Preghiera per l’imprevisto

O Dio dell’imprevisto, 
fa’ ch’io non tema mai 
l’imprevisto 
l’inconsueto 
l’impensato 
poiché proprio Tu fosti tutto ciò 
e feristi il cuore degli uomini 
con la tua assoluta Novità. 

Scioglimi il cuore 
perché anch’io sappia 
sorprendermi e sorprendere 
per diversità di pensiero 
novità di vita 
fantasia d’amore 
prontezza di fronte al male. 

Fa’ che un pochino almeno ti somigli, 
o Dio dell’imprevisto, 
che nel tuo Figlio 
desti il giro ad un mondo rappreso 
e senza senso. 

Fa’ ch’io diventi immagine e strumento 
della tua Buona Novità.

(L. Bloy)

Aiutaci ad essere profeti

Quant’è difficile essere profeta della pace!

Se alzo il dito verso un futuro gonfio di speranze, i realisti mi trattano da idealista; e se lo abbasso sul presente affranto da sconfitte, gli utopisti mi tacciano di disfattismo.

Signore, donami il coraggio di accettare solo da Te la rude vocazione di profeta e di essere ogni volta un perdente tra gli uomini!

Quant’è difficile essere pedagogo della pace!

In mezzo alle tortuosità di un cammino scosceso, come far capire che un male minore anche se tollerato, rimane un male e che bisogna far di tutto per allontanarsi dall’orlo dell’abisso in cui a ogni istante l’umanità rischia di precipitare?

Signore, donami l’abilità di spiegare chiaramente che la pace non è così semplice come se l’immagina il cuore, ma è più semplice di come stabilisce la ragione!

Quant’è difficile accogliere l’evangelo della pace!

Da qualunque parte ci si trovi, all’ovest come all’est.

In una giungla di belve con missili per dentatura, come far capire che perdere l’anima è ancora più pericoloso che lasciarci la pelle?

Signore, donami la forza di aiutare tutti quelli che attingono alla linfa delle beatitudini per spezzare l’assurda logica e l’infernale spirale della violenza!

Signore, tutti questi tiri incrociati sulla pace non mi fanno paura, non mi scoraggiano. Al contrario, mi rivelano che il minimo strappo alla tunica della pace fa gridare l’uomo.

Toccare la pace è più che toccare un problema, e ancor più che toccare l’uomo: è toccare Dio, colui che san Paolo ci presenta come la pace stessa.

“E’ Lui la nostra pace” (Ef.2,14).

Signore, insegnaci a vincere la pace!

(E. Bianchi)

Otto cose che Dio non vi chiederà quel giorno

1. Dio non chiederà che genere di automobile hai guidato. 
Chiederà quante persone hai guidato e che non avevano guida. 

2. Dio non chiederà di quanti metri quadri era la vostra casa. 
Chiederà quante persone avete accolto favorevolmente nella vostra casa. 

3. Dio non chiederà notizie sui vestiti che avete avuto nel vostro armadio 
Chiederà quante persone avete contribuito a vestire. 

4. Dio non chiederà quanto alto era il vostro stipendio. 
Chiederà se siete scesi a compromessi per ottenerlo. 

5. Dio non chiederà quale era il vostro titolo di studio. 
Chiederà se avete fatto il vostro lavoro al meglio delle vostre capacità. 

6. Dio non chiederà quanti amici avete avuto. 
Chiederà per quante persone siete stato un amico. 

7.Dio non chiederà con quale vicinato avete vissuto. 
Lui chiederà quale cura avete avuto per i vostri vicini. 

8. Dio non chiederà quale era il colore della vostra pelle 
Chiederà notizie sui vostri sentimenti e del vostro carattere. 

Dio vi porterà amorevolmente alla vostra casa in Paradiso e non alle porte dell’inferno.

(Anonimo)

Il Risorto insistente… per fortuna

mi ami pietro (colored)

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
(dal Vangelo di Giovanni 21,1-19)

Gesù appare diverse volte ai suoi discepoli dopo la resurrezione. Le apparizioni, raccontate dagli evangelisti con sottolineature diverse, sono essenziali per la testimonianza che da quel momento in poi si diffonderà nella storia, fino a noi oggi. Gesù si manifesta vivente ai suoi amici e sempre con il suo stile che unisce parole e gesti, li indirizza di nuovo, dopo che l’esperienza della morte li aveva molto disorientati. L’evangelista Giovanni ci racconta anche di questa apparizione sul lago di Tiberiade, dove gli apostoli sono tornati a pescare, quasi a descrivere un ritorno al passato, alla vita pre-Gesù. Pietro, il leader del gruppo, sembra proprio che voglia ritornare sui suoi passi, quasi che la vicenda del Maestro sia stata bella ma anche conclusa, e che non incide più nella loro vita.
I pescatori però non pescano nulla, e in questo fallimento c’è già un messaggio profondo che l’evangelista sottolinea: senza Gesù la vita è senza frutto e fallisce. La nuova pesca miracolosa fatta insieme a Gesù, dà ai discepoli sfiduciati nuova energia spirituale e soprattutto apre loro gli occhi. Il loro Maestro e Amico è ancora con loro, e insieme a lui la vita diventa fruttuosa e piena (come le reti che da vuote si riempiono di pesci). La resurrezione non è solo di Gesù ma anche dei suoi amici, chiamati a fidarsi di nuovo del loro Maestro e Amico.
Il dialogo molto particolare tra Gesù Risorto e Pietro è caratterizzato da questa insistenza tra la domanda di Gesù («Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?») e la risposta affermativa di Pietro che si ripete per tre volte con un crescendo di stupore da parte dell’Apostolo. Anche noi in fondo ci chiediamo perché mai per tre volte Gesù insiste nella domanda. Sembra proprio che la risposta di amore non sia così scontata e che non basti un frettoloso “si”. Leggendo questo racconto con un po’ di memoria a quel che precede, viene da mettere in parallelo questa triplice richiesta di amore da parte del Risorto con gli altrettanti rinnegamenti di Pietro, quando Gesù è sotto processo e viene abbandonato dai suoi amici (vedi il Vangelo di Giovanni al capitolo 18).
Pietro per tre volte, davanti a dei servi, ha rinnegato Gesù, e questo rinnegamento è stata la morte dell’amicizia. Ma Gesù è risorto nel suo corpo e con il corpo è risorta anche la sua amicizia e fiducia nei discepoli-amici e anche in Pietro. Sembra che le tre volte di questa richiesta di amore, siano come una piccola celebrazione dell’amicizia risorta. Se nelle prime due risposte affermative di Pietro sembra ci sia ancora una sorta di “si” automatico, quasi dovuto, ma che non tocca il cuore, la terza volta l’evangelista scrive: “Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?»”. Pietro è rimasto colpito al cuore. La sua tristezza e la sua successiva affermazione descrivono bene che Pietro non dice un “si” formale, ma la sua nuova adesione a Gesù viene dal profondo. Ed è da qui che Gesù gli rinnova l’invito “Seguimi”.
Sarebbe bello anche per noi entrare a questo punto del racconto, e sostituirci a Pietro. Gesù chiede anche a me per tre volte se lo amo. Me lo chiede in modo insistente, come un martello che batte e ribatte più volte la roccia che indurisce il mio cuore. Ho molte barriere che si sono alzate nei confronti di Dio nel corso della vita. La fede, che è adesione profonda e sincera in Gesù, è spesso celata e soffocata da abitudini, durezze di comportamento e anche durezze religiose che mi portano a fare molti “atti religiosi” esteriori, ma non sempre veri nel profondo. A volte sono più religioso che credente, nel senso che ho molte consuetudini e abitudini legate alle pratiche e alle tradizioni religiose, ma dentro di me scopro che non mi fido totalmente di Dio e il mio cuore non “riposa” per davvero sul Vangelo. Dico molti “amen” nelle celebrazioni religiose, ma manca “l’amen” profondo, il “si” vero a Gesù nel resto della mia vita.

Pietro è chiamato ad amare Gesù prendendosi cura degli altri (“pasci i miei agnelli”), specialmente i più deboli. E’ in questo modo che posso dire che veramente amo Gesù, non solo a parole e nelle preghiere, ma con i gesti della vita.
Gesù Risorto vuol far risorgere di nuovo il mio legame con lui. Mi rincuora questa insistenza che il Signore non ha solo con Pietro ma con noi anche oggi. Conosce le durezze e i tradimenti di Pietro come conosce bene le nostre durezze e tradimenti. Per questo insiste…
Grazie Gesù per la tua insistenza…

Giovanni don

Lascia che lui si riveli

Dicono i mistici che, quando intraprendiamo il nostro cammino spirituale, vogliamo parlare molto con Dio e finiamo per non ascoltare ciò che Egli ha da dirci. Perciò, è sempre consigliabile rilassarsi un po’.

Ciò non è facile: noi abbiamo la tendenza naturale a fare sempre la cosa giusta, e pensiamo che potremo riuscire a migliorare il nostro spirito solo se lavoreremo senza sosta. In realtà, è importante tentare, cadere, rialzarsi e proseguire; ma dobbiamo lasciare che Dio ci aiuti.

Nel mezzo di un grande sforzo, dobbiamo guardare noi stessi, ma allo stesso tempo dobbiamo consentire che Egli si riveli e ci guidi.

Dobbiamo permettere, di tanto in tanto, che Egli ci prenda in braccio.

(p. Coelho)

siamo il miracolo di Dio

Tommaso 5 stelle (colored)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
(dal Vangelo di Giovanni 20,19-31)

Uno dei film che amo molto vedere e rivedere è “Millions” di Danny Boyle (il famoso regista inglese che ha anche curato l’apertura dei giochi olimpici a Londra). Si narra di una famiglia composta di due ragazzi che hanno appena perso da poco la mamma, e vivono con il papà vedovo in una nuova casa. Il bambino più piccolo Damien, di 9 anni (protagonista del film) ha delle visioni di santi che lo aiutano nella sua storia. Ad ogni santo che gli appare, dopo che questi lo ha aiutato, Damien chiede sempre se ha visto lassù in Paradiso una nuova arrivata che è la sua mamma. Tutti gli dicono che in Paradiso ci sono un sacco di persone e che si interesseranno al suo caso… Ad un certo punto della storia la mamma appare al bambino per consolarlo. Lui le chiede se è riuscita ad andare in Paradiso, e lei risponde che per andare là bisogna aver superato dei rigidi controlli e aver fatto almeno un miracolo. Il piccolo figlio si fa scuro in volto e pensa che allora la sua mamma non ha superato la selezione e non è entrata in Paradiso. Lei gli sorride, e abbracciandolo ancor più stretto gli risponde: “E’ tutto a posto, sono in regola. Io il miracolo l’ho fatto, e sei tu”.
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Mi è venuta in mente questa scena pensando alle ultime parole dell’evangelista alla fine dell’episodio , e che secondo gli studiosi sono la prima vera conclusione del Vangelo di Giovanni, Vangelo che poi ha subito una aggiunta con il capitolo 21. Quelli che noi chiamiamo miracoli, Giovanni nel suo vangelo li chiama più correttamente “segni”, perché non sono gesti che vogliono solamente stupire e impressionare, ma sono indicatori di qualcosa che va oltre il gesto. Le azioni miracolose che Gesù compie sono appunto segni che indicano Dio.
Giovanni fa un accenno a molti altri segni miracolosi che sono stati compiuti da Gesù e che hanno rafforzato la fede non solo del dubbioso Tommaso, ma anche degli altri discepoli. I segni raccontati nel Vangelo sono li per la nostra fede, perché noi abbiamo bisogno di questi segni. La fede infatti non è una adesione intellettuale frutto di ragionamenti astratti, ma si basa sull’esperienza e la vita. Gesù che muore e risorge è il grande segno-miracolo compiuto da Dio perché si creda che davvero Gesù è Figlio di Dio e che la vita vince sulla morte. Apparendo vivente ai suoi amici che lo credevano perduto per sempre, Gesù dà un segno forte che li rimette in moto e dà nuova fiducia.
E quali sono i segni per noi? Dove possiamo trovare anche noi questi segni che vincono i nostri comprensibili dubbi e fanno risorgere la nostra povera fede?
Il primo segno è proprio il Vangelo che racconta di Gesù e dei suoi primi amici. Questo racconto ha attraversato i secoli e ancora oggi è punto di riferimento per chiunque cerca Dio nella propria vita.
Ma questo segno evangelico non è giunto a noi da solo, ma lo abbiamo in mano per mezzo dell’altro grande segno di Dio che è la comunità dei credenti: la Chiesa. La Chiesa ha raccolto la testimonianza di Gesù, e prima l’ha scritta, e poi tramandata nei secoli. La trasmissione della testimonianza di Gesù è avvenuta non in modo sterile, con la semplice trascrizione di un testo, ma con la vita. Infatti i cristiani sono diventati essi stessi dei segni viventi di Gesù. Con la loro vita, spesso anche a prezzo del sangue, hanno fatto vedere che credere in Gesù morto e risorto non è cosa inutile, ma trasforma il mondo. Gesù infatti, tra le ultime cose che dice ai suoi amici, li invita a rimettere i peccati. E’ chiaro fin da subito che è nel loro perdono che si può avvertire il perdono stesso di Dio. Non è dunque un “potere” quello che Gesù risorto dà ai suoi discepoli, ma una “responsabilità”. La Chiesa è chiamata ad essere segno del perdono di Dio senza essere ostacolo a tutti coloro che cercano Dio.
Come la mamma di Damien dice al suo piccolo figlio, siamo proprio noi il più grande miracolo-segno di Dio. Questo è il nostro dono e la nostra responsabilità come cristiani: essere segni del perdono e dell’amore di Gesù verso tutti gli uomini affinché possano credere o ritornare a credere in Dio.
Abbiamo davvero un compito grande con le nostre piccole azioni quotidiane che devono contenere sempre di più tracce del Vangelo. Non siamo chiamati a fare miracoli ma siamo chiamati a disseminare di segni evangelici quello che diciamo e facciamo ogni giorno. In questo modo, il racconto del Vangelo si dilata oltre lo scritto che è giunto a noi nei secoli, e diventa attuale e continuamente scritto e riscritto, da noi.

Giovanni don

Sperare

La notte non può essere 
così scura 
da non riuscire a trovare, 
da qualche parte, 
una piccola stella. 
Il deserto non può essere 
così desolato 
da non riuscire a trovare, 
da qualche parte, 
una piccola oasi. 
Da qualche parte 
ci rimane sempre 
una piccola gioia. 
Ci sono fiori che sbocciano 
persino in inverno.

(P. Bosmans)

La preghiera del creato

Se ascoltate i boschi e le montagne nella quiete della notte, 
li sentirete dire in silenzio: 
“Dio nostro, è nostra volontà ciò che tu vuoi. 
E’ nostro desiderio ciò che tu desideri. 
E il tuo comando trasforma le nostre notti, 
che sono le tue notti, 
in giorni che sono i tuoi giorni. 
Non possiamo chiederti nulla, perché conosci i nostri bisogni, 
prima ancora che essi nascano: 
il nostro bisogno sei tu; e nel darci te stesso, ci dai tutto”.

(K. Gibran)

Non ho lasciato la speranza

O Grande Re, non ho lasciato 
la speranza della tua grazia: 
ho con me tanta viltà, 
tante vergogne, eppure 
non ho lasciato la speranza. 

Nessuno sa come la tua provvidenza 
segretamente tesse una rete magica 
nascosta agli occhi di tutti. 

Al tempo da Te fissato, 
improvvisamente, chi sa dove, 
arriva l’impossibile, manifestandosi 
nella sua stessa luce, 
sempre aspettato, 
sempre in vesti di possibile! 
Tu sei il Testimone Interiore. 

In questo timido paese; 
all’insaputa di tutti, 
di cuore in cuore, 
di casa in casa, 
la Tua virtù misteriosa 
vigila e lavora 
notte e giorno. 

(R. Tagore)

Un amico

Ho stretto la mano dell’amico, Signore, 
e improvvisamente, di fronte a quel volto triste e preoccupato, 
ho temuto la Tua assenza nel suo cuore. 
Sono impacciato come davanti ad un tabernacolo chiuso 
quando ignoro se Tu vi abiti. 

Se Tu non fossi presente, Signore, noi saremmo separati. 
Perché la sua mano nella mia non sarebbe che carne su carne, 
e il suo cuore per il mio, cuore d’uomo per l’uomo. 
Voglio la Tua vita per lui e per me insieme, 
perché voglio che il mio amico sia, per Tuo merito, 
il mio fratello.

(M. Quoist)