il dolore non ha un perchè, ma è una via

via crucis politica (colored)

…Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso»….
(dal racconto della passione di Gesù Cristo secondo Luca 22,14-23,56)

Il dolore è davvero un mistero!
Perché soffrire? Perché Dio, infinitamente buono e giusto (almeno così ci hanno insegnato) permette che la gente soffra? E mentre penso questo, non guardo la sofferenza in astratto, come dato filosofico, ma penso a persone concrete che stanno soffrendo nel corpo e anche nell’animo.
Quando si pensa alla sofferenza non si rimane mai sul teorico, ma vengono alla mente e al cuore situazioni che abbiamo vissuto o che stiamo ancora vivendo… e soffrendo.
La sofferenza è davvero la prima vera “nemica” di Dio, perché è prima di tutto lei a mettere in crisi la nostra idea di Dio, di Bene, di Amore, molto più dei ragionamenti filosofici o scientifici…
Di tutto il lungo racconto della passione secondo l’evangelista Luca, ho voluto evidenziare questo breve passaggio.
Siamo nel momento più drammatico di tutta la vicenda di Gesù. Già il nascere nel corpo umano è stato per il Figlio di Dio una grande sofferenza e abbassamento. San Paolo nella lettera ai Filippesi al capitolo secondo lo descrive bene: “svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini”. Ora sulla croce Gesù è uomo fino in fondo, fino all’esperienza umana più dura e “lontana da Dio”, o almeno da una certa idea di Dio.
I due malfattori messi accanto a Gesù crocifisso non sono solamente un contorno scenografico alla crocifissione del Signore, ma sono li perché ci sentiamo anche noi al centro della scena, e non distratti spettatori pronti a fuggire (come faranno in tanti sotto la croce)
I due malfattori, che non hanno nome, sono inchiodati anche loro e non possono fuggire da quella situazione.
Solo Luca riporta un diverso atteggiamento dei due, mentre negli altri vangeli i due hanno lo stesso atteggiamento di insulto nei confronti di Gesù.
Il dialogo che si svolge tra le tre croci è davvero carico di dolore, quel dolore infinito nel quale possiamo riconoscere i tanti dolori e sofferenze che conosciamo nel mondo.
Penso che solo chi è vicino alle croci può sentire il dialogo tra i tre, perché solo chi è toccato realmente dall’esperienza della sofferenza può capire quello che si dicono.
Il malfattore che insulta Gesù ha ragione! Non possiamo dargli frettolosamente torto. Se Dio è Dio, perché dobbiamo soffrire? Non è Lui l’amore infinito? Non è Lui l’Onnipotente?
Gesù sulla croce non cerca minimamente di controbattere alle affermazioni di colui che lo sta rimproverando, perché non basterebbero in quel momento nemmeno tutte le parole del mondo per dare un senso ad una morte simile. Gesù risponde rimanendo sulla croce! E’ proprio questa la sua prima risposta al mistero del dolore.
Il nostro Dio è un Crocifisso come noi… per noi.
E la comprensione più grande di Gesù non viene dai dottori della legge e nemmeno dai discepoli di Gesù, che in questo momento sono fuggiti o guardano da lontano. Gesù è compreso proprio dall’altro uomo inchiodato sulla propria croce. E’ proprio lui, che nell’infinità della sua sofferenza, riesce a capire Dio e il Suo modo di fare, e a Lui si affida (“ricordati di me…”)
Se la sofferenza rimane un mistero, in questo quadro che ci viene offerto dal racconto della Passione, la sofferenza diventa però un occasione di luce e una porta che apre alla comprensione di Dio.

Sembra proprio che nella sofferenza si diventi più capaci di capire l’Amore vero e a trovare la strada della Vita vera.
Allora comprendo bene le tante storie di persone che proprio nel momento di massima sofferenza hanno capito Dio e in Lui sono diventati persone nuove.
Mi ricordo la testimonianza di Chiara Luce Badano, la ragazza morta nel 1990 a 19 anni per un gravissimo tumore osseo. Proprio negli anni della sofferenza che pian piano la “inchiodavano” sempre più nel suo letto, ha saputo diventare una luce di paradiso per tutti coloro che la incontravano.
Ma di testimonianze simili a queste ce ne sono tante, anche se le conosciamo spesso poco, e poco ne andiamo in cerca, perché la sofferenza fa sempre paura e la si esorcizza anche non nominandola.
Entriamo quindi nella Settimana Santa con questo sentimento spirituale di ricerca, senza la pretesa di dare un perché al dolore, ma con la speranza che proprio nel misterioso dolore possiamo conoscere meglio Gesù e con lui Risorgere.

Giovanni don

 

Una risposta a “il dolore non ha un perchè, ma è una via”

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