Elemosina

L’elemosina non è quella che facciamo noi, quella che intendiamo noi, no! “Elemosyné”, cioè l’elemosina, è amore che trabocca.
In realtà vuol dire questo. E’ come un vaso pieno il cui contenuto si riversa.
L’elemosina è la partecipazione misericordiosa alla condizione dell’altro. Solo allora tu, in questa maniera, entri nella sfera di Dio, perché Dio è l’esser per l’altro.

(D. M. Turoldo)

Fa che io veda

Dio, bellezza infinita, tu hai sparso lo splendore della tua bellezza sui fiori, nelle stelle, nel gioco di colori della natura, sul volto e l’aspetto degli uomini.

Tu ci hai dato gli occhi per percepire questo tuo splendore tramite la creazione e la comprensione della bellezza e dell’arte umana. Tu ci hai pure dato la facoltà per poter risalire da essi verso Te.

Dio, bellezza infinita, donaci gli occhi dello Spirito Santo per poterti riconoscere in tutto quanto vi è di bello nel creato.

(A. Berz)

Nozze di Cana, il capostipite dei segni


Il mondo è un immenso pianto e Gesù dà avvio alla salvezza partendo da una festa di nozze. Anziché asciugare lacrime, colma le coppe di vino. Sembra qua­si sprecare la sua potenza a servizio di una causa effi­mera, un po’ di vino in più, eppure il Vangelo chiama questo il «principe dei se­gni», il capostipite di tutti.

Perché a Cana Gesù vuole trasmettere il principio de­cisivo della relazione che u­nisce Dio e l’umanità. Tra uomo e Dio corre un rap­porto nuziale, con tutta la sua tavolozza di emozioni forti e buone: amore, festa, gioco, dono, eccesso, gioia. Un legame sponsale, non un rapporto giudiziario o peni­tenziale, lega Dio e noi. Ge­sù partecipa con tutti i suoi alla celebrazione, e procla­ma così il suo atto di fede nell’amore tra uomo e don­na, lui crede nell’amore, lo ratifica con il suo primo pro­digio. Perché l’amore umano è una forza dove è custodita la passione per la vita, dove l’altro ha tutta la tua atten­zione, dove la persona viene prima della legge, dove la speranza batte la rassegna­zione. Dove nascono sogni. La Chiesa, come Gesù, do­vrebbe attingere vino dall’a­more degli uomini, custo­dirlo, inebriarsi e offrirlo al­la sete del mondo. Gesù prende l’amore umano e lo fa messaggio, parola di Dio. Con le nozze l’uomo scende al nodo germinale della vi­ta, e Gesù dice: l’incontro con Dio è la tua primavera, fa germogliare vita, porta fio­riture di coraggio.

«E viene a mancare il vino». Il vino, in tutta la Bibbia, è il simbolo dell’amore felice tra uomo e donna, tra uomo e Dio. Felice e sempre minac­ciato. Simbolo della fede e dell’entusiasmo, della crea­tività, della passione che vengono a mancare.

Non hanno più vino, espe­rienza che tutti abbiamo fat­to, quando stanchezza e ri­petizione prendono il so­pravvento. Quando ci assal­gono mille dubbi, quando gli amori sono senza gioia e le case senza festa. Ma ecco il punto di svolta del racconto. Maria, la madre attenta, sa­piente della sapienza del Magnificat (sa che Dio ha sa­zia gli affamati di vita), indi­ca la strada: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

Il femminile capace di unire il dire e il fare! Fate il suo Van­gelo, rendetelo gesto e corpo, sangue e carne. E si riempi­ranno le anfore vuote del cuore, si trasformerà la vita, da vuota a piena, da spenta a felice.

Più Vangelo è uguale a più vita. Più Dio equivale a più io.

A lungo abbiamo pensato che al divertimento Dio pre­ferisse il sacrificio, al gioco la gravità, e abbiamo ricoper­to il Vangelo con un velo di tristezza. Invece a Cana ci sorprende un Dio che gode della gioia degli uomini e se ne prende cura. «Dobbiamo trovare Dio precisamente nella nostra vita e nel bene che ci dà. Trovarlo dentro la nostra felicità terrena».

(p. Ermes Ronchi)

 

Il grande tesoro

C’è un grande tesoro che si può trovare in un unico luogo al mondo.
E’ una cosa che si può chiamare compimento dell’esistenza.

Il grande tesoro è: lasciar entrare Dio nel presente.

E il luogo in cui si trova questo tesoro è dove sei tu ora.

(M. Buber)

Prima di amare bisogna credere

Bisognerebbe sostituire la parola amare con la parola credere: non bisogna amare tutti, ma bisogna credere che in ognuno ci sia una scintilla da rianimare, una liberazione da sollecitare, un luogo dove un incontro felice è possibile.

(L. Evely)

Non si può che amare uno alla volta

L’importante non è quanto facciamo, bensì l’amore che poniamo in quello che facciamo.
Gesù non ha detto: “Amate il mondo intero”, ma ha detto: “Amatevi l’un l’altro”.
Non si può che amare uno per volta. Se uno guarda la quantità, si perde.
E mentre si ferma a parlare della fame, qualcuno al suo fianco sta morendo. La fame non è di solo pane.
C’è fame d’amore. Di essere amati. Di amare. Una fame terribile quella dell’amore!
La solitudine: un’altra fame terribile!

(Madre Teresa di Calcutta)

Ora

Sperare non consiste nel rimandare a domani.
Bisogna cominciare oggi.

Sperare non consiste nell’attendere
che qualcuno faccia al posto nostro.
Significa incominciare a farlo noi ora.

(J. Guitton)

Il viaggio non finisce mai

Il viaggio non finisce mai.

Solo i viaggiatori finiscono.

E anche loro possono prolungarsi

in memoria, in ricordo, in narrazione.

Quando il viaggiatore

si è seduto sulla sabbia della spiaggia

e ha detto:

Non c’è altro da vedere”,

sapeva che non era vero.

Bisogna vedere quel che non si è visto,

vedere di nuovo quel che si è già visto,

vedere in primavera quel che si è visto in estate,

vedere di giorno quel che si è visto di notte,

con il sole dove la prima volta pioveva,

vedere le messi verdi, i

l frutto maturo,

la pietra che ha cambiato posto, l

‘ombra che non c’era.

Bisogna ritornare sui passi già dati,

per ripeterli,

e per tracciarvi a fianco nuovi cammini.

Bisogna ricominciare il viaggio.

Sempre.

Il viaggiatore ritorna subito.

(J. Saramago da Viaggio in Portogallo)

Le persone sono doni di Dio

Le persone sono doni che Dio creatore ci manda… imballate. 
Alcuni hanno un imballaggio bellissimo, 
altri sono imballati in carta ordinarissima, 
certe persone sono imballate in maniera molto sciolta, 
altre in maniera molto stretta,
a volte il dono è stato maltrattato nella posta,
una volta ogni tanto c’è una consegna speciale!
Ma l’imballaggio non è il dono!
E’ così facile commettere questo errore;
è simpatico se lo fanno i bambini.
Certe persone-dono sono facili da aprire;
altre hanno bisogno di aiuto per uscire dalle loro scatole:
sarà perché hanno paura?
Credono forse che fa male lasciarsi aprire?
Forse sono già stati aperti prima e sono stati buttati via!
Sarà che il loro dono non è fatto per me?
Io sono una persona. Perciò anch’io sono un dono!
Prima di tutto sono un dono a me stesso.
Dio creatore mi ha dato me stesso!
Ho mai guardato veramente dentro l’imballaggio?
Ho paura di farlo?
Forse non ho mai accettato il dono che io sono.
E’ possibile che ci sia qualcosa di più,
dentro l’imballaggio, di quello che immagino?
Forse non ho mai visto il dono meraviglioso che sono io.
Può il dono di Dio essere altro che bello?
Mi piacciono i doni che mi danno quelli che mi vogliono bene,
perché non il dono di me stesso, il dono che sono io?
Io sono anche un dono dato agli altri.
Accetto di essere dato agli altri?
Di essere una persona per gli altri?
Dovranno gli altri accontentarsi dell’imballaggio,
senza mai godere del dono?
Ogni incontro fra persone è uno scambio di doni.
L’amore è una relazione fra persone
che si vedono come sono realmente:
doni dati da Dio per essere dati agli altri.


(padre Francesco Piras s.j.)

Battesimo: immersione nel mondo

battesimo a 30 anni (colored)

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
(dal Vangelo di Luca 3,15-17.21-22)

Battesimo significa letteralmente “immersione”.
Ed è quello che Gesù compie dal momento in cui decide di scendere nel mondo: si immerge completamente nella realtà degli uomini, vivendone le contraddizioni, i drammi, le domande, le gioie e i dolori e persino la morte.
L’evangelista Luca ci presenta in modo veloce ma preciso il contesto del gesto di Gesù. Il popolo in attesa che si domanda se Giovanni è il Cristo, rappresenta tutta l’umanità che in modi diversi si domanda il senso della vita e cerca una risposta su Dio. Potremmo dire che Gesù prima ancora di immergersi nell’acqua del Giordano, si immerge dentro questo popolo e fa proprie le domande e i dubbi di tutti.
La celebrazione del battesimo di Gesù “chiude” liturgicamente il tempo di Natale, nel quale abbiamo ricordato prima di tutto la sua nascita nel corpo reale di un bambino, e poi la sua manifestazione al mondo attraverso questi misteriosi e lontani Magi. Il Battesimo nel Giordano dice chi è Gesù, e ci racconta come egli stesso ha compreso tutta la sua missione che segue.
La voce che scende dal cielo («Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento») è la conferma da parte di Dio che in quell’uomo Gesù è presente l’inviato di Dio.
Io credo che quella voce dal cielo è risuonata continuamente negli orecchi e nel cuore di Gesù durante tutta la sua vita, specialmente quando il percorso si faceva in salita e duro, specialmente quando umanamente sembrava impossibile portare a compimento la volontà di Dio. Gesù non sarà guidato dalla certezza del successo (che di fatto non ci sarà dal punto di vista dell’accoglienza immediata… perché morirà in croce abbandonato dagli stessi amici), ma sarà guidato e sorretto dalla consapevolezza che è amato da Dio, e da lui è chiamato Figlio. Questo amore interiore è la vera forza di Gesù uomo, e mentre tutti penseranno che la morte in croce è la prova che è un reietto da Dio, proprio li Gesù sentirà di aver portato fino in fondo la sua missione d’amore e che li Dio lo accoglie fino in fondo.

Parlare del Battesimo di Gesù non può non interrogare la nostra esperienza di Battesimo.
Cosa vuol dire essere battezzati? Quali conseguenze ha per la nostra vita umana?
Abbiamo fatto un sacramento che ci porta fuori dal mondo? Ci salva dal peccato? E’ stato compiuto su di noi un rito tradizionale inevitabile per la nostra cultura?
Vedere Gesù che si immerge nell’umanità fino in fondo, senza paura di “sporcarsi le mani” con i peccatori e i lontani (verrà accusato di bestemmia e impurità e di trasgredire le regole religiose), mi ricorda che anche io sono “immerso” in lui e quindi nelle sue scelte e stile di vita.
Essere battezzato mi porta a vedere l’umanità come luogo dove sperimentare l’incontro con Dio. Non è fuggendo dal mondo e dai problemi della vita umana (che mi toccano e coinvolgono in prima persona) che posso dirmi cristiano, ma è proprio l’opposto. Incontro Cristo nell’uomo, negli uomini, proprio là dove vivono le relazioni, dove cercano un senso della vita, anche la dove sbagliano e cercano di rimettersi in piedi.
Non devo aver paura di “sporcarmi le mani” se vivendo la vita umana fino in fondo posso sbagliare e cadere in contraddizione. E’ fondamentale però che non spenga mai quella voce interiore di Dio che dice anche a me: “tu sei, Giovanni, figlio mio amato….”. E’ questa la differenza cristiana e la cosa che davvero mi rende come Cristo: la voce di Dio che mi invia e che mi assiste sempre, anche e soprattutto nei momenti più difficili e in salita.
Il Battesimo che ho ricevuto da piccolo, non è quindi solo un rito del passato, ma un’esperienza quotidiana di immersione della mia vita nella vita di Gesù, e nella sua comunità che è la Chiesa. Il Battesimo è immersione anche nel mondo intero, dove proprio lui ha scelto di immergersi per amore.

Giovanni don