Sono io, il silenzio

Per favore. Lasciatemi, una volta tanto, prendere la parola. 
Lo so che è paradossale che il silenzio parli. E’ contrario al mio carattere schivo e riservato. 
Però sento il dovere di parlare: voi uomini non mi conoscete abbastanza! 
Ecco, quindi, qualcosa di me. 
Intanto le mie origini sono assolutamente nobili. 
Prima che il mondo fosse, tutto era silenzio. Non un silenzio vuoto, no, ma traboccante. 
Così traboccante che una parola sola detta dentro di me ha fatto tutto! 
Poi, però, ho dovuto fare i conti con una lama invisibile che mi taglia dentro: il rumore! 
Ebbene lasciate che ve lo dica subito: non immaginate cosa perdete ferendomi! Il baccano non vi dà mai una mano! 
Io, invece, sì. 
Io sono un’officina nella quale si fabbricano le idee più profonde, dove si costruiscono le parole che fanno succedere qualcosa. 
Io sono come l’uovo del cardellino: la custodia del cantare e del volare. Simpatico, no? 
Io segno i momenti più belli della vita: quello dei nove mesi, quello delle coccole, quello dello sguardo degli innamorati… 
Segno anche i momenti più seri: i momenti del dolore, della sofferenza, della morte. 
No, non mi sto elogiando, ma dicendo la pura verità. 
Io mi inerpico sulle vette ove nidificano le aquile. Io scendo negli abissi degli oceani. Io vado a contare le stelle… 
Io vi regalo momenti di pace, di stupore, di meraviglia. 
Io sono il sentiero che conduce al paese dell’anima. Sono il trampolino di lancio della preghiera. Sono, addirittura, il recinto di Dio!
Ecco qualcosa di me. 
Scusatemi se ho interrotto i vostri rumori e le vostre chiacchiere. 
Prima di lasciarci, però, permettete che riassuma tutto in sole quattro parole: 
Custoditemi e sarete custoditi! 
Proteggetemi e sarete protetti! 

Dal vostro primo alleato 
Il Silenzio

Quanto pesa un bicchiere d’acqua

Siamo all’Università di Berkley, in California. Un professore della Facoltà di Psicologia fa il suo ingresso in aula, come ogni martedì. Il corso è uno dei più gremiti e decine di studenti parlano del più e del meno prima dell’inizio della lezione. Il professore arriva con il classico quarto d’ora accademico di ritardo. Tutto sembra nella norma, ad eccezione di un piccolo particolare: il prof. ha in mano un bicchiere d’acqua.

Nessuno nota questo dettaglio finché il professore, sempre con il bicchiere d’acqua in mano, inizia a girovagare tra i banchi dell’aula. In silenzio. Gli studenti si scambiano sguardi divertiti, ma non particolarmente sorpresi. Sembrano dirsi: “Eccoci qua: oggi la lezione riguarderà sicuramente l’ottimismo. Il prof. ci chiederà se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto. Alcuni diranno che è mezzo pieno. Altri diranno che è mezzo vuoto. I nerd diranno che è completamente pieno: per metà d’acqua e per l’altra metà d’aria! Tutto così scontato!”.

Il professore invece si ferma e domanda ai suoi studenti: “Secondo voi quanto pesa questo bicchiere d’acqua?”. Gli studenti sembrano un po’ spiazzati da questa domanda, ma in molti rispondono: il bicchiere ha certamente un peso compreso tra i 200 e i 300 grammi. Il professore aspetta che tutti gli studenti abbiano risposto e poi propone il suo punto di vista: “Il peso assoluto del bicchiere d’acqua è irrilevante. Ciò che conta davvero è per quanto tempo lo tenete sollevato”. Felice di aver catturato l’attenzione dei suoi studenti, il professore continua: “Sollevatelo per un minuto e non avrete problemi. Sollevatelo per un’ora e vi ritroverete un braccio dolorante. Sollevatelo per un’intera giornata e vi ritroverete un braccio paralizzato”.

Gli studenti continuano ad ascoltare attentamente il loro professore di psicologia: “In ognuno di questi tre casi il peso del bicchiere non è cambiato. Eppure, più il tempo passa, più il bicchiere sembra diventare pesante. Lo stress e le preoccupazioni sono come questo bicchiere d’acqua. Piccole o grandi che siano, ciò che conta è quanto tempo dedichiamo loro. Se gli dedichiamo il tempo minimo indispensabile, la nostra mente non ne risente. Se iniziamo a pensarci più volte durante la giornata, la nostra mente inizia ad essere stanca e nervosa. Se pensiamo continuamente alle nostre preoccupazioni, la nostra mente si paralizza.” Il professore capisce di avere la completa attenzione dei suoi studenti e decide di concludere il suo ragionamento: “Per ritrovare la serenità dovete imparare a lasciare andare stress e preoccupazioni. Dovete imparare a dedicare loro il minor tempo possibile, focalizzando la vostra attenzione su ciò che volete e non su ciò che non volete. Dovete imparare a mettere giù il bicchiere d’acqua”.

Con Te che sei la nostra pace

Signore Gesù, Tu hai detto: 
Vi lascio la mia pace, 
ve la do in modo diverso 
da come la dà il mondo. 
Hai anche detto 
che dove alcuni sono uniti nel Tuo nome, 
Tu sarai certamente con loro. 
Tu sei dunque qui in mezzo a noi. 
Aiutaci a vivere insieme con Te, 
nello scorrere dei giorni: 
con Te che sei la nostra Pace. 

Aiutaci a riconoscerTi in ognuno 
che incontriamo. 
Aiuta il nostro cuore 
a passare nel Tuo Cuore che, unito al Padre, 
è aperto a ogni uomo, a ogni creatura 
nell’alito vivificante dello Spirito Santo. 

Aiuta gli occhi del nostro cuore 
a riconoscerTi sempre 
nel volto di chi gioisce e di chi piange, 
di chi ha successo nella vita 
e di chi, stanco e deluso, 
si scoraggia e deprime. 

Aiutaci a credere che la Tua pace 
può abbattere il reticolato 
delle nostre diffidenze e discordie, 
può fiorire anche 
nelle aride sabbie dei nostri egoismi 
scoperchiati dalla tua Parola e vinti dalla Tua grazia. 

Aiutaci, Gesù nostra Pace, 
a presentarci al mondo con un volto da salvati, 
con occhi pensosi ma vividi di speranza 
con progetti di collaborazione 
costruttiva con quanti, 
da qualsiasi sponda religiosa politica razziale provengano, 
siano come noi sinceramente decisi a volere il bene di tutti. 

Aiutaci a fare della Tua Pace 
il nostro stile di approccio relazionale 
con ogni uomo e donna, 
con ogni giovane e anziano 
che scopre nell’adesione al tuo Volere 
la profonda e vera radice della pace. 

Aiutaci, o Signore, a percorrere 
tutti i sentieri della vita 
nel sole della Tua Presenza 
perché, sorretti dalla preghiera 
dalla vita sacramentale 
e da un rapporto positivo con ogni creatura, 
giungiamo a bussare alla porta 
della Tua e nostra Casa. 
Proprio perché arriveremo insieme a tanti fratelli e sorelle da Te pacificati, 
noi lo sappiamo: Tu ci spalancherai la porta 
della pace e della gioia senza fine.

(comunita FMA Eremo di S. Biagio)

Gesù l’anti-Re

Cristo Re amoRe (colored)

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
(dal Vangelo di Luca 23,35-43)

Amo molto la fantascienza e specialmente i film e telefilm di fantascienza.
Una delle serie televisive di fantascienza che da piccolo mi hanno molto appassionato (e che ho rivisto tantissime volte anche in seguito) è Spazio 1999. Si tratta di una serie televisiva coprodotta nei primi anni 70 dalla Rai e dalla televisione britannica, che narra le avventure degli abitanti della base Alpha costretti a viaggiare nello spazio sulla Luna, che una esplosione nucleare ha sparato fuori dall’orbita terrestre. In una delle prime puntate, dal titolo “Questione di vita o di morte”, i protagonisti vengono a contatto con un pianeta che potrebbe essere adatto per essere abitato e porre così termine al loro esilio spaziale forzato. L’ambiente è bellissimo e apparentemente perfetto per loro, ma in realtà nasconde un terribile segreto. Stanno per sbarcare, ma si scopre che tutto il pianeta, compreso l’unico abitante, sono fatti di anti-materia. Gli abitanti della base lunare Alpha e la stessa Luna stanno per essere distrutti, perché a contatto con l’anti-materia la materia si disintegra.
Gesù, in questa ultima domenica dell’anno liturgico, che precede l’inizio dell’Avvento, ci viene presentato come Re dell’universo. E’ un titolo, quello di Re, che ci viene proclamato più volte nel racconto della passione. Anche sulla sua croce c’è scritto questo, e il vangelo ci racconta come proprio quel titolo affibbiato a questo sovvertitore delle tradizioni del Padri, non andava giù ai suoi nemici religiosi.
La scritta posta sulla croce è letta probabilmente anche da uno dei due malfattori crocifissi con Gesù, che invece di lamentarsi e protestare, vede nel moribondo accanto a se, che indossa la corona di spine, la via d’uscita anche per lui da quella situazione di morte. Lui lo vede realmente il Re!
Gesù è Re… anche se mi verrebbe da dire, sulla scia del telefilm di Spazio 1999, un anti-Re. E sono molti i segni che ci dicono che la regalità di Gesù è totalmente opposta a quella umana: ha una corona, non dorata, ma di spine; l’unico vestito che indossa non è fatto di materiale prezioso, ma è la sua pelle nuda e rossa di sangue; è innalzato su un trono che non è quello d’oro o di marmo nelle sale regali dei palazzi, ma è una croce di legno innalzata su uno sperone di roccia fuori dalla città; attorno a se non ha schiere di sudditi inginocchiati e sottomessi, ma ha una folla che urla e impreca contro di lui e i suoi amici sono lontani…
Eppure nonostante questo Gesù è un vero Re, e il malfattore appeso vicino a lui ci vede bene riuscendo a comprendere che proprio quei segni anti-regali sono espressione perfetta dell’identità di Gesù e del suo stile di regno.
Gesù è un anti-re, perché non ha potere, ma amore. E’ in questo amore totale e fino al dono totale di se, che sta la sua forza.
Se nel telefilm l’anti-materia porta alla distruzione della materia messa vicino, anche Gesù è quell’anti-re che distrugge la visione umana del regnare, e sostituisce il potere con l’amore.
L’anti-regalità di Gesù è venuta nel mondo per rovesciarlo e distruggere tutto quello che allontana dall’amore di Dio e che rende il mondo disumano. Il Vangelo mette questo malfattore come esempio di fede perchè è l’unico così vicino a Gesù da accorgersi della sua vera identità e del suo amore. Anche in questo il Vangelo diventa come l’anti-materia del telefilm: un uomo che apparentemente non ha nulla da insegnare e che per la società civile e religiosa è solamente da commiserare e tenere distante, in realtà possiede una profondità d’animo che colpisce lo stesso Gesù. Infatti solo a lui il Signore crocifisso rivolge una parola di vita: “oggi con me sarai nel paradiso”.
In questo anno liturgico che si chiude e in vista dell’inizio dell’Avvento, guardiamo con attenzione alla nostra storia e agli incontri vissuti nei quali il regno di Dio si è mostrato con tutta la sua forza rivoluzionaria. Facciamo come il malfattore e allunghiamo lo sguardo e il desiderio di entrare in questo regno di Dio che dal punto di vista umano (dove regnano spesso solo il potere dei soldi, lo stile della violenza, la ricerca del proprio ed esclusivo bene…) è un anti-regno.
Guardiamo con fiducia a Gesù, l’anti-re, che proprio nel momento della sua massima debolezza umana, regala il paradiso e un nuovo modo di vedere e affrontare la storia.

Giovanni don

Vivi l’oggi

Vivi il giorno d’oggi Dio te lo dà è tuo, vivilo in lui. 
Il giorno di domani è di Dio, non ti appartiene. 
Non portare sul domani la preoccupazione di oggi. 
Il domani è di Dio: affidaglielo. 
Il momento presente è una fragile passerella: 
se lo carichi dei rimpianti di ieri, 
dell’inquietudine di domani, la passerella cede e tu perdi piede. 
Il passato? Dio lo perdona. 
L’avvenire? Dio lo dona. 
Vivi il giorno d’oggi in comunione con lui. 

(Odette Prévost)

viaLangolo dei Ritagli – QUMRAN NET – Materiale pastorale online.

Seti

Non appena Dio creò l’uomo, si mise subito in ascolto, da buon padre, dei bisogni e delle richieste di quella sua nuova, inconsueta creatura. 
“Ho fame e sete”, disse subito l’uomo. 
Dio gl’insegnò come cibarsi: gl’indicò le sorgenti, gli alberi da frutta e i favi delle api, i cespugli di bacche e mille altre leccornie prodotte dalla terra. 
Ma l’uomo, saziata fame e sete, fece altre richieste. 
“Ho sete di protezione e di riposo”, disse. 
Dio gl’insegnò come utilizzare le mani, cosa che non aveva mai fatto con nessun’altra delle sue creature. L’uomo si costruì una capanna ed un giaciglio, ed ebbe la soddisfazione di udire la pioggia tamburellare sul suo capo mentre lui, all’asciutto, lasciava vagabondare i suoi pensieri. 
“Ho sete di piaceri”, disse poi, forse impigrito dal troppo dormire. 
Dio lo accontentò. Gli aguzzò i sensi, come fa un arciere con le punte della sua freccia; e l’uomo poté assaporare, in maniera tutta speciale, gusti, suoni, profumi, panorami e carezze. 
Poiché queste ultime gli piacquero immensamente, l’uomo disse: 
“Ho sete d’amore”. 
Dio fu contento di questa richiesta meno materiale delle altre e insufflò nell’anima dell’uomo un pizzico del suo soffio personale. L’uomo amò col cuore e con il corpo e fu tutt’uno con la persona amata, e comunicò con lei quasi nel modo in cui Dio, creandolo, aveva comunicato con lui. 
Fu allora che Dio si sentì fare dall’uomo la richiesta a lui più cara. 
“Ho sete di bellezza, d’armonia e d’eternità”, disse l’uomo. 
Dio fu felice. Cosparse l’anima dell’uomo di un suo polline specialissimo, che teneva in serbo dall’eternità per chi, seppure molto alla lontana, gli fosse simile. E, considerata terminata la sua opera, si allontanò. 
L’uomo, però, aveva ancora una sete da saziare. Si trattava, benché non lo sapesse, di una sete impossibile da estinguere ma che, colmata anche solo in parte, gli avrebbe dato una soddisfazione tale da annullare tutte le altre. Essa però lo avrebbe divorato, a tal punto da trasformarlo in un’altra creatura, odiata ma temuta dai suoi simili più di tutte. 
“Ho sete di potere”, disse l’uomo. 
Poiché Dio era assente, gli si presentò un demone pronto ad esaudirlo. 
Ecco perché, di tutte le seti dell’uomo, quest’ultima sete rinascerà sempre insaziata nel suo cuore, ed avrà sempre, non la benedizione di Dio, ma la voracità del suo nemico.

(P. Gribaudi)

Il Tuo Volto

Lo sguardo tuo sereno e mite
incantò l’anima mia.
Che cosa potrò darti in cambio, Signore,
quale lode potrò offrire?

Tu dai la grazia
perché l’anima bruci incessantemente d’amore
e non conosca più riposo,
né giorno né notte.
In te solo trovo riposo,
il tuo ricordo riscalda l’anima mia.
Ti cerco. Ti perdo.
Mostrami il tuo Volto,
desiderato giorno e notte, Signore,
fa’ che io ami te solo!

(Silvano del Monte Athos)

Amiconi o fratelli

L‘amore sincero si dimostra non gozzovigliando insieme, non parlandosi alla buona, non lodandosi a parole, ma osservando e preoccupandosi di ciò che è utile al prossimo, sorreggendo chi è caduto, tendendo la mano a chi giace incurante della propria salvezza, cercando il bene del prossimo più che il proprio. 

La carità non guarda ai propri interessi, ma guarda a quelli del prossimo prima che ai propri.

(S. G. Crisostomo, Omelia sul nome di Abramo)

no resurrezione no party

paradiso celibe (colored)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
(dal Vangelo di Luca, 20,27-38)

Come succede anche oggi nella nostra religione (ma succede anche nella politica, nel mondo dello sport… ecc) anche ai tempi di Gesù c’erano varie “correnti di pensiero”, modi diversi di pensare e affrontare le questioni più importanti riguardo Dio e la vita di fede.
C’era un gruppo religioso a quei tempi che, a differenza dei più conosciuti Farisei, metteva in discussione la consistenza della resurrezione dei morti. Questi erano i sadducei, che in questo brano del vangelo di Luca, sono protagonisti di una discussione con Gesù.
Questi sadducei non credono che ci sia resurrezione, e la contestano con un fatto molto pratico, che fa apparire illogica la resurrezione: se una donna sposa, uno dopo l’altro, sette fratelli, nella resurrezione dai morti di chi sarà moglie? Il loro ragionamento non fa una grinza, e “dimostra” quanto sia illogico, religiosamente parlando, pensare che un giorno ci ritroveremo tutti vivi e vegeti, ad abitare la terra. Il problema è anche “dove trovare spazio per tutti questi miliardi di risorti”?
È bene non sorridere troppo in fretta dell’obiezione sollevata da questi personaggi, liquidandola come superficiale. Non è detto che noi abbiamo una risposta da dare, e forse vien fuori che anche noi non abbiamo le idee chiare sull’insegnamento della fede riguardo la resurrezione, e che non ci crediamo nemmeno più di tanto. Eppure non è certo una questione di poco conto, perché sulla realtà della resurrezione si gioca la nostra fede. Se non crediamo nella resurrezione, la nostra fede si riduce ad una filosofia di vita tra le tante che ci sono.
Credo che in questa difficoltà dei sadducei nel credere alla resurrezione e la loro domanda a Gesù, si possono collocare tutti i nostri dubbi di fede, e tutte le domande che noi stessi vorremmo direttamente rivolgere a nostro Signore, perché non tutto è così chiaro e convincente come i preti sembrano mostrare dal pulpito!
Ci sono situazioni nella vita che davvero smascherano la fragilità delle nostre convinzioni religiose, e una di queste è proprio la morte.
Quando una persona cara muore e quando si spezza definitivamente ogni legame, ci sentiamo spesso disarmati. Gli insegnanti della fede su aldilà e paradiso non sono così immediatamente chiari nel darci consolazione e pace.
Ma lo stesso accade anche quando sperimentiamo il limite delle nostre relazioni umane, quando sperimentiamo la “morte” dei legami affettivi dovuta ai nostri limiti umani, alle nostre fragilità ed errori. Anche in questi casi la speranza nella resurrezione dell’amore e della felicità ci sembra davvero lontana da avvertire, e ci crediamo poco.
Cosa risponde Gesù ai sadducei? Cosa risponde a noi dubbiosi di oggi?
La risposta sembra un po’ spiazzante e a tratti contorta, ma va al cuore del problema. Gesù non ci descrive come è l’aldilà dal punto di vista materiale. Gesù vuole rivelarci la qualità delle relazioni umane e divine che ci sono in Dio.
Nella dimensione di Dio (o nel Paradiso…ma non inteso come luogo, ma come dimensione oltre la nostra) le relazioni non sono la fotocopia di quelle terrene. Non ha più senso parlare di matrimonio, perché il matrimonio è prima di tutto una realtà umana-terrena, e nasce per regolare la relazione d’amore tra due persone in un contesto sociale. Viene chiamato infatti “contratto”, e il fatto che si celebri con i testimoni, evidenzia chiaramente la sua natura terrena. Ma nella dimensione di Dio non c’è più bisogno di contratti e testimoni. L’amore sarà così puro e senza ostacoli che sarà pieno ed eterno. Nella dimensione di Dio non c’è più morte fisica e nemmeno morte relazionale. Non ci saranno più ostacoli, invidie, sospetti, tradimenti, dubbi…che rendono il cammino dell’amore terreno sempre difficoltoso e bisognoso di guarigione e sostegno.

E’ davvero difficile per noi immaginare la dimensione di Dio con un amore così pieno e totale. Ma è qui che siamo chiamati a fidarci. E ce lo dice uno che ha sperimentato su se stesso la morte e la resurrezione, ha sperimentato la fine di tutto e la rinascita che vince il limite e la morte.
Il nostro è il Dio dei vivi. È il Dio che fa risorgere ogni cosa.
Credere in Dio e fidarsi del Vangelo, significa iniziare già qui in terra, in mezzo a limiti e fragilità, a sperimentare la forza della resurrezione.
E’ come la stagione che stiamo vivendo. In questi giorni tutto sembra morire e raffreddarsi. Ma sappiamo che all’autunno e all’inverno succederanno di nuovo la primavera e l’estate. Nell’autunno della nostra vita e delle relazioni, che sembrano a volte morire e finire, ci viene data nuova speranza, non solo per l’aldilà, ma anche per il tempo che viviamo ora.

 

Giovanni don