Il desiderio di compiacerti

Signore mio Dio, 
non ho alcuna idea di dove sto andando, 
non vedo la strada che mi è innanzi, 
non posso sapere con certezza dove andrò finire. 
E non conosco neppure davvero me stesso 
e il fatto che pensi di seguire la tua volontà 
non significa che lo stia davvero facendo. 

Sono però convinto 
che il desiderio di compiacerti, 
in realtà ti compiace. 
E spero di averlo in tutte le cose. 
Spero di non far mai nulla 
senza un tal desiderio. 
E so che se agirò così 
la mia volontà mi condurrà per la giusta via, 
quantunque possa non saperne nulla. 

Avrò però sempre fiducia in te 
per quanto mi possa sembrare di essere perduto 
e avvolto nell’ombra della morte. 
Non avrò paura, 
perché tu sei sempre con me 
e non mi lascerai mai solo 
di fronte ai pericoli.

(T. Merton)

Beato il papà

Beato il papà che chiama alla vita e sa donare la vita per i figli. 
Beato il papà che non teme di essere tenero e affettuoso. 
Beato il papà che sa giocare con i figli e perdere tempo con loro. 
Beato il papà per il quale i figli contano più degli hobby e della partita. 
Beato il papà che sa ascoltare e dialogare anche quando è stanco. 
Beato il papà che dà sicurezza con la sua presenza e il suo amore. 
Beato il papà che sa pregare con i figli e confrontare la vita con il Vangelo. 
Beato il papà convinto che un sorriso vale più di un rimprovero, uno scherzo più di una critica, un abbraccio più di una predica. 
Beato il papà che cresce insieme ai figli e li aiuta a diventare se stessi. 
Beato il papà che sa capire e perdonare gli sbagli dei figli e riconoscere i propri. 
Beato il papà che non sommerge i figli di cose, ma li educa alla sobrietà e alla condivisione. 
Beato il papà che non si ritiene perfetto e sa ironizzare sui propri limiti. 
Beato il papà che cammina con i figli verso orizzonti sconfinati aperti all’uomo, al mondo, all’eternità.

(Anonimo)

Siete lì

Oggi fra i giovani del mondo, Gesù vive la propria passione nei giovani sofferenti, affamati, handicappati… in quel bambino che mangia un pezzo di pane, briciola dopo briciola, perché sa che, quando quel tozzo di pane sarà finito, non ce ne sarà più e avrà di nuovo fame. 
Ecco una stazione della Via Crucis. Siete lì con quel bambino? 
E quelle migliaia che muoiono, non solo per un tozzo di pane, ma per un po’ d’amore, di considerazione… 
Ecco una stazione della Via Crucis. Siete lì? 
E quando i giovani cadono, come Gesù è caduto più e più volte per noi, noi siamo lì come Simone il Cireneo, a risollevarli, a prendere su di noi la croce? I barboni, gli alcolizzati, i senzatetto vi guardano. Non siate come quelli che guardano senza vedere. Guardate e vedete. 
Possiamo iniziare a percorrere la Via Crucis, passo dopo passo, con gioia. 
Gesù si è fatto pane della vita per noi. Abbiamo Gesù, sotto forma di pane della vita a darci forza.

(M. Teresa di Calcutta)

i gesti della misericordia papa povero (colored) –

papa povero (colored)

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
(dal Vangelo di Giovanni 8,1-11)

I gesti a volte dicono più delle parole… Un gesto arriva più velocemente al cuore, e le parole servono a spiegare meglio il significato del gesto. Il problema è che quando i gesti non sono in sintonia con le parole, si crea un cortocircuito che non porta da nessuna parte.
Il Vangelo di questa quinta domenica di quaresima è pieno di gesti e poche ma significative parole.
Gesù è nel Tempio, al cospetto del massimo segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo.
La donna di cui non viene riportato il nome (se vogliamo possiamo mettere il nostro nome… siamo noi quella donna) viene messa in mezzo, tra Gesù e i suoi storici accusatori, gli scribi e i farisei (anche loro senza nome… e anche qui possiamo metterci il nostro).
Le parole dei farisei sembrano una innocente domanda di discepoli che vogliono sapere dal maestro tutto quello che riguarda il peccato e la condanna secondo la legge di Mosè. Ma tutti i gesti e il tono della voce che ci pare di udire leggendo il racconto di Giovanni, dicono che il loro vero interesse è accusare Gesù e poterlo “fregare” con le sue stesse parole.
Gesù questa volta non risponde subito con altre parole ma con un gesto tanto strano quanto incredibilmente efficace. Si china per terra e per terra scrive.
Con un gesto simbolico Gesù riassume la sua storia e la sua identità. Non rimane in alto a pontificare sul bene e sul male, ma scende a terra, proprio là dove immaginiamo sia la donna, e dove questa donna rischia di finire mentre viene lapidata.
Gesù si china a terra proprio dove questa donna anche dal punto di vista morale e spirituale si trova. La donna ha fatto qualcosa che non doveva fare, e lei per prima lo sa. Forse lei stessa conosce bene la legge di Mosè ed è consapevole che deve morire per la sua condotta. Che sia giusta o meno questa legge mosaica, la donna si trova a terra anche spiritualmente, perché vede i responsabili religiosi del suo tempo pronti a condannarla.
Gesù prima di rispondere alla domanda maliziosa dei farisei e degli scribi, si china a livello della donna con un gesto che è già inizio di perdono e misericordia.

Cosa avrà scritto per terra? Alcune tradizioni dicono che ha scritto i peccati dei presenti per metterli di fronte alla loro piccolezza.
Con i giovani ieri sera abbiamo letto questo brano e ho chiesto loro di immaginare Gesù che scrive per terra, e di dire cosa secondo loro ha scritto.
Interessanti le proposte fatte.
C’è chi ha detto che Gesù ha scritto che il male non si combatte con il male ma con il bene. Uno dei giovani ha immaginato Gesù che tira una linea tra loro e la donna, in modo da far loro capire di fermarsi prima e di non andare oltre al linea della strada dell’odio, dalla quale poi non si torna più indietro. Un altro ha pensato che Gesù ha disegnato una pecora, per ricordare che anche questa donna fa parte del gregge del Signore e che lui è venuto a salvare la pecora smarrita e non a condannarla.
Uno ha pensato che Gesù ha scritto proprio la frase che pronuncerà successivamente a voce (“Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”) in modo che queste parole si fissino nella mente e nel cuore dei presenti, come stile perenne di misericordia reciproca.
Io ho pensato che Gesù con il dito ha segnato per terra attorno alla donna diverse scritte: “sono tua sorella”, “sono tua madre”, “sono la tua amica”, “sono la tua vicina di casa”, “sono la tua compagna di lavoro…”, in modo che coloro che la stavano per lapidare non si fermino al solo aggettivo “peccatrice”, ma vedano in questa donna tutta una vita e un mondo che va conosciuto a fondo, e non condannato frettolosamente.
Gesù si alza solamente quando tutti sono andati via e rimane solo con questa donna. E’ il gesto della resurrezione nella quale vuole coinvolgere anche lei. La risolleva prima spiritualmente e poi la invita risollevarsi nella vita (“Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”).
I gesti di Gesù sono stati il veicolo efficace di quello che le parole hanno detto. Lui condivide realmente la condizione della donna, e in questa condivisione profonda e vera la donna si sente risollevata e invitata a vivere di questa misericordia perenne.
Siamo noi questa donna, quando ci sentiamo a terra e la polvere si mescola con la nostra tristezza e paura di non farcela. Siamo noi anche questi farisei e scribi, quando alziamo le mani e puntiamo il dito per condannare, diventando ciechi verso noi stessi. Siamo noi anche Gesù, quando ci mettiamo gli uni al livello degli altri, quando siamo capaci di piegarci nella condizione di chi si sente a terra e ha bisogno non di condanne ma di condivisione.

Giovanni don

Il denaro

Non tutto quello che desideriamo 
Può comprarci il denaro. 
Per esempio si può comprare: 
il letto, ma non il sonno; 
il cibo, ma non l’appetito; 
il libro, ma non l’intelligenza; 
la cultura, ma non la sapienza; 
una casa, ma non la famiglia; 
la medicina, ma non la salute; 
lo svago, ma non la felicità; 
la tranquillità, ma non la pace; 
la sicurezza materiale, ma non la spirituale; 
il crocifisso, ma non la fede; 
un posto nel cimitero, ma non nel cielo; 
compagnia, piacere, risate, ma non veri amici. 

(anonimo)

C’era una volta l’Amore

C’era una volta l’Amore… L’Amore abitava in una casa pavimentata di stelle e adornata di sole. Un giorno l’Amore pensò a una casa più bella. Che strana idea quella dell’Amore! E fece la terra, e sulla terra, ecco fece la carne e nella carne ispirò la vita e, nella vita, impresse l’immagine della sua somiglianza.

E la chiamò uomo! E dentro l’uomo, nel suo cuore, l’Amore costruì la sua casa: piccola ma palpitante, inquieta, insoddisfatta come l’Amore. E l’Amore andò ad abitare nel cuore dell’uomoe ci entrò tutto là dentro, perché il cuore dell’uomo è fatto di infinito.

Ma un giorno… l’uomo ebbe invidia dell’Amore. Voleva impossessarsi della casa dell’Amore, la voleva soltanto e tutta per sé, voleva per sé la felicità dell’Amore come se l’Amore potesse vivere da solo. E l’Amore fu scacciato dal cuore dell’uomo. L’uomo allora cominciò a riempire il suo cuore, lo riempì di tutte le ricchezze della terra, ma era ancora vuoto. L’uomo, triste, si procurò il cibo col sudore della fronte, ma era sempre affamato e restava con il cuore terribilmente vuoto. Un giorno l’uomo… decise di condividere il cuore con tutte le creature della terra. L’Amore venne a saperlo… Si rivestì di carne e venne anche lui a ricevere il cuore dell’uomo. Ma l’uomo riconobbe l’Amore e lo inchiodò sulla croce. E continuò a sudare per procurarsi il cibo. L’Amore allora ebbe un’idea: si rivestì di cibo, si travestì di pane e attese silenzioso. Quando l’uomo affamato lo mangiò, l’Amore ritornò nella sua casa… nel cuore dell’uomo. E il cuore dell’uomo fu riempito di vita, perché la vita è Amore.

(Poesia brasiliana)

Le lacrime

Le lacrime sono parole che non nacquero, 
sentimenti che ammutolirono, 
sono sorrisi che non attecchirono, 
la fede che che fu contraddetta dalla disperazione. 
La lacrima è la voce dei rassegnati. 
E’ frutto della pace rubata al cuore ancora giovane, 
che si è perso senza essere assaggiato. 
Acqua che tracima dal suo letto senza direzione. 
La lacrima è il grido che non può essere udito. 
Sono reticenze collocate nel finale di chi non ha potuto continuare. 
E’ il momento di dare il nodo in gola, 
è l’angoscia espulsa per castigare l’anima di chi non ha potuto amare, 
è la tristezza che si è stancata di restare accantonata, 
è il canto che non ha motivi, 
è il motivo di chi si rassegnò e si arrese. 
Dio fece la lacrima per esternare quello che la paura rivela 
o che l’allegria non supera. 
La verità che non può essere detta, 
il dolore che non può essere sentito, 
il destino che non può essere mutato, 
solamente vissuto…

(Anonimo) 

Preghiera allo Spirito Santo

Spirito di Vita, che in principio aleggiavi sull’abisso, 
aiuta l’umanità del nostro tempo a comprendere 
che l’esclusione di Dio la porta a smarrirsi nel deserto del mondo, 
e che solo dove entra la fede fioriscono la dignità e la libertà 
e la società tutta si edifica nella giustizia. 

Spirito di Pentecoste, che fai della Chiesa un solo Corpo, 
restituisci noi battezzati a un’autentica esperienza di comunione; 
rendici segno vivo della presenza del Risorto nel mondo, 
comunità di santi che vive nel servizio della carità. 

Spirito Santo, che abiliti alla missione, 
donaci di riconoscere che, anche nel nostro tempo, 
tante persone sono in ricerca della verità sulla loro esistenza e sul mondo. 
Rendici collaboratori della loro gioia con l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo, 
chicco del frumento di Dio, che rende buono il terreno della vita e assicura l’abbondanza del raccolto. 
Amen.

(Benedetto XVI)

Trovare Dio – Nomadi – find God

stasera ho scelto una bella canzone dei Nomadi…

Trovare Dio

Porta il mio biplano Le antiche insegne e il valore 

Ali forti e tiranti Possente il motore 

Voliamo radenti Da circa sei ore 

Inseguo le stelle Nessun timore 


E’ quasi luce Vedo l’alba ormai 

Mi batte il core Andiamo un po’ più in su 

Saliamo verso il blu… 


E no… non sono gli angeli 

Che ora ci stan portando via 

ma questo spazio infinito quest’armonia quest’armonia 


viaggia l’aeroplano punta il sole leggero 

se viro piano si tinge d’oro 

questa macchina alata questo vecchio gabbiano 

mi sta portando dove è sempre sereno 


soli verso il mattino 

e si voglio volare 

perché così così sono io 

e poi sentire il vento e sentirmi mio 


così voglio volare 

perché esisto anch’io e solcando il cielo 

trovarci Dio trovarci Dio solcando il cielo 

trovare Dio, trovarci Dio 

e poi sentire il vento 

trovare Dio, trovarci Dio. 

 

Nel nostro volto il volto di Dio

conclave 2013 (colored)

DOMENICA 10 marzo 2013
Quarta di quaresima

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”»
(dal Vangelo di Luca 15,1-3.11-32)

In questi giorni, gli occhi di tutti nel mondo sono puntati verso il Vaticano. Non solo i cristiani cattolici, ma anche tanti cristiani di altre confessioni e persino tantissimi non-cristiani, sono attenti a quel che si sta svolgendo tra le mura di San Pietro a Roma, in attesa di quel che uscirà dal vicinissimo Conclave.
L’elezione di un papa non è certo una cosa scontata. Sembra proprio che dal volto che si affaccerà dal balcone di San Pietro dipenda il volto di tutta la Chiesa Cattolica. Quale sarà il volto della Chiesa dei prossimi anni?
Dal volto dei figli si intravede il volto dei loro genitori, dal volto dei cristiani si intravede il volto di Dio stesso.
La parabola del Vangelo ci parla proprio di una famiglia, di due figli e del loro padre.
Quella che viene raccontata è una storia da un lato drammatica e dall’altra piena di positività.
Abbiamo due figli che in modi diversi abbandonano il padre e si dividono tra loro. Il figlio minore abbandona il Padre sperperando i suoi beni, mentre l’altro rimane in casa ma con l’atteggiamento dello schiavo, incapace di comprendere l’amore del suo genitore e disconoscendo l’altro come proprio fratello. E sullo sfondo emerge chiaro il dolore del padre per entrambi.
La storia però pone l’accento positivo sull’amore di questo padre, che va incontro ad entrambi in figli, pronto anche a perdere la faccia per loro (chi ascoltava questa storia ai tempi di Gesù non poteva non rimanere stupito da questo slancio del padre verso entrambi, andando loro incontro…). Il padre della parabola è proprio Gesù che, criticato per il suo slancio gratuito verso i più lontani (peccatori e pubblicani), non ha paura di perdere la faccia pur di ricostruire legami e far ritrovare speranza a chi l’ha perduta.

Gesù mostra il volto di Dio Padre e insegna a fare altrettanto ai suoi discepoli. Farisei e scribi, che si ritenevano veri custodi degli insegnamenti di Dio, in realtà non sono capaci di mostrare il vero volto di Dio, ma al contrario lo sfigurano, mostrando, con il loro mormorare, un volto di Dio giudice e castigatore. Farisei e Scribi sono un ammonimento per i cristiani che pensano che servire Dio sia mostrarlo rigido e ragioniere, con il foglio in mano per segnare meriti e demeriti e di conseguenza premiare o castigare.
Ma non è questo il volto di Dio!
Il volto di Dio è quello di Gesù che sedeva a tavola con tutti, specialmente quelli lontani dalla “perfezione religiosa”.
Gesù faceva questo perché sapeva bene che solo accogliendo e perdonando si poteva far cambiare vita. Solo amando si insegna ad amare.
Io credo che come cristiani, dal papa in giù, siamo tutti chiamati a mostrare questo volto di Dio. E se siamo li in attesa di vedere che volto (e soprattutto che stile) avrà il nuovo papa, dobbiamo, come singoli cristiani, sentirci chiamati a fare la nostra parte, senza deleghe, perché chi cerca Dio, possa vedere nel nostro volto e nel nostro stile di vita il volto e lo stile del padre misericordioso del Vangelo, il volto e lo stile di Gesù oggi.

Giovanni don