l’abbraccio provocatorio di Gesù

il più grande (colored)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
(dal Vangelo di Marco 9,30-37)

Quello che più mi ha colpito del viaggio in Terra Santa, fatto con i giovani nel mese di agosto, non è stata la visita ai luoghi tradizionali e archeologici della vita di Gesù. Sicuramente il Santo Sepolcro, la basilica dell’annunciazione, la Basilica della natività a Betlemme ecc, hanno il loro fascino, e visitandoli è suggestivo leggere e meditare i brani del Vangelo che in quei luoghi sono ambientati.
Ma, come spesso accade anche nella vita, sono stati alcuni luoghi a margine che hanno attratto la mia emozione e la mia attenzione spirituale.
Uno di questi sta proprio alle spalle dell’antichissima basilica che ricorda la nascita di Gesù a Betlemme. Si tratta di una casa per bambini disabili che un gruppo di giovani suore sudamericane ha aperto da non molti anni. Il progetto è molto ambizioso e più grande dei mezzi economici che loro hanno a disposizione. Si tratta di dare una casa e una famiglia per sempre a bambini che sono stati definitivamente abbandonati dalle loro famiglie perché portatori di disabilità molto forti. Queste suore, insieme a dei volontari, hanno iniziato con poche stanze e pian piano hanno costruito una casa che è ancora stretta per i 21 bambini che ospita. Ma la fede e il coraggio di queste suore sono più grandi delle difficoltà economiche e ambientali, in quella terra segnata da tensioni religiose e politiche.
Il nostro gruppo di giovani pellegrini ha visitato questa casa e ha incontrato la piccola comunità. Per me è stato molto toccante vedere come la suora, che ci spiegava la vita della casa, abbracciasse le giovani fragili creature che abitano li. Ho ripensato a lei per immaginare l’abbraccio che Gesù dà al bambino del Vangelo. Gesù lo prende e lo mette in mezzo al gruppo degli apostoli che è perso nel discutere sulla grandezza umana dell’uno rispetto all’altro. Gesù compie questo gesto profetico ed educativo insieme, perché vuole educare i suoi umanissimi apostoli a pensare e agire in modo diverso e nuovo.
Gesù parla di croce, di vita donata, di coraggio e amore… e loro parlano di chi è il più grande e con quali gerarchie costruire il futuro gruppo dei discepoli. C’è davvero una gran distanza tra il maestro e i suoi discepoli. E questa distanza ancora oggi non è colmata nella Chiesa e dentro di noi, in qualsiasi contesto umano viviamo. Credo davvero che la Chiesa abbia il compito profetico di educare il mondo a rovesciare le gerarchie per mettere al centro chi è piccolo e fragile.
Gesù è abbastanza chiaro: chi vuole avere a che fare con lui e vuole essere suo discepolo, allora deve iniziare dal basso e nel basso rimanere. Ogni volta che un discepolo cerca di porsi in onori e potere più in alto di altri corre il rischio concreto che arrivando al potere, nel contempo perda l’obiettivo che è stare con Gesù e dalla parte di Dio.

Quella suora che abbraccia il bambino disabile in quella piccola casa di Betlemme mi ha dato l’immagine più vera e concreta di chi era Gesù e del suo stile di fare. Posso dire di aver visto davvero Gesù e di aver imparato la lezione su quello che posso essere io personalmente e noi come discepoli di oggi.

Giovanni don