Il rito ambrosiano oggi aveva nel vangelo una pagina particolare: Gv 8,31-59

Pensiamo anche solo al luogo dove si svolge questa scena: siamo nel tempio, Israele ha sempre cantato il Tempio come la casa di Dio, il luogo dove egli abita, dove ha preso dimora nella città degli uomini… ebbene: se così è ognuno dovrebbe sentirsi a casa propria nel tempio, dovrebbe poterci entrare e uscire come vuole e starci bene, sentirsi a proprio agio; invece “i figli di Abramo”, così si definiscono i Giudei che sono in dialogo con Gesù, ne hanno fatto una casa per loro. E il tempio non è più occupato da Dio, ma da questo «noi» onnipotente; onnipresente; invadente. Non c’è più posto per Dio: lo si espelle in nome di Dio. E Gesù lo dice loro apertamente: “La mia parola non trova posto in voi”. Capite: la parola che cerca di entrare nel cuore, che cerca di zampillare fuori dal tempio per entrare nella vita e non trova posto!!! E loro, che dovrebbero essere i custodi di quell’acqua che da’ vita (la legge, la Parola di Dio che consola l’uomo) ne sono diventati acidi mercenari e hanno trasformato il tempio, che dovrebbe essere fontana zampillante, in una arida fonte che concede goccia a goccia a loro piacimento… Per i loro interessi hanno chiuso il loro cuore e impediscono agli altri di entrare, di accedere al cuore di Dio! Che non ci accada mai tutto questo, perché quando si chiude il cuore si perde il dono di Dio! Che Gesù non debba ripetere anche a noi: “La mia parola non trova posto in te!”
Ecco allora la domanda che questa parola di Dio pone in modo forte alla nostra vita: c’è posto nella mia vita per Dio, per la sua parola? E qual posto: i ritagli di tempo, o… qualcosa di più? Il mio cuore è aperto alla novità di Dio? Il mio cuore è aperto all’acqua che da’ vita?