Giovedì santo

Questa sera capisco Pietro e la sua riluttanza
senza mezzi termini: “Tu non mi laverai mai i piedi!”.
Nella sua frase intravedo
il rispetto e l’amore per te, Gesù:
non voglio che ti inginocchi qui davanti a me,
non posso tollerare che tu, il Maestro,
ti comporti in questo modo.

Nelle parole di Pietro io riconosco la mia vergogna
nell’apparire come sono,
nella mia nudità, con le mie ferite,
nella mia sporcizia, con i miei sbagli,
nella mia piccineria, con le mie ambiguità.

Non mi piace, Gesù, che tu mi veda così come sono veramente…

Ma tu mi ripeti le stesse parole che hai detto a Pietro,
tu mi inviti ad abbandonarmi, a lasciarmi andare,
a lasciarmi accogliere da te così come sono:
non c’è nessun bisogno di fingere…

Non è facile lavare i piedi a qualcuno,
ma è ancor più difficile lasciarseli lavare.
Non è sempre facile amare,
ma è ancor più difficile lasciarsi amare.
Questa sera intendo quello che tu vuoi da me:
non cerchi il discepolo perfetto,
ma solo un essere che si lasci amare da te,
che si lasci purificare dalla tua bontà,
guarire e salvare dalla tua misericordia.

(Anonimo)


In un momento di onestà

Signore, quando credo che il mio cuore sia straripante d’amore e mi accorgo, in un momento di onestà, di amare me stesso nella persona amata, liberami da me stesso.

Signore, quando credo di aver dato tutto quello che ho da dare e mi accorgo, in un momento di onestà, che sono io a ricevere, liberami da me stesso.

Signore, quando mi sono convinto di essere povero e mi accorgo, in un momento di onestà, di essere ricco di orgoglio e di invidia, liberami da me stesso.

E, Signore, quando il regno dei cieli si confonde falsamente con i regni di questo mondo, fa’ che io trovi felicità e conforto solo in Te.

(Madre Teresa di Calcutta)

Ciò che mi muove ad amarti

Non mi muove, Signore,
ad amarti il cielo che tu
mi serbi promesso.
Né mi muove l’inferno tanto temuto
perché io lasci con ciò di amarti.
Mi muovi tu, mio Dio;
mi muove il vederti
inchiodato su quella croce,
scarnificato.
Mi muove il vedere
il tuo volto tanto ferito,
mi muovono i tuoi affronti
e la tua croce.
Mi muove infine il tuo amore
in tal maniera
che se non ci fosse cielo,
io ti amerei,
e se non ci fosse inferno,
ti temerei.
E non hai da darmi nulla
perché ti ami perché
se quanto aspetto
io non lo aspettassi,
nella stessa maniera che ti amo, io ti amerei.

(S. Teresa d’Avila)

La misericordia di Dio

Poteva esserci misericordia verso di noi infelici maggiore di quella che indusse il Creatore del cielo a scendere dal cielo e il Creatore della terra a rivestirsi di un corpo mortale? 
…Quella stessa misericordia indusse il Signore del mondo a rivestirsi della natura di servo, di modo che 
pur essendo pane avesse fame, 
pur essendo la sazietà piena avesse sete, 
pur essendo la potenza divenisse debole, 
pur essendo la salvezza venisse ferito, 
pur essendo vita potesse morire. 
E tutto questo per saziare la nostra fame, 
alleviare la nostra arsura, 
rafforzare la nostra debolezza, 
cancellare la nostra iniquità, 
accendere la nostra carità.

(S. Agostino)

Le Vie Crucis Dell’uomo… E Di Gesù

via crucis 2012 (colored)

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
(dalla lettera di San Paolo ai Filippesi 2,6-11)

Quante volte abbiamo celebrato la Via Crucis, sia all’interno delle nostre chiese sia all’esterno, per le vie del paese o del borgo. Anche nella nostra comunità parrocchiale, in questi giorni stiamo preparando la celebrazione che avverrà per le vie della parrocchia, la sera del Venerdì Santo.
Tra le celebrazioni della Settimana Santa (la settimana più importante per le celebrazioni cristiane), il rito della Via Crucis è quello più sentito dalle persone, e vede molto spesso la partecipazione di tanti che poi non vengono mai o quasi mai in Chiesa la domenica, e che tanto meno partecipano alla Veglia Pasquale, pur essendo liturgicamente la più importante di tutte le celebrazioni.
Ci sono vari modi per fare la Via Crucis, sia con lo schema tradizionale delle 14 stazioni davanti ai quadri appesi alle pareti della chiesa, sia con rappresentazioni sacre fatte con attori e figuranti in carne ed ossa. Penso che di questo tipo di rappresentazioni in giro per l’Italia si perda il numero.
Ed è più facile vedere, nelle case e agli angoli delle strade negli innumerevoli capitelli votivi, Gesù rappresentato come crocifisso piuttosto che risorto,.
Chissà perché questo racconto della strada dolorosa che porta Gesù sul Calvario, è così fortemente sentita dai credenti e anche da tantissimi non credenti…
San Paolo, nelle sue lettere ai cristiani delle varie comunità cristiane, non racconta mai gli avvenimenti della passione, se non un breve accenno all’ultima cena. Egli sa infatti che gli avvenimenti che portano Gesù a morire e poi risorgere erano ben conosciuti e tramandati da testimoni ancora vivi.
San Paolo si preoccupa però di sottolineare il senso di tutto questo, e una delle più belle e profonde sintesi della passione, morte e resurrezione di Gesù la scrive in questo inno contenuto nella lettera alla comunità di Filippi.
Guardando Gesù che sale al Calvario , viene crocifisso come un delinquente e muore solo, cosa vedo? Che senso ha tutto questo? Chi è Gesù? E chi sono io oggi, che, con il Battesimo, porto il suo nome?
E’ troppo ricco e denso di significati questo inno che non è possibile ridurlo a poche righe di spiegazione, ma vorrei sottolineare alcune parole ed emozioni che mi nascono rileggendolo ancora una volta in questo inizio di Settimana Santa.

“svuotò se stesso…”
Mentre penso a me stesso, che faccio di tutto per non avere le mani vuote, e che mi circondo di cose e onorificenze per non sentirmi povero e solo, Gesù si svuota…
Sulla via della croce che sale al Calvario, vedo l’atto finale di una storia di continuo e progressivo svuotamento. Questo è Gesù, che dalla dimensione divina, nascendo come uomo, pian piano lascia tutto, arrivando nudo e muto su una croce, fuori dalla città di Dio, Gerusalemme. E compie questo lungo viaggio nella storia umana, “facendosi obbediente fino alla morte, e a una morte di croce”

Ma che senso e valore ha questo svuotamento, così lontano da quello che in realtà ogni uomo desidera? Perché il Figlio di Dio si svuota fino a morire in croce?

“Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome… e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!» “
La strada dello svuotamento è la vera strada di Dio. La Via Crucis è l’unica strada corretta per arrivare a Dio. Al fondo della strada dolorosa di Gesù c’è la resurrezione.
Forse la Via Crucis è così sentita dagli uomini, perché tutti in un modo o nell’altro ci riconoscono la propria storia e le proprie strade.
Sulla strada che porta Gesù al monte Calvario, ci sono tutti gli uomini e donne del mondo. La crisi attuale scandita dai numeri in aumento di disoccupati, di suicidi per mancanza di lavoro, dell’inflazione che rende le famiglie più povere e insicure, fa sentire come profondamente attuale la via dolorosa del venerdì santo. Ma su questa via troviamo anche chi soffre una malattia, chi piange una persona cara scomparsa, chi è solo…
Gesù ha percorso la via crucis di ogni uomo e l’ha fatta sua. In questo modo chiunque viene a sapere che la propria via crucis non è senza speranza, perché anche Gesù, svuotandosi da tutto, l’ha percorsa per noi e con noi, verso la resurrezione.

Giovanni don

La pace

Basta che tu ami la pace,
ed essa immediatamente è con te.
La pace è un bene del cuore.
Se volete attirare gli altri alla pace,
abbiatela voi per primi;
siate voi anzitutto saldi nella pace.

(S. Agostino)

La bontà

Non permettere mai 
che qualcuno venga a te e vada via 
senza essere migliore e più contento. 
Sii l’espressione della bontà di Dio. 
Bontà sul tuo volto 
e nei tuoi occhi, 
bontà nel tuo sorriso 
e nel tuo saluto. 
Ai bambini, ai poveri 
e a tutti coloro che soffrono 
nella carne e nello spirito 
offri sempre un sorriso gioioso. 
Da’ loro non solo le tue cure 
ma anche il tuo cuore.

(Madre Teresa di Calcutta)

Decalogo della quotidianità

1. Solo per oggi cercherò di vivere alla giornata senza voler risolvere i problemi della mia vita tutti in una volta

2. Solo per oggi avrò la massima cura del mio aspetto, vestirò con sobrietà, non alzerò la voce, sarò cortese nei modi, non criticherò nessuno, non pretenderò di migliorare o disciplinare alcuno, tranne me stesso.

3. Solo per oggi sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice non solo nell’altro mondo, ma anche in questo.

4. Solo per oggi mi adatterò alle circostanze, senza pretendere che le circostanze si adattino tutte ai miei desideri.

5. Solo per oggi dedicherò dieci minuti del mio tempo a qualche buona lettura, ricordando che, come il cibo è necessario alla vita del corpo, così la buona lettura è necessaria alla vita dell’anima.

6. Solo per oggi compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno

7. Solo per oggi mi farò un programma che forse non riuscirà a puntino, ma lo farò e mi guarderò dai due malanni: la fretta e l’indecisione.

8. Solo per oggi crederò fermamente nonostante le apparenze che la Provvidenza di Dio si occupa di me come se nessun altro esistesse al mondo.

9. Solo per oggi farò almeno una cosa che non desidero fare, e se mi sentirò offeso nei miei sentimenti farò in modo che nessuno se ne accorga.

10. Solo per oggi non avrò timori, in modo particolare non avrò paura di godere di ciò che è bello e di credere alla bontà.

Posso ben fare per dodici ore ciò che mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo fare per tutta la vita.

Basta a ciascun giorno il suo affanno.

(Papa Giovanni XXIII)

il fuoco

Sei persone, colte dal caso nel buio di una gelida nottata, su un’isola deserta, si ritrovarono ciascuna con un pezzo di legno in mano. Non c’era altra legna nell’isola persa nelle brume del mare del Nord.
Al centro un piccolo fuoco moriva lentamente per mancanza di combustibile. Il freddo si faceva sempre più insopportabile.
La prima persona era una donna, ma un guizzo della fiamma illuminò il volto di un immigrato dalla pelle scura. La donna se ne accorse. Strinse il pugno intorno al suo pezzo di legno. Perché consumare il suo legno per scaldare uno scansafatiche venuto a rubare pane e lavoro?
L’uomo che stava al suo fianco vide uno che non era del suo partito. Mai e poi mai avrebbe sprecato il suo bel pezzo di legno per un avversario politico.
La terza persona era vestita malamente e si avvolse ancora di più nel giaccone bisunto, nascondendo il suo pezzo di legno. Il suo vicino era certamente ricco. Perché doveva usare il suo ramo per un ozioso riccone?
Il ricco sedeva pensando ai suoi beni, alle due ville, alle quattro automobili e al sostanzioso conto in banca. Le batterie del suo telefonino erano scariche, doveva conservare il suo pezzo di legno a tutti i costi e non consumarlo per quei pigri e inetti.
Il volto scuro dell’immigrato era una smorfia di vendetta nella fievole luce del fuoco ormai spento. Stringeva forte il pugno intorno al suo pezzo di legno. Sapeva bene che tutti quei bianchi lo disprezzavano. Non avrebbe mai messo il suo pezzo di legno nelle braci del fuoco. Era arrivato il momento della vendetta.
L’ultimo membro di quel mesto gruppetto era un tipo gretto e diffidente. Non faceva nulla se non per profitto. Dare soltanto a chi dà, era il suo motto preferito. Me lo devono pagare caro questo pezzo di legno, pensava.
Li trovarono così, con i pezzi di legno stretti nei pugni, immobili nella morte per assideramento.
Non erano morti per il freddo di fuori, erano morti per il freddo di dentro.

Forse anche nella tua famiglia, nella tua comunità, davanti a te c’è un fuoco che sta morendo. Di certo stringi un pezzo di legno nelle tue mani. Che ne farai?

(Bruno Ferrero)

Dio, la luna


Dio, la luna! 

Dio, che luna: 
fra cipresso e cipresso 
dalla punta di Montalbano. 
E io a vederla dalla finestra 
del mio monastero 
di mille anni! 

Una luna mia vista! 
Monaci si affacciano al poggiolo: 
monaci di mille anni, guardate! 

Dio mai si ripete 
le cose sono sempre nuove: 
nuova è la luce, nuova 
la notte, il giorno 
questo giorno 
mai vissuto sulla terra! 

Questa non è una luna, 
è un globo di luce 
portato da invisibili 
mani di angeli 
in un cielo 
da riempire di grida e di canti. 

Che l’uomo non sbarchi 
mai più sulla luna! 

Almeno fin quando 
sulla luna possono 
sbarcare vampiri.

(David M. Turoldo)