Non mi piacciono

Non mi piacciono i beati
quelli che credono di essere della grazia
perché non hanno forza per essere della natura.

Quelli che credono di essere nell’eterno
perché non hanno il coraggio di essere nel tempo.

Quelli che credono di essere con Dio
perché non stanno con le persone.

Quelli che credono di amare Dio
perché non amano nessuno.

(C. Peguy)

Sono un invitato della vita

Sono un invitato della vita.
Dovrò portare un mio contributo.

In che modo?
Lasciando questa casa
un po’ più ricca,
un po’ più umana,
un po’ più giusta,
un po’ più bella,
un po’ più gioiosa,
un po’ più santa
di come l’ho trovata.

(G. Impastato)

I due amici

Camminavo con due amici per le strade di New York. Tutt’a un tratto, nel bel mezzo di una normale chiacchierata, i due cominciarono a discutere e per poco non si misero a litigare.

Più tardi – con gli animi ormai rasserenati – ci sedemmo in un bar. Uno di loro allora chiese scusa all’altro:

“Mi sono accorto che è molto più facile ferire chi ti sta vicino”, disse. “Se tu fossi stato un estraneo, io mi sarei controllato molto di più. Invece, proprio per il fatto che siamo amici, e che mi capisci meglio di chiunque altro, ho finito per essere molto più aggressivo. Questa è la natura umana”.

Forse è proprio così, ma noi combatteremo contro ciò. Non dobbiamo infatti permettere che l’amore diventi una scusa per fare tutto ciò di cui abbiamo voglia. È proprio con le persone vicine che dobbiamo essere più premurosi.

(P. Coelho)

Persevera

Senza preavviso, un giorno scopriamo che il mondo spirituale non desta lo stesso entusiasmo di prima. Continuiamo a pregare e a prender parte ai culti, ma non riusciamo a ingannarci; il cuore non risponde, e le parole sembrano non avere più senso.

Se è questo ciò che ti sta accadendo, c’è solo un cammino possibile: persevera. Recita le tue preghiere per obbligo, o per paura, o per qualsiasi altro motivo, ma continua a farlo. L’angelo che ha il compito di raccogliere le tue parole – ed è responsabile anche della gioia della fede – sta facendo una passeggiata. Ma tornerà subito e ti potrà trovare solo se udrà una preghiera o una richiesta dalle tue labbra.

Insisti, anche se tutto sembra inutile. Fra poco l’angelo tornerà, e il semplice rumore delle sue ali farà in modo che tutto torni a essere com’era.

(Anonimo)

Preghiera per la pace

Ascolta la mia voce perché è la voce delle vittime di tutte le guerre e della violenza tra gli individui e le nazioni;

Ascolta la mia voce, perché è la voce di tutti i bambini che soffrono e soffriranno ogni qualvolta i popoli ripongono la loro fiducia nelle armi e nella guerra;

Ascolta la mia voce, quando Ti prego di infondere nei cuori di tutti gli esseri umani la saggezza della pace, la forza della giustizia e la gioia dell’amicizia;

Ascolta la mia voce, perché parlo per le moltitudini di ogni Paese e di ogni periodo della storia che non vogliono la guerra e sono pronte a percorrere il cammino della pace;

Ascolta la mia voce e donaci la capacità e la forza per poter sempre rispondere all’odio con l’amore, all’ingiustizia con una completa dedizione alla giustizia, al bisogno con la nostra stessa partecipazione, alla guerra con la pace.

O Dio, ascolta la mia voce e concedi al mondo per sempre la Tua pace.

(Giovanni Paolo II)

la vera casa di Dio

chi va in chiesa (colored)

In quel tempo, Gesù disse :
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».
(dal Vangelo di Giovanni 14,23-29)

Qualche tempo fa un amico è venuto a trovarmi in parrocchia. Lui appartiene ad un’altra confessione cristiana, quella ortodossa, che ha una tradizione dal punto di vista dei riti e anche dei luoghi di culto, molto diversa dalla nostra, pur avendo in comune le basi fondamentali della fede in Gesù. E’ quindi comprensibile che appena da lontano ha visto la chiesa e soprattutto quando è entrato, non sia stato capace di trattenere un giudizio negativo e diverse critiche, riassumibili più o meno in questa affermazione: “Dio non abita in un posto così brutto e spoglio”.
E’ vero, la mia chiesa non è certamente come la stupenda basilica romanica di San Zeno a Verona e neanche come una stupefacente chiesa barocca siciliana; la mia chiesa moderna, finita di costruire appena 25 anni, fa non ha nemmeno lontanamente la suggestione di una antica chiesa orientale, dove tra le innumerevoli icone , candele e fumi d’incenso, si sente “fisicamente” una presenza di sacralità che porta a Dio.
Molti cristiani cattolici, difensori della Tradizione (almeno così si autodefiniscono) contestano la riforma liturgica portata dal Concilio Vaticano secondo, perché secondo loro è stato il colpo di grazia nella società attuale, nel distruggere la sacralità delle nostre chiese, che per i secoli sono state ritenute i veri luoghi dove poter “stare con Dio” e “poterlo incontrare”. E vero che negli ultimi 50 anni, dal post concilio in poi, sono state costruiti molti edifici liturgici brutti, e sembra che l’antica e fiorente alleanza tra artisti e Chiesa, che nei secoli ha prodotto opere meravigliose, si sia persa forse per sempre…
Ma è proprio questo quello che ci insegna il Vangelo? E’ proprio questo l’insegnamento che i primi discepoli hanno raccolto dalle parole stesse del loro maestro, e che è stato poi fissato nel Vangelo che leggiamo dentro le nostre chiese, belle o brutte che siano?
“Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Queste parole molto chiare di Gesù mi spingono a cambiare la direzione dello sguardo dalle pareti dell’edificio alle persone e in particolare verso me stesso.
Gesù frequentava il Tempio di Gerusalemme, e con lui anche i suoi discepoli. Il Tempio, ritenuto una delle meraviglie del mondo antico, era considerato il luogo vero della dimora di Dio in terra, e la sua liturgia era tutta incentrata sulla sacralità del luogo. Questo comportava che nessuno, se non pochi sacerdoti, potesse entrare nel luogo più interno (il Santo dei Santi); e tutta una serie di regole e restrizioni religiose tendevano sempre più a dare l’idea che a Dio ci si arriva faticosamente e solo in certi rarissimi casi e con particolari meriti…
Gesù proprio a partire da questa tradizione, opera in se stesso la rivoluzione di Dio: non in un luogo di mattoni e pietra abita Dio, ma nella sua comunità, in tutti coloro che ascoltano la sua parola e lo amano. Dio abita proprio li, e li, cioè nell’uomo, lo possiamo incontrare.
Non è una rivoluzione da poco questa iniziata da Gesù 2000 anni fa, una rivoluzione che è ancora in atto e che forse non è ancora pienamente compiuta anche dentro di noi.
Al mio amico che criticava la mia chiesa non ho risposto con una critica alla sua chiesa e tradizione. Non gli ho potuto dare ragione, perché amo la mia chiesa e la sento come luogo caro. Ma ho pensato che in fondo non sono chiamato a preoccuparmi principalmente delle pareti fisiche della mia chiesa, ma a fare la mia parte perché sia bella e decorosa la dimora vera di Dio, che è la mia comunità parrocchiale, di cui anche io sono una piccola parte.
Ascoltare la parola di Gesù, metterla in pratica e in questo modo amare Dio: questo rende la comunità dei cristiani il luogo più bello del mondo, dove il Signore si sente a casa… in qualsiasi luogo del pianeta, anche privo di navate, campanili, quadri, candele, incensi…

Giovanni don

Il Dio di tutti i sette giorni

Non cercavo più
i segni miracolosi o mitici
della presenza di Dio.
Non volevo più
ragionare su di Lui,
volevo conoscerlo.
Cercavo il Dio
di tutti i sette giorni
della settimana,
non il Dio della domenica.
Non è stato difficile trovarlo, no!
Non è stato difficile
perché Lui era già là
ad attendermi.
E l’ho trovato.
Sento la sua Presenza.
La sento nella storia.
La sento nel silenzio.
La godo nella speranza.
L’afferro nell’amore.
Mi è così vicina.
Mi conforta.
Mi rimprovera.
E’ il cuscino della mia intimità.
Il mio tutto.

(C. Carretto)

I bivi della strada

La via che hai percorso non era diritta ma piena di bivi, ad ogni passo cera una freccia che indicava una direzione diversa, da lì si dipartiva un viottolo, da là una stradina erbosa che si perdeva nei boschi.
Qualcuna di queste deviazioni l’hai imboccata senza accorgertene, qualcun’altra non l’avevi neanche vista, quelle che hai trascurato non sai dove ti avrebbero condotto, se in un posto migliore o peggiore, non lo sai, ma ugualmente provi rimpianto.

Potevi fare una cosa e non l’hai fatta, sei tornata indietro invece di andare avanti. Lungo i bivi della tua strada incontri le altre vite, conoscerle o non conoscerle, viverle a fondo o lasciarle perdere dipende soltanto dalla scelta che hai fatto in un attimo, anche se non lo sai, tra proseguire diritto o deviare spesso si gioca la tua esistenza, quella di chi ti sta vicino.

(S. Tamaro)

La speranza

Signore, 
questa esistenza io l’accetto, 
e l’accetto in speranza. 
Una speranza 
che tutto comprende e sopporta, 
una speranza che non so mai 
se la posseggo davvero. 
Una speranza 
che nasce al mio profondo, 
una speranza totale 
che non posso sostituire 
con angosce inconfessate e cose possedute. 
Questa speranza assoluta 
io me la riconosco e voglio averla: 
di essa devo rispondere 
come del compito più grande 
della mia vita. 
Io so, Signore, 
che essa non è un’utopia, 
ma viene da te, 
nasce da te e abbraccia tutto 
e tutto comprende come promessa 
che l’umanità arriverà 
alla pienezza di vita 
e ogni uomo potrà davvero 
non vergognarsi d’essere uomo.

(K. Rahner)

Il lavoro

Allora un contadino disse: Parlaci del Lavoro.

E lui rispose dicendo:

Voi lavorate per assecondare il ritmo della terra e l’anima della terra.

Poiché oziare è estraniarsi dalle stagioni e uscire dal corso della vita, che avanza in solenne e fiera sottomissione verso l’infinito.

Quando lavorate siete un flauto attraverso il quale il sussurro del tempo si trasforma in musica.

Chi di voi vorrebbe essere una canna silenziosa e muta quando tutte le altre cantano all’unisono?

Sempre vi è stato detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una sventura.

Ma io vi dico che quando lavorate esaudite una parte del sogno più remoto della terra, che vi fu dato in sorte quando il sogno stesso ebbe origine.

Vivendo delle vostre fatiche, voi amate in verità la vita.

E amare la vita attraverso la fatica è comprenderne il segreto più profondo.

Ma se nella vostra pena voi dite che nascere è dolore e il peso della carne una maledizione scritta sulla fronte, allora vi rispondo: tranne il sudore della fronte niente laverà ciò che vi è stato scritto.

Vi è stato detto che la vita è tenebre e nella vostra stanchezza voi fate eco a ciò che è stato detto dagli esausti.

E io vi dico che in verità la vita è tenebre fuorché quando è slancio,

E ogni slancio è cieco fuorché quando è sapere,

E ogni sapere è vano fuorché quando è lavoro,

E ogni lavoro è vuoto fuorché quando è amore;

E quando lavorate con amore voi stabilite un vincolo con voi stessi, con gli altri e con Dio.

E cos’è lavorare con amore?

E’ tessere un abito con i fili del cuore, come se dovesse indossarlo il vostro amato.

E’ costruire una casa con dedizione come se dovesse abitarla il vostro amato.

E’ spargere teneramente i semi e mietere il raccolto con gioia, come se dovesse goderne il frutto il vostro amato.

E’ diffondere in tutto ciò che fate il soffio del vostro spirito,

E sapere che tutti i venerati morti stanno vigili intorno a voi.

Spesso vi ho udito dire, come se parlaste nel sonno:

“Chi lavora il marmo e scopre la propria anima configurata nella pietra, è più nobile di chi ara la terra.

E chi afferra l’arcobaleno e lo stende sulla tela in immagine umana, è più di chi fabbrica sandali per i nostri piedi”.

Ma io vi dico, non nel sonno ma nel vigile e pieno mezzogiorno, il vento parla dolcemente alla quercia gigante come al più piccolo filo d’erba;

E che è grande soltanto chi trasforma la voce del vento in un canto reso più dolce dal proprio amore.

Il lavoro è amore rivelato.

E se non riuscite a lavorare con amore, ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciarlo e, seduti alla porta del tempio, accettare l’elemosina di chi lavora con gioia.

Poiché se cuocete il pane con indifferenza, voi cuocete un pane amaro, che non potrà sfamare l’uomo del tutto.

E se spremete l’uva controvoglia, la vostra riluttanza distillerà veleno nel vino.

E anche se cantate come angeli, ma non amate il canto, renderete l’uomo sordo alle voci del giorno e della notte.

(K. Gibran)