sa gestire la nostra imperfezione.Mostrò loro le mani e il fianco. E i discepo­li gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».L’abbandonato ritorna e sceglie proprio coloro che lo avevano abbandonato e li manda. Lui avvia processi di vita, non ac­cuse; gestisce la fragilità e la fatica dei suoi con un metodo umanissimo: quello del primo passo. Il cardinal Martini diceva ai suoi preti: in qualsiasi situazione, anche in quella più perduta, indicate un passo, un primo passo è possibile sempre, per tutti, un passo nella direzione giusta. Noi non saremo giudicati se avremo raggiunto l’i­deale, ma se avremo camminato nella buo­na direzione, senza arrenderci, con cadu­te e infinite riprese, con gli occhi fissi ad u­na stella polare.Gestire l’imperfezione significa questo: av­viare processi di vita e cercare di ottenere il miglior risultato possibile ogni giorno. Molti ti sbandierano in faccia la loro idea di perfezione. Sono i più, convinti inoltre di esprimere la vera sapienza, ma con lo­ro le cose non cambiano mai, i perfetti il più delle volte sono immobili.Detto questo, soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo. Soffiò… Lo Spirito è il respi­ro di Dio. In quella stanza chiusa, in quel­la situazione che era senza respiro, asfitti­ca, ora respira ora il respiro di Cristo, quel principio vitale e luminoso, quella inten­sità che lo faceva diverso, che faceva uni­co il suo modo di amare e spalancava o­rizzonti.A coloro cui perdonerete i peccati saranno perdonati, a coloro cui non perdonerete non saranno perdonati. Il perdono dei peccati non è una missione riservata ai preti, è un impegno affidato a tutti i credenti che han­no ricevuto lo Spirito, donne e uomini, pic­coli e grandi. Il perdono non è un senti­ento, ma una decisione: «piantate attor­no a voi oasi di riconciliazione, aprite por­te, riaccendete calore, riannodate fiducia nelle persone, inventate sistemi di pace».E quando le oasi si saranno moltiplicate conquisteranno il deserto.

(E. Ronchi)

Se senti vacillare la fede

Se senti vacillare la fede per la violenza della tempesta, calmati: Dio ti guarda.
Se ogni cosa che passa cade nel nulla, senza più ritornare, 
calmati: Dio rimane.
Se il tuo cuore è agitato e in preda alla tristezza, 
calmati: Dio perdona.
Se la morte ti spaventa, e temi il mistero e 
l’ombra del sonno notturno, calmati: Dio risveglia.
Dio ci ascolta, quando nulla ci risponde; è con noi, quando ci crediamo soli; ci ama, anche quando sembra che ci abbandoni.
(Sant‘Agostino)

Ti prendo in parola

L’ho capito bene:
Tu non ce la fai a stare senza di me,
desideri ardentemente
abitare nel mio cuore:
esso è la casa dei tuoi sogni!

Ti spalanco la mia porta.
Entra. Non è degna di te, lo so.
Ma tu non fare lo schizzinoso.
Sei abituato a grotte, mangiatoie e simili.
Bene. Ci siamo. Vieni.

E fammi guardare il mondo,
rendimi capace di vedere le tue meraviglie.
Manifestami i tuoi orizzonti,
affàscinami con i tuoi progetti,
scoprimi i desideri del tuo cuore,
mettimi a parte delle tue ambizioni,
fa’ combaciare i miei interessi con i tuoi.

Hai detto: “In in voi e voi in me”.
Ti prendo in parola, Gesù.
Mi hai fatto venire un grande desiderio:
sarò io stavolta ad entrare a casa tua.

(G. Impastato)

Pensaci tu

Lo so che sarebbe compito mio
ma non credo di farcela. 
Perché non ne avrei il tempo.
Perché non ne avrei la forza.
Perché non ne avrei le capacità.
E allora, Signore, pensaci tu
a guarire tutte le persone che ho ferito.
Alcune con cattiveria.
Altre senza nemmeno accorgermene.
Pensaci tu, Signore,
a dare loro un bacio
per chiedere scusa.
Pensaci tu, a ritrovarle
là dove le ho lasciate
senza una parola di addio.
Senza un saluto.
Lo so che sarebbe compito mio
ma ti prego, Signore,
almeno per questa volta
pensaci tu.

(P. Righero)

In campo

Uomini di Galilea, perché continuate a guardare il cielo?

Sono stupiti e amareggiati, i discepoli. Il Maestro se ne va proprio ora che, infine, avevano capito il grande disegno di Dio su Gesù, proprio ora che, finalmente, avevano superato il dolore e si erano convertiti alla gioia! Proprio ora che, come nel finale in una bella commedia americana, tutto sembrava chiaro, lineare: il Regno era finalmente iniziato e Gesù avrebbe regnato con i suoi fedeli (?) apostoli per l’eternità. E invece no.

Spiazzati, nuovamente. Gesù torna al Padre, e affida l’annuncio del Regno ai discepoli.

Che storia.

Scambio sfavorevole

Uomini di Galilea, perché continuate a guardare il cielo?

Quante domande la Parola rivolge al cercatore di Dio.

Perché piangi, anima mia, perché su di me gemi?

Perché cercate fra i morti uno che è vivo?

Dio ci interroga, ci scuote, ci invita ad andare oltre, a crescere, a credere.

Paradosso insostenibile del cristianesimo!

Prima ci chiede di credere che il Dio invisibile si è fatto uomo.

Ora ci chiede di credere che il Dio accessibile si consegna nelle fragili mani di uomini peccatori e incoerenti!

Scambio sfavorevole: invece di incontrare il volto radioso e sereno del Maestro, incontriamo il volto rugoso e segnato dei cristiani…

Come Elia

Il racconto di Luca prende ampiamente spunto dall’ascensione di Elia, una pagina molto conosciuta in Israele e punto di riferimento anche per i neo-convertiti. Troviamo il racconto dell’ascensione di Elia nel secondo libro dei Re: il grande profeta viene rapito in cielo sopra un carro di fuoco, sparisce fra le nubi e il suo discepolo, Eliseo, ha la certezza di ricevere almeno una parte dello spirito profetico, avendolo visto sparire.

Luca descrive l’evento dell’ascensione usando lo stesso paradigma: le nubi, simbolo dell’incontro con Dio (ricordate il Sinai? O il Tabor?), i due uomini che richiamano i due angeli testimoni della resurrezione, il bianco delle vesti, segno del mondo divino…

Il cuore del racconto non è, quindi, la descrizione di un prodigio, ma la descrizione di una consegna: come Eliseo riceve lo spirito della profezia da parte di Elia, così gli apostoli ricevono il mandato dell’annuncio da parte del Risorto.

L’ascensione segna l’inizio del tempo della Chiesa.

Uffa.

Cielo e terra

Sono gli angeli a dare la chiave interpretativa dell’evento: non guardate il cielo, guardate in terra, guardate la concretezza dell’annuncio.

I discepoli del risorto sono chiamati ad annunciarlo, finché egli venga, a renderlo presente. La Chiesa, allora, diventa il luogo dell’incontro privilegiato col risorto, e assolve il suo compito solo quando rende presente il vangelo.

Matteo ci dice come.

Dubitarono

Diversamente da Luca, Matteo situa l’addio in Galilea, su di un monte.

Monte che rappresenta il luogo dell’esperienza divina: solo chi l’ha incontrato può raccontarlo con credibilità.

E in Galilea: il luogo della frontiera, del meticciato, del confine. La terra che per prima è caduta sotto l’invasore, gli assiri, allora, e che è sopravvissuta fra vicissitudini e compromessi, ben lontani dal rigore richiesto dai puri di Gerusalemme! Ai tempi di Gesù dare del galileo ad una persona era un insulto! La Galilea, però, è anche il luogo dove tutto è iniziato, il luogo dell’incontro, dell’innamoramento: solo attingendo alle esperienze che ci hanno convertito possiamo annunciare con verità il Signore.

Ecco cosa significa non guardare il cielo: partire dalla povertà della mia parrocchia, dal senso di disagio che provo nel vivere in un paese rissoso e partigiano (mi racconta un’amica milanese di essere stata verbalmente aggredita da una gruppo di cristiani che fuori dalla chiesa sostenevano un candidato sindaco!), dall’impressione di vivere alla fine di un Impero che crolla pesantemente sotto un cumulo di verbosità.

Qui siamo chiamati a realizzare il Regno, a rendere presente la speranza.

Qui, in questa Chiesa fragile, in un mondo fragile.

Ma che Dio ama.

Allora non stupisce il dubbio dei discepoli, che è il nostro.

Non è una Chiesa muscolosa quella che annuncia con verità, ma autentica e in conversione.

Il dubbio è un atteggiamento fondamentale per il credente, essenziale per la crescita.

L’ateo è sommerso dai dubbi, il credente li fugge.

All’ateo Gesù si propone come verità.

Al credente come l’innovatore.

E ci rassicura: non siamo soli, egli è con noi.

È iniziato il tempo della Chiesa, fatta di uomini fragili che hanno fatto esperienza di Dio e lo raccontano nella Galilea delle genti.

La smettiamo di lamentarci e ci rimbocchiamo le maniche?

Paolo Curtaz