I doni della natura

Dovemmo saper guardare con stupore e gratitudine i doni della natura: dai fili d’erba ai grandi alberi, dai piccoli insetti alla maestosità delle balene, dall’immenso mare alle cime innevate dei monti. Dovremmo, ma l’essere umano difficilmente apprezza quello che gli viene regalato.

(S. Tassone)

La storia di Jerry

Jerry era il tipo di persona che si ama e si odia.

Era sempre di buon umore ed aveva sempre qualcosa di positivo da dire.

Quando qualcuno gli domandava come stava, rispondeva: “Se stessi meglio, scoppierei!”.

Era un manager unico, con un gruppo di camerieri che lo seguivano ogni volta che prendeva la gestione di un nuovo ristorante. Il motivo per cui i camerieri lo seguivano era che Jerry aveva un grande atteggiamento positivo. Era un motivatore naturale, se un dipendente aveva la luna storta, Jerry era lì a spiegargli come guardare al lato positivo della situazione.

Trovavo il suo stile molto strano e quindi un giorno gli dissi “Adesso basta! Spiegami come fai ad essere sempre cosìpositivo, qualunque cosa succeda?”.

“Oggi hai una scelta da fare: puoi decidere di essere di buon umore o di cattivo umore, e scelgo di essere di buon umore. Tutti i giorni mi capita qualcosa di spiacevole, posso fare la vittima oppure imparare qualcosa dai problemi, io scelgo di imparare. Ogni giorno qualcuno viene da me a lamentarsi, io posso scegliere di subire passivamente le sue lamentele o di trovare il lato positivo della cosa, beh, io scelgo sempre il lato positivo della vita”.

“Si, vabhé, dissi io, “ma non è sempre cosi facile!”.

“Sì invece,” disse Jerry, “la vita è tutta fatta di scelte. A parte le necessità più o meno fisiologiche in ogni situazione c’è una scelta da fare.

Sei tu a scegliere come reagire in tutte le situazioni, a decidere come la gente può influire sul tuo umore.

Sei tu che scegli se essere di buon umore o di cattivo umore, e quindi in definitiva come vivere la tua vita”.

Per molto tempo dopo quell’incontro, ripensai a quello che Jerry aveva detto, poi un giorno lasciai il business della ristorazione e mi dedicai ad un’altra attività in proprio; mi persi di vista con Jerry ma spesso ripensai a lui quando mi trovavo nella situazione di scegliere nella vita invece che subirla.

Diversi anni dopo, venni a sapere che Jerry aveva commesso un errore imperdonabile per un gestore di ristorante: aveva lasciato la porta posteriore del ristorante aperta una mattina, ed era stato attaccato da tre rapinatori armati; mentre cercava di aprire la cassaforte, le sue mani sudate e tremanti dalla paura non riuscivano a trovare la combinazione ed i rapinatori, presi dal panico, gli avevano sparato ferendolo gravemente. Fortunatamente Jerry era stato soccorso rapidamente e portato immediatamente al pronto soccorso.Dopo 18 ore di intervento chirurgico ed alcune settimane di osservazione, Jerry era stato dimesso dall’ospedale con frammenti di pallottole ancora nel suo corpo.

Incontrai Jerry circa sei mesi dopo l’incidente, quandi gli chiesi come andava mi disse: “Se stessi meglio, scoppierei. Vuoi dare un’occhiata alle cicatrici?”. Declinai l’invito, ma gli chiesi che cosa gli era passato per la testa durante la terribile esperienza. “La prima cosa che pensai fu che avrei dovuto chiudere la porta posteriore del ristorante” mi disse Jerry, “poi, quando ero già stato colpito e mi trovavo per terra, mi ricordai che avevo due scelte: potevo scegliere di vivere o di morire”.

“Ma non avevi paura. Non sei svenuto?”.

Jerry continuò: “Gli infermieri furono bravissimi. Continuavano a dirmi che andava tutto bene. Ma fu quando mi portarono sulla barella in sala operatoria e vidi le espressioni sulle faccie dei dottori e degli assistenti, che mi spaventai veramente, potevo leggere nei loro occhi ‘quest’uomo è già morto!’… dovevo assolutamente fare qualcosa”.

“E cosa hai fatto?” gli domandai.

“C’era questa infermiera veramente grassa che continuava a farmi domande, e mi chiese se ero allergico a qualche cosa. ‘Sì!, io risposi, a quel punto tutti dottori e le assistenti si fermarono ad aspettare che finissi la mia risposta… Io presi un respiro profondo e con tutte le mie forze gli gridai ‘Sono allergico alle pallottole!’… Mentre ancora ridevano aggiunsi: ‘Sto scegliendo di vivere. Operatemi come se fossi un vivo, non come fossi già morto'”.

Jerry è sopravvissuto grazie alle capacità dei chirurghi, ma anche grazie al suo atteggiamento positivo.

Ho imparato da lui che tutti i giorni abbiamo la scelta di vivere pienamente.

Un attegiamento positivo, alla fine, vale più di tutto il resto.

(Anonimo)

Sostare per fare il pieno di Dio

Sotto casa mia funzionava un distributore di benzina.  Tutte le mattine,  presto,  alle sette e un quarto,  si fermava un camion che faceva il pieno di benzina per la giornata,  perché doveva fare tanta strada.

Venni a sapere che quel camion doveva arrivare a un paesino sperduto di montagna.  Portava il necessario per vivere agli abitanti di quella località,  dove vivevano anche i miei familiari,  i miei amici; perciò ero contento di vedere quel camion ogni mattina alle sette e un quarto sostare al distributore per fare il pieno.  Quella sosta che durava una quindicina di minuti mi garantiva che sarebbe arrivato ai miei parenti il necessario per vivere.

Ma una mattina il camion non fece la sosta,  né fece il pieno.  Il guidatore non si era svegliato.  Al paesino quel giorno non arrivò niente: quella sosta era la vita per tutto il paese.

Ogni mattina il cristiano è chiamato a sostare davanti a Dio per la preghiera,  per la meditazione,  per fare il pieno di Dio,  così da farlo arrivare ai fratelli affamati.

È preoccupante quando il cristiano non sosta: il cristiano che non sosta ruba Dio agli altri; il cristiano che sosta dona Dio ai fratelli. Verità ribadita anche da Édith Stein là dove afferma di “stare davanti a Dio per tutti  gli altri”.

(A.  Panont)

Serenità interiore

Acquista e conserva la pace interiore e migliaia intorno a te troveranno la salvezza.

Nulla aiuta di più la pace interiore che il silenzio: il dialogo incessante con se stessi e il silenzio con gli altri.

Non bisogna mai esagerare in nulla, ma fare in modo che il nostro amico, il corpo, rimanga fedele e partecipi alla nostra vita interiore.

Bisogna essere pazienti verso se stessi e sopportare le proprie mancanze come si sopportano quelle degli altri, ma bisogna anche non lasciarsi prendere dalla pigrizia e sforzarsi di sempre migliorare.

Davanti alle nostre mancanze non arrabbiamoci, non aggiungiamo un male ad un altro male, ma conserviamo la pace interiore, e dedichiamoci con coraggio a convertirci. La virtù non è una pera che si mangia in un solo boccone.

Dobbiamo attenderci gli attacchi del demonio. Come possiamo sperare che ci lascerà tranquilli se ha tentato anche nostro Signore Gesù?

Se Dio abbandonasse l’uomo a se stesso, il diavolo sarebbe pronto a ridurlo in polvere come un chicco di grano sotto la macina.

Guàrdati dallo spirito di scoraggiamento, perché di qui nasce ogni male.

Giudica te stesso, allora cesserai di giudicare gli altri.

(S. Serafino di Sarov)

Sii l’artista

Sii tu stesso l’artista in grado di dar colore e vivacità alla tua vita. Non affidare ad altri questo compito, potrebbero deluderti e non avere la stessa grazia nel dipingere ciò che tu stesso faresti capolavoro.

(A. Comità)

Un’autorità che non si impone

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In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
(dal Vangelo di Marco 1, 21-28)

Ieri sera, trovandomi con un gruppo di giovani scout per un momento di riflessione, dopo aver letto questa pagina del Vangelo, ho chiesto loro un po’ a bruciapelo: “C’è qualcuno che ha una particolare autorità nella vostra vita? Chi nella vostra vita è un punto di riferimento determinante in quello che dice e in quello che fa…, e perché?”
Mi sono reso conto che la domanda così posta non è affatto facile, e ho visto qualche volto un po’ smarrito.
La loro età (adolescenti e giovani) è quella in cui in generalmente si sfugge a tutto ciò che è autorità, nella ricerca di una propria autonomia di giudizio e azione, e c’è una sorta di “cambio di pelle” nella crescita verso l’età adulta per affermare la propria libertà.
Ma siamo sicuri che l’obiettivo dell’età adulta è non avere nessuno come autorità? Essere liberi vuol dire non avere punti di riferimento e non avere in assoluto alcuna guida?
Il Vangelo ci racconta di Gesù che insegna nella sinagoga di Cafarnao, nel luogo e nel giorno più importanti per il cammino di crescita spirituale dell’ebreo.
Non ci viene detto subito cosa insegnava (il Vangelo lo racconta in seguito) ma ci viene mostrato la reazione di coloro che lo stanno ad ascoltare: tutti sono stupiti e gli riconoscono una autorità assoluta che soppianta quella degli scribi, cioè i teologi ufficiali e quelli che ritenevano di essere esperti di Dio. Gesù è un vero maestro che “mette a tacere” gli altri maestri, quelli che poi si scateneranno contro di lui per farlo tacere a loro volta: scribi e farisei. E questa lotta di contrapposte autorità si manifesta fin da quel momento, con quel indemoniato che si mette a gridare contro Gesù. Questo personaggio, che stranamente si trova nella sinagoga, si scatena solo quando una vera autorità si mette a parlare. Gesù ha un insegnamento che mette in discussione e demolisce le false sicurezze di una religione più fondata sulla forza della paura, sul rispetto delle regole e sulla chiusura verso l’esterno. Gesù insegna un nuovo modo di relazionarsi con Dio e con gli altri fondato sull’amore e il servizio, e questo non può che irritare chi predicava in senso contrario.
Gesù però in questo modo mostra una autorità superiore, perché per primo vive quello che insegna e non fonda le sue parole sulla paura, sul controllo delle menti e della vita, ma sull’amore e la fiducia nei discepoli. Nel racconto infatti non scaccia l’indemoniato, ma lo libera da quel fondo di male che un modo sbagliato di vivere la religione (quello coltivata da scribi e farisei) lo teneva prigioniero. Gesù è un maestro che libera e non sottomette, non obbliga nessuno ma propone una strada che per primo percorre. E sappiamo bene che proprio sulla croce Gesù mostrerà la sua massima autorità, portando fino in fondo il suo insegnamento con il dono totale di sé. La croce sarà il suo più alto e glorioso pulpito dove insegnare, molto diverso dai pulpiti dorati e alti di coloro che volevano insegnare con pugno e con segni di potere.
I suoi discepoli sono chiamati ad imparare questo modo di vivere l’autorità, e che dovranno poi esercitare quando il Maestro avrà lasciato loro spazio. Non sarà facile… e la tentazione di confondere l’autorità con il potere sarà sempre presente.
Dopo un po’ di silenzio qualche giovane scout ha iniziato a rispondere alla domanda che avevo posto. Qualcuno ha individuato come autorità nella propria vita un genitore, che nonostante tutti gli scontri inevitabili in famiglia, ha sempre dimostrato di essere presente e di prendersi cura dei figli. Qualcuno ha individuato come autorità e punto di riferimento i fratelli che pur vicini di età sono protettivi e buoni consiglieri. Altri hanno visto come autorità un insegnate di scuola che sempre ha creduto in loro e che si è fatto vicino ben oltre il “dovere lavorativo”…
E’ proprio vero che l’autorità non viene dal potere o dalla capacità di imporla con la forza o il ricatto morale, ma viene dalla capacità di amare e di mettersi al servizio, proprio come ha fatto Gesù.
Questo passo di Vangelo diventa un’occasione di verifica anche dello stile che abbiamo dentro la comunità cristiana e in particolare per chi ha un compito di esercitare l’autorità e di guida (preti, consiglio pastorale, catechisti, responsabili di gruppi, animatori…). Il male più grande è proprio quando in una comunità (qualsiasi tipo di comunità, anche quella sociale…) sembra comandare solo chi ha più potere economico, di persuasione, di forza fisica.
Chiediamo che il Signore pronunci di nuovo quella frase liberatoria del Vangelo: “Taci, esci!” in modo che il male del potere e della violenza esca da ogni comunità, e così risulti vincente il suo stile, un’autorità che non si impone, perché trova forza nell’amore totale che vive per primo quello che insegna.

Giovanni don