La vita in brutta copia

Signore, perché la vita è solo in brutta copia?

Perché non mi concedi un’altra possibilità in modo da presentare un compito finalmente decente, ben ripulito, quasi perfetto, dopo avere eliminato gli errori più marchiani, aggiustato la punteggiatura, calibrato gli aggettivi, restaurato grammatica e sintassi, sistemato accenti e doppie, rappezzato i verbi?

Sarebbe bello, all’esame finale, quello di riparazione, presentarti una vita in bella copia con una scrittura elegante e un foglio immacolato, dopo aver rimediato agli sbagli e alle dimenticanze e alle sfasature più grossolane della prova precedente.

Ma, questi, sono pensieri futili e perfino pericolosi. Devo convincermi, piuttosto, che la vita è bella in brutta copia. E tu gradisci l’improvvisazione, la spontaneità, la freschezza, l’inesperienza. Devo imparare a vivere “di getto”, a dipingere la mia parete a fresco, ad affidarmi all’ispirazione del momento e non al suggeritore dell’esperienza. Devo imparare a scrivere magari con qualche sgarro le molte incertezze, e diverse frasi illeggibili (ma che tu sai interpretare bene ugualmente).

Devo affrontare il rischio di una vita “improvvisata” nel migliore dei modi, inventata giorno per giorno come cosa nuova, mai vista. Quanto agli errori, devo ricordare che sono stati cancellati una volta per sempre su quella collina, in un meriggio di sangue, allorché Tu sei stato costretto a “improvvisare” una morte che non conoscevi.

Signore, toglimi ogni illusione a riguardo: Tu non mi concedi una nuova edizione – riveduta e migliorata – (si dice sempre così) della vita che sto conducendo, anche perché mi servirebbe, probabilmente, per commettere altri errori. Signore, rendimi cosciente che Tu esigi da me addirittura la perfezione… in brutta copia.

(Anonimo)

Schiavi o liberi?

Schiavi quando pensiamo di fare da soli, quando contiamo solo sulle nostre forze. 
Schiavi quando le nostre competenze, la nostra cosiddetta esperienza, sono la nostra sicurezza. 
Schiavi quando crediamo che la nostra ragione debba essere affermata e non confrontata. 
Schiavi quando le nostre azioni si basano sul nostro poter fare e spesso sulle incapacità degli altri. 
Schiavi quando nemmeno ce ne rendiamo conto di esserlo. 
Schiavi proprio quando ci sentiamo liberi di affermare che non siamo schiavi di nessuno. 
Schiavi quando guardiamo male l’obbedienza, l’umiltà dei servi, la sofferenza che toglie dignità. 
Schiavi quando ci ripugna l’agnello immolato, lo scandalo e la stoltezza della croce. 

Il nostro Mar Rosso, il nostro passaggio è il giardino del Getsemani. 
L’abbandono nell’amore del Padre, il primato della volontà di Dio, 
l’accettazione del calice, essere fatti partecipi della stessa cena, ci dona libertà. 

Liberi di sentirci amati. 
Liberi di saperci accolti per quello che siamo e non per quello che ci piacerebbe essere senza riuscirci. 
Liberi di aderire al Signore sciogliendo ogni vincolo che non ci permette di seguirlo. 
Liberi perfino di sbagliare e di sentirci amati anche per questo. 
Liberi di rendere grazie. 
Liberi di partecipare al progetto di Dio. 
Liberi di affrontare la sofferenza senza sapere prima come fare. 
Liberi di vivere una fede che è dono e non conquista. 
Liberi di abbandonarci conoscendo l’ampiezza delle braccia che ci accoglieranno. 
Liberi di gioire davanti ad un sepolcro che è rimasto vuoto per sempre. 
Liberi di annunciare a tutti che ci possiamo fidare di Lui. 

Gesù risorto è la verità che ci rende liberi, colui che nella sua vita di figlio 
ha inserito anche noi perché possiamo sentirci nuovamente liberi e amati dal Padre.

(anonimo)

Fra Angelico Donne al Sepolcro Resurrezione di Cristo Convento di San Marco, Firenze