Siamo pastori o mercenari?

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In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
(dal Vangelo di Giovanni 10,11-18)

Il barcone pieno di immigrati che sbandando sotto la guida di un trafficante di esseri umani, affonda senza che la quasi totalità di coloro che sono a bordo possa salvarsi, non è solo la descrizione dell’ultima terribile tragedia della povertà, ma è anche una terribile metafora della nostra società europea.
L’Europa in questi giorni appare davvero come un barcone pieno di noi europei che rischia di affondare con tutti i nostri valori e la nostra storia, nel mare di egoismo e interessi che crea onde altissime e minacciose.
Si sta facendo qualcosa per il numero sempre maggiore di profughi che schiavizzati sono ingannati e poi costretti a salire su gommoni fragili e pescherecci malandati verso l’Europa, ma è ancora troppo poco.
Nel Vangelo Gesù si autodefinisce il “buon pastore”, che tradotto meglio è “l’unico vero pastore”, che non solo si prende cura delle pecore che conosce personalmente, ma addirittura dà la sua vita per loro. Gesù non è una delle tante guide, ma è “la guida” sicura del popolo che cerca una strada che porta a Dio e verso i fratelli.
E il “buon pastore” è contrapposto al mercenario, che fa il lavoro del pastore ma non guidato da sentimenti positivi se non quelli proprio guadagno. Al mercenario non importa delle pecore e alla prima difficoltà fugge.
E qui ritorna secondo me in modo drammatico una metafora della nostra Europa, e di noi europei. Molte volte ci è stato detto che l’unità economica era solo un primo passo verso una unità più profonda e vera, ma questo passo non sembra esser stato fatto, e la nostra comunità continentale è di fatto solo sulla base degli interessi economici e non di quelli umani e di solidarietà. Le crisi internazionali, le guerre e violenze in Africa e in Medioriente, spingono migliaia di poveri uomini e donne a fuggire verso porti più sicuri, ma noi sembra siamo più preoccupati di chiudere le frontiere, bloccare i barconi e difenderci nei nostri interessi.
E’ questa l’Europa dalle radici cristiane? E’ questo il buon pastore Gesù che noi cristiani dovremmo rappresentare oggi? O piuttosto siamo come dei mercenari e con la mentalità del mercenario che fa tutto solamente se ha un guadagno immediato e tangibile?
Penso che l’immagine di Gesù buon pastore, vero pastore che dona la vita, diventi una provocazione per noi cristiani di oggi, per riscoprire la nostra vocazione alla cura del prossimo e del più debole, pronti anche a perdere qualcosa senza guadagnare nulla se non la cosa più importante, il fratello e la sorella che prendiamo sulle nostre spalle come Gesù.
Giovanni don