Un povero vecchio

Cera una volta un vecchio che non era mai stato giovane. In tutta la sua vita, in realtà, non aveva mai imparato a vivere. E non avendo imparato a vivere, non riusciva neppure a morire. Non aveva speranze né turbamenti; non sapeva né piangere né sorridere. Tutto ciò che succedeva nel mondo non lo addolorava e neppure lo stupiva. Passava le sue giornate oziando sulla soglia della sua capanna, senza degnare di uno sguardo il cielo, limmenso cristallo azzurro che, anche per lui, il Signore ogni giorno puliva con la soffice bambagia delle nuvole. Qualche viandante lo interrogava. Era così carico danni che la gente lo credeva molto saggio e cercava di far tesoro della sua secolare esperienza. “Che cosa dobbiamo fare per raggiungere la felicità?” chiedevano i giovani. “La felicità è uninvenzione degli stupidi” rispondeva il vecchio. Passavano uomini dallanimo nobile, desiderosi di rendersi utili al prossimo. “In che modo possiamo sacrificarci per aiutare i nostri fratelli?” chiedevano. “Chi si sacrifica per lumanità è un pazzo” rispondeva il vecchio, con un ghigno sinistro. “Come possiamo indirizzare i nostri figli sulla via del bene?” gli domandavano i genitori. “I figli sono serpenti” rispondeva il vecchio. “Da essi ci si possono aspettare solo morsi velenosi”. Anche gli artisti e i poeti si recavano a consultare il vecchio che tutti credevano saggio. “Insegnaci ad esprimere i sentimenti che abbiamo nellanima” gli dicevano. “Fareste meglio a tacere” brontolava il vecchio. Poco alla volta, le sue idee maligne e tristi influenzarono il mondo. Dal suo angolo squallido, dove non crescevano fiori e non cantavano uccelli, Pessimismo perché questo era il nome del vecchio malvagio faceva giungere un vento gelido sulla bontà, lamore, la generosità che, investite da quel soffio mortifero, appassivano e seccavano. Tutto questo dispiacque molto al Signore, che decise di rimediare. Chiamò un bambino e gli disse: “Va a dare un bacio a quel povero vecchio”. Il bambino obbedì. Circondò con le sue braccia tenere e paffute il collo del vecchio e gli stampò un bacio umido e rumoroso sulla faccia rugosa. Per la prima volta il vecchio si stupì. I suoi occhi torbidi divennero di colpo limpidi. Perché nessuno lo aveva mai baciato. Così aperse gli occhi alla vita e poi morì, sorridendo.

A volte, davvero, basta un bacio. Un “Ti voglio bene”, anche solo sussurrato. Un timido “Grazie”. Un apprezzamento sincero. E così facile far felice un altro. Allora, perché non lo facciamo?

(B. Ferrero)

perché cerchiamo Gesù?

Dio-ateo (colored)

In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
(dal Vangelo di Giovanni 6,24-35)

Nel primo film della famosa trilogia di Matrix, il protagonista Neo (interpretato da Keanu Reeves) fin dalle prime battute dalla storia inizia un duro percorso che lo porterà ad un certo punto a comprendere la realtà delle cose, scoprendo che fino ad allora viveva in un mondo di illusioni e di falsità che lo rendevano cieco e prigioniero. Nella scena in cui per la prima volta apre gli occhi e vede il mondo reale, disteso su un lettino con gli amici attorno, dice “mi fanno male gli occhi”, e Morfeus gli risponde sorridendo “è perché non li hai mai usati”.
Questa pagina del Vangelo ci racconta quello che segue immediatamente dopo il grande miracolo che Gesù compie nel moltiplicare il pane per migliaia di persone.
Tutti lo cercano, ma Gesù, in un modo sorprendente, frena questa loro ricerca.
E’ davvero strano questo atteggiamento di Gesù, ma quello che dice alle folle motiva il comportamento: la folla non è riuscita a vedere quello che sta realmente dietro il gesto di Gesù, e lo cerca solo perché ha trovato un modo straordinariamente facile di mangiare.
Gesù dice: “voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato…” . La folla è cieca e non riesce a vedere il reale significato del gesto di Gesù, che è un segno di qualcosa di ben più grande di un pasto gratis.
Si può quindi cercare Dio, invocare Gesù, la Madonna e i Santi, ma sbagliare strada e alla fine non fare un passo in avanti nel cammino di fede.
Come Neo nella prima parte di Matrix, anche noi siamo ciechi e ci illudiamo di comprendere la nostra realtà e quella di Dio. Non riusciamo a comprendere il vangelo perché non ci sforziamo di compiere il percorso che ci apre gli occhi a comprendere la vera portata della nostra fede e degli insegnamenti di Gesù.
La prima domanda da farci, con calma e senza la fretta di dare una risposta, è: perché cerchiamo Dio? Cosa vogliamo da Gesù quando lo invochiamo e lo preghiamo?
Un miracolo particolare? La soluzione di qualche piccolo o grande problema personale? Se questa domenica andiamo a messa, perché usciamo di casa e varchiamo la porta della chiesa per partecipare all’oretta della funzione religiosa?
E’ bene farsi queste domande… e come risposta ascoltiamo quello che Gesù dice ai suoi contemporanei e che l’evangelista Giovanni ricorda per la sua comunità: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà…”

Mettiamoci dunque alla ricerca di quello che veramente dura, e che sazia davvero la fame dello spirito. Accettiamo la fatica del percorso di fede anche quando ci costringe a fare scelte difficili e a compiere profondi cambiamenti di mentalità. Accettiamo di diventare discepoli di Cristo che ci insegna la giusta strada per vedere con occhi nuovi e per non fermarci alla superficie delle cose, nemmeno alla superfice della vita religiosa, spesso fatta di molti atti esteriori, ma di poca profondità e verità.
Ad un certo punto chiedono a Gesù: “Signore, dacci sempre questo pane”. E Gesù a questa richiesta risponde con una proposta di relazione profonda e continuativa… “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”
Abbiamo bisogno di questa relazione profonda con Gesù, che è maestro di vita e cibo dello spirito.
E stando con lui ci accorgeremo che il pane materiale e tutte le altre cose materiali che abbiamo, più o meno necessarie, sono alla fine comunque sempre secondarie rispetto al Vangelo.
Qualche volta, quando una pagina del Vangelo ci illumina gli occhi del cuore e ci sembra di capire con la profondità dello spirito, ci viene come un senso di abbagliamento e insieme di pace… Questo è segno che gli occhi dello spirito li usiamo poco ma è anche vero che possiamo usarli e che proprio li incontriamo Dio.

Giovanni don

Avere tempo

Amare significa anche avere tempo.
Chi ama, non tiene il proprio tempo solamente per sè;
nel suo tempo si inserisce l’altro.
Chi ama ha, per così dire, un’agenda, uno scadenziario particolare.
Vuole avere più tempo possibile per l’altro.

(K. Hemmerle)

Buona festa del Perdono!

Oggi ho pensato di ricordare il perdono di Assisi postando un video sulla perdonanza.

COME S. FRANCESCO CHIESE E OTTENNE L’INDULGENZA DEL PERDONO

Una notte dell’anno del Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima luce e Francesco vide sopra l’altare il Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore!
Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: “Santissimo Padre, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe”.
“Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande – gli disse il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza”.
E Francesco si presentò subito al Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: “Per quanti anni vuoi questa indulgenza?”. Francesco scattando rispose: “Padre Santo, non domando anni, ma anime”. E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: “Come, non vuoi nessun documento?”. E Francesco: “Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l’opera sua; io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni”. E qualche giorno più tardi insieme ai Vescovi dell’Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!”.

 

Dinanzi al destino

Non pensare a ciò
che può portarti l’avvenire,
ma sforzati di essere
interiormente calmo e sereno,
poiché non da come
si forma il tuo destino,
ma dal modo in cui
ti comporti dinanzi a esso
dipende la felicità della tua vita.

(E. Fromm)

Dammi solo poco

Dammi solo poco, 
perché non dimentichi mai 
di chiamarti il mio tutto. 

Lasciami solo poco, 
perché in ogni luogo 
senta bisogno di te, 
perché senza ritegni 
possa tornare da te, 
perché in ogni momento 
possa offrirti il mio cuore. 

Lasciami solo poco, 
perché i tuoi doni 
non ti nascondano mai; 
dammi una sola catena 
con cui possa legarmi 
al tuo viso per sempre; 
lascia che il tuo desiderio 
inanelli la mia vita 
e diventi catena per te.

(R. Tagore)